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UCSEI e Migrantes insieme per gli studenti esteri (B.Mioli)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/08


Mezzo secolo fa nasceva a Roma l’Ufficio Centrale Studenti Esteri in Italia

E passato in sordina per l’UCSEI (Ufficio Centrale Studenti Esteri in Italia) il 2007, anno in cui meritava una qualche segnalazione il 50° della sua nascita o almeno del suo concepimento. I suoi inizi infatti risalgono al 1957, in concomitanza con la pubblicazione dell’Enciclica “Fidei donum”, il coraggioso e profetico documento di Pio XII, che con l’istituzione dei sacerdoti chiamati appunto “Fidei donum” ha aperto un nuovo grande capitolo sulla missionarietà della Chiesa specialmente italiana. Anzi si può rilevare un nesso quasi causale fra l’Enciclica e la comparsa dell’UCSEI. Infatti in quello stesso 1957 e certamente sotto l’impulso missionario di quell’Enciclica, la Congregazione “De propaganda fide”, oggi “Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli”, indiceva a Roma un incontro internazionale dei cappellani degli studenti stranieri. A quel tempo lavorava presso la Congregazione il giovane sacerdote Remigio Musaragno e fu lui a tenere in quell’incontro una relazione sugli studenti esteri in Italia. Proprio a seguito di quell’incontro venne decisa l’apertura dell’UCSEI per la protezione e promozione di quegli studenti nonché per il coordinamento dei servizi in loro favore e delle attività da loro stessi promosse.

Dopo tre anni di gestione e di rodaggio, finalmente questo Ufficio apre i battenti, in concorrenza con nessun altro perché a quel tempo non esisteva nulla di simile a favore di questa categoria di studenti né sul piano istituzionale né in quello del privato sociale e della Chiesa.

Mons. Remigio fondatore e direttore della nuova opera

Tutto questo non poteva avvenire per generazione spontanea. Quel giovane prete di Propaganda Fide non si limitò a fare una puntuale relazione nel citato incontro internazionale sugli studenti esteri in Italia, ma si rimboccò le maniche e si mise all’opera, passando da una iniziativa all’altra a ritmo incalzante, senza tirare fiato. Nel 1960 nasce dunque questo Ufficio Centrale, “centrale” perché dalla sua sede di Roma doveva irradiare un’attività a beneficio di tutti gli studenti esteri a raggio nazionale, tanto è vero che sorsero delle filiali in diverse città universitarie, come Torino, Milano, Bologna, Firenze, Perugina, Napoli, filiali che rimasero aperte finché le rispettive diocesi, sensibilizzate anche a questo settore di servizio socio-culturale e pastorale, assunsero in proprio questo compito. Tra l’altro nella denominazione veniva confermata una affinità, che rappresenterà anche un rapporto costante con l’Ufficio CEI per le migrazioni, allora UCEI (Ufficio Centrale per l’Emigrazione Italiana).

A sostegno e completamento del programma dell’Ufficio, nel 1964 iniziò la pubblicazione di Amicizia-Studenti esteri, la rivista che giunge puntualmente agli universitari ed ex-universitari, agli operatori in questo settore, alle università, ai consolati, ai palazzi del Governo.

Nel 1970 apre i battenti il Convitto o Centro interculturale Giovanni XXIII, una casa di accoglienza per universitari “senza tetto” di una cinquantina di nazioni diverse (in qualche periodo hanno rasentato la quota di duecento). E infine i convegni quasi annuali (oltre una quarantina) con la partecipazione anche della pubblica amministrazione cittadina e nazionale, in particolare del Ministero degli Esteri, il primo interlocutore per lamentele, denunce e proposte concrete, avanzate con competenza di causa e con la grinta di chi sa di essere voce di chi non ha voce: il tutto sotto la siglia dell’UCSEI, dietro la quale sta il nome di don Remigio, diventato ormai mons. Remigio Musaragno.

Tutto è partito da lui e su di lui ne è ricaduto il peso. Che non è solo simbolico o di responsabilità morale, non essendo semplice vivere alla giornata e con un cumulo di iniziative che comportano ovviamente un notevole onere anche economico e amministrativo, oltre che logistico, disciplinare ed educativo, spesso con ricadute a livello anche politico come per quanto riguardava la normativa sugli studenti esteri e le borse di studio che nel tempo si sono sempre più progressivamente ridotte fino a divenire oggi una nullità.

A dire il vero, mai don Remigio è rimasto da solo. Egli stesso in più circostanze, come al Primo Congresso Internazionale sulla Pastorale degli studenti esteri, celebratosi a Roma nel 1996, ha riconosciuto “il contributo pervenuto dalla CEI e, da sempre, un contributo personale del Santo Padre”. Sua fortuna e suo merito è l’esser riuscito a suscitare attorno a sé un gruppo di collaboratori abili e dinamici che, convinti della bontà della causa, gli sono stati di sostegno materiale, tecnico e morale. Piace qui ricordarne due, con i quali la Migrantes ha avuto più stretti contatti, la dott.ssa Rosetta Pellegrini e il dott. Giampiero Forcesi, che per lungo tempo sono stati, per così dire, nell’UCSEI e opere annesse, la mente pensante.

E veramente di menti pensanti - lucide come quella del fondatore e animatore per decenni di tutto questo complesso di opere - c’era bisogno, dato che era in cantiere non una semplice agenzia caritativo-assistenziale per assicurare vitto e alloggio a chi non poteva far fronte al proprio sostentamento con una disponibilità di neppure centomila lire mensili. Si era messa in piedi un’opera di alto valore formativo e sociale, con prospettive per il futuro da considerare e preoccupare fortemente.

Quali prospettive?

Lo vogliamo sentire dalle parole stesse di mons. Musaragno, diventate sempre più chiare ed esplicite col passare degli anni, ma già presenti fin dall’inizio. Così, ad esempio, egli si esprime nel suo intervento al citato Convegno internazionale del 1996, indetto dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti: “L’intuizione originaria dell’UCSEI era che questi studenti potevano costituire i quadri dirigenti dei nuovi stati e nazioni, che venivano man mano acquistando la propria indipendenza; in considerazione di tale ruolo, occorreva curare non solo la formazione tecnica e scientifica di questi studenti, ma anche quella culturale e in particolare quella morale e religiosa; prepararli insomma, come soggetti strategici dello sviluppo integrale dei loro Paesi. Il motivo era di immediata evidenza: non si può contribuire allo sviluppo integrale di un Paese se non si attivano le sue energie interne e, fra queste, quelle di coloro che possono avere un ruolo determinante di tale sviluppo, cioè gli studenti costretti intanto ad andare all’estero, alla ricerca del sapere e della formazione che non era possibile ottenere in patria”.

E facile immaginare che non ci si è trovati di fronte a una strada spianata. “A questi studenti - continua il relatore - toccò purtroppo quello che succede spesso alle forze nuove che vogliono il rinnovamento; esse sono ostacolate dalle forze conservatrici. In Italia ciò avvenne con gli studenti in particolare dei Paesi da poco indipendenti o in via di indipendenza: essi non furono mai ben visti e considerati da parte delle istituzioni governative; certamente non sono mai stati valorizzati nella loro identità e ruolo di soggetti strategici dello sviluppo integrale dei loro Paesi. In questo senso la storia dell’UCSEI ricalca quella degli studenti. L’Ufficio fu spesso criticato perché forniva la formazione culturale e ‘politica’ di questi studenti”. A questo punto viene citato il caso del 1976 quando “il governo italiano con un decreto tentò di sospendere per due anni l’iscrizione degli studenti esteri alle Università italiane, un fatto inaudito! Sostenuti e coordinati dall’UCSEI gli studenti lottarono e vinsero. Quel decreto fu annullato. Ciò comportò tuttavia per gli stessi studenti norme più restrittive per il visto d’ingresso in Italia per motivo di studio, norme tuttora vigenti”.

Ho appena ricordato che mons. Musaragno sempre in prima linea sul fronte degli studenti esteri non portava avanti la buona battaglia da solitario. Fra i tanti che gli stavano a fianco, gli studenti stessi che egli tenacemente voleva fossero i “soggetti strategici” anzitutto della loro sorte per poterlo essere anche dei rispettivi paesi. è quindi importante una loro solida formazione che ha alcuni punti fermi, fra i quali:

1) non essere soggetti passivi, semplici destinatari di interventi altrui: sono essi, gli studenti, a intervenire nei convegni, a dare varietà di contenuti ad Amicizia, a dare una mano alla gestione stessa del Centro Giovanni XXIII, a farlo conoscere anche fuori di Via del Conservatorio, a gestire gli spettacoli serali...;

2) approfittare di ogni occasione per coinvolgere la stessa società italiana, in particolare il mondo universitario, sulla situazione dei loro Paesi di origine e più in genere del Terzo Mondo; allo scopo vanno cercate occasioni con la cittadinanza di Roma e particolarmente con le scuole. Per farsene un’idea, meriterebbe attenta lettura “Apriti Sesamo!”, un libricino edito dall’UCSEI nel 1999 che dà resoconto di un’esperienza interculturale condotta da 20 universitari del Centro con gli alunni di due scuole romane. Non meno interessante in proposito è la pubblicazione dell’anno seguente, sempre dell’UCSEI: “Percorsi di lettura della globalizzazione”, prezioso strumento anche questo di riflessioni personali e soprattutto di dialoghi e di dibattiti;

3) tener desta e fuori del vago la determinazione di questi studenti a rientrare al termine degli studi in patria nella consapevolezza di poter essere, proprio essi, “le forze nuove del suo sviluppo”;

4) impegnarsi durante la permanenza in Italia, in una solida formazione non soltanto intellettuale, professionale e civica, ma anche cristiana con dimensione missionaria, al fine di prestarsi come “soggetti strategici” anche per rinvigorire e far crescere le loro Chiese locali;

5) e qui emerge l’anima missionaria del giovane sacerdote impegnato dagli anni cinquanta presso “Propaganda Fide”. Egli infatti intravede nei suoi giovani studenti dei “soggetti strategici anche nel suscitare e sviluppare la fede cristiana nelle loro Chiese locali”. Pare proprio che egli abbia profeticamente anticipato quanto, in continuità con Giovanni Paolo II, dirà Benedetto XVI in tutti tre i messaggi per la Giornata Mondiale delle Migrazioni, nei quali mai manca un particolare riferimento agli studenti esteri. Nel Messaggio 2006 verso la conclusione leggiamo: “Alla luce degli odierni segni dei tempi, particolare attenzione merita il fenomeno degli studenti esteri… con conseguenti problemi anche pastorali che la Chiesa non può disattendere. Ciò vale in special modo per gli studenti provenienti dai Paesi in via di sviluppo, per i quali l’esperienza universitaria può costituire un’occasione straordinaria di arricchimento spirituale”. Nel messaggio 2008 il Santo Padre sembra voler completare il suo pensiero: “Cari giovani migranti… la Chiesa ha bisogno anche di voi e conta sul vostro apporto. Voi potete svolgere un ruolo quanto mai provvidenziale nell’attuale contesto dell’evangelizzazione. Provenendo da culture diverse, ma accomunati tutti dall’unica appartenenza all’unica Chiesa di Cristo, potete mostrare che il Vangelo è vivo e adatto per ogni situazione; è messaggio antico e sempre nuovo; parola di speranza e di salvezza per gli uomini di ogni razza e cultura”.

A tal proposito, non nego di aver avuto un tocco di commozione leggendo nel primo numero 2008 di “Amicizia” il saluto del caro Casper Masiga il quale, concluso il quinquennio di specializzazione a Roma, è rientrato nel suo Kenia ove è già predisposta per lui una cattedra all’Università cattolica di Nairobi. E quel Casper che nel 2006 la Migrantes ha scelto, assieme a una ragazza burundese del Centro e ad altri 28 immigrati, per rappresentare i cattolici stranieri al grande Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona. Egli mostra tanta voglia di tornare nel suo Paese, del quale non si è mai dimenticato e tanto meno vergognato durante il tempo trascorso in Italia. Anzi si è sempre mostrato fiero del suo Paese come si è mostrato fiero, lui con quella negritudine in volto così brillante, di professarsi un africano di fede cristiana.

Migrantes e UCSEI compagni di viaggio

Tante volte, incontrandosi con mons. Musaragno, il sottoscritto gli ha ripetuto: “Caro don Remigio, Migrantes e UCSEI remano sulla stessa barca!”. E lui rispondeva con un sorriso così schietto che valeva più di un assenso. E veramente ci si è incontrati, e non per semplici saluti, tante volte nei convegni annuali dell’UCSEI ai quali era immancabile l’invito alla Migrantes e la richiesta di prendere la parola, agli incontri organizzati dalla CEI o del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti sugli universitari stranieri. E poi quegli interminabili incontri informali dove con un gruppo ristretto, ma qualificato, si discuteva e si avanzavano proposte anche in alto loco su come migliorare la normativa sull’immigrazione e specificamente sulla condizione giuridica e sul trattamento degli studenti esteri. Qualcosa di più su questa collaborazione potrebbe risultare sfogliando gli atti di un seminario che l’Ufficio CEI della Scuola e Università con Migrantes ha organizzato su “Studenti esteri e Chiesa in Italia”. L’intervento di Mons. Musaragno è stato ascoltato con l’attenzione e, direi, la venerazione che merita un vecchio patriarca. Anche scorrendo la pagine di “Amicizia” ci si imbatte sulla Migrantes, in particolare quando si avvicina la Giornata del Migrante e del Rifugiato o viene presentato l’annuale “Dossier Statistico Immigrazione” di Caritas-Migrantes, cui viene dato ampio rilievo.

Purtroppo sono troppo poche queste pagine per dare un più completo rilievo all’UCSEI, creatura del caro don Remigio. Chi volesse saperne qualcosa di più potrà leggere il centinaio di pagine riservate alla sua benemerita opera nella voluminosa pubblicazione del 2004, sempre a cura dell’Ufficio Centrale Studenti Esteri in Italia. Da parte della Migrantes è forte e cordiale l’auspicio che i 50 anni di vita dell’UCSEI non siano un traguardo definitivo, ma una tappa per ulteriori avventure al fine di rendere sempre più l’Italia e la Chiesa Italiana un “villaggio globale” anche di studenti stranieri.