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La cultura: modo dell'esistere e dell'essere (Giovanni Paolo II)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/08


L’integrale umanità dell’uomo si esprime nella cultura

(Allocuzione all’unesco, Parigi, 2-VI-80), nn. 6, 7, 8, 9, 10

 

«Genus humanum arte et ratione vivit» (cfr. S. Tommaso, Commento in Aristotele in Post. Analyt., n. 1). Queste parole di uno dei più grandi geni del cristianesimo, che fu nello stesso tempo un continuatore fecondo del pensiero antico, portano al di là del cerchio e del significato contemporaneo della cultura occidentale sia mediterranea che atlantica. Esse hanno un significato che si applica allŽinsieme dellŽumanità in cui si incontrano le diverse tradizioni che costituiscono la sua eredità spirituale e le diverse epoche della sua cultura. Il significato essenziale della cultura consiste, secondo queste parole di san Tommaso dŽAquino, nel fatto che essa è una caratteristica della vita umana come tale. LŽuomo vive di una vita veramente umana grazie alla cultura. La vita umana è cultura nel senso anche che lŽuomo si distingue e si differenzia attraverso essa da tutto ciò che esiste per altra parte nel mondo visibile: lŽuomo non può essere fuori della cultura.

La cultura è un modo specifico dellŽ«esistere» e dellŽ«essere» dellŽuomo. LŽuomo vive sempre secondo una cultura che gli è propria, e che, a sua volta, crea fra gli uomini un legame che pure è loro proprio, determinando il carattere inter-umano e sociale dellŽesistenza umana. NellŽunità della cultura, come modo proprio dellŽesistenza umana, si radica nello stesso tempo la pluralità delle culture in seno alle quali lŽuomo vive. In questa pluralità, LŽuomo si sviluppa senza perdere tuttavia il contatto essenziale con lŽunità della cultura in quanto dimensione fondamentale ed essenziale della sua esistenza e del suo essere.

LŽuomo che, nel mondo visibile, è lŽunico soggetto ontico della cultura, è anche il suo unico oggetto e il suo termine. La cultura è ciò per cui lŽuomo in quanto uomo diventa più uomo, «è» di più, accede di più allŽ«essere». è qui anche che si fonda la distinzione capitale fra ciò che lŽuomo è e ciò che egli ha, fra lŽessere e lŽavere. La cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è lŽuomo, mentre la sua relazione a ciò che egli ha, al suo «avere», è non soltanto secondaria, ma del tutto relativa. Tutto lŽ«avere» dellŽuomo non è importante per la cultura, non è un fattore creatore della cultura se non nella misura in cui lŽuomo, con la mediazione del suo «avere», può nello stesso tempo «essere» più pienamente come uomo in tutte le dimensioni della sua esistenza, in tutto ciò che caratterizza la sua umanità...

...QuestŽuomo che si esprime e si oggettivizza nella e mediante la cultura, è unico, completo e indivisibile. Egli è allo stesso tempo soggetto e artefice della cultura. Non lo si può quindi considerare unicamente come la risultante di tutte le condizioni concrete della sua esistenza, come la risultante - per non citare che un esempio - delle relazioni di produzione che prevalgono ad unŽepoca determinata. Questo criterio delle relazioni di produzione non sarebbe allora in nessun modo una chiave per la comprensione della storicità dellŽuomo, per la comprensione della sua cultura e delle molteplici forme del suo sviluppo? Certo, questo criterio costituisce bene una chiave, ed anche una chiave preziosa, ma non è la chiave fondamentale, costitutiva. Le culture umane riflettono, non cŽè dubbio, i diversi sistemi delle relazioni della produzione; tuttavia non è questo o quel sistema che è allŽorigine della cultura, ma è lŽuomo, LŽuomo che vive nel sistema, che lŽaccetta o che cerca di cambiarlo. Non si può pensare una cultura senza soggettività umana e senza causalità umana; ma nellŽambito culturale, lŽuomo è sempre il fatto primario: lŽuomo è il fatto primordiale e fondamentale della cultura.

E questo lŽuomo lo è sempre nella sua totalità: nellŽinsieme integrale della sua soggettività spirituale e materiale. Se la distinzione fra cultura spirituale e cultura materiale è giusta in funzione del carattere e del contenuto dei prodotti nei quali la cultura si manifesta, bisogna constatare nello stesso tempo che, da una parte, le opere della cultura materiale fanno apparire sempre una «spiritualizzazione» della materia, una sottomissione dellŽelemento materiale alle forze spirituali dellŽuomo, vale a dire, alla sua intelligenza e alla sua volontà, e che, dŽaltra parte, le opere della cultura spirituale manifestano, in una maniera specifica, una «materializzazione» dello spirito, una incarnazione di ciò che è spirituale. Nelle opere culturali, questa duplice caratteristica sembra essere ugualmente primordiale ed ugualmente permanente.

Ecco dunque, a guisa di conclusione teorica, una base sufficiente per comprendere la cultura attraverso lŽuomo integrale, attraverso tutta la realtà della sua soggettività. Ecco anche - nellŽambito dellŽagire - la base sufficiente per cercare sempre nella cultura lŽuomo integrale, lŽuomo tutto intero, in tutta la verità della sua soggettività spirituale e corporale; la base che è sufficiente per non sovrapporre alla cultura - sistema autenticamente umano, sintesi splendida dello spirito e del corpo - delle divisioni e delle opposizioni preconcette. Di fatto, che si tratti di una assolutizzazione della materia nella struttura del soggetto umano, o, inversamente, di una assolutizzazione dello spirito in questa stessa struttura, né lŽuna né lŽaltra esprimono la verità dellŽuomo e non servono la sua cultura...

...Per creare la cultura, bisogna considerare, fino alle sue ultime conseguenze e integralmente, lŽuomo come un valore particolare e autonomo, come il soggetto portatore della trascendenza della persona. Bisogna affermare lŽuomo per se stesso e non per qualche altro motivo o ragione: unicamente per se stesso! Ancor più, bisogna amare lŽuomo perché è uomo, bisogna rivendicare lŽamore per lŽuomo in ragione della dignità particolare che egli possiede...