» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Il progetto culturale CEI in rapporto con le culture (E. Diaco)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/08


L’Unione Europea, attraverso le sue massime istituzioni, ha decretato il 2008 anno europeo del dialogo interculturale, affidando a una nutrita serie di iniziative gli obiettivi di incoraggiare la cooperazione e lo scambio culturale, favorire lo sviluppo delle culture locali, conservare il patrimonio europeo e promuovere la diversità culturale. Proprio il fenomeno del pluralismo culturale si è andato sempre più rivelando come un delicato banco di prova per il vecchio continente, forse la sfida più rilevante che esso oggi deve affrontare. E così esploso negli anni recenti, non senza tensioni e manifestazioni di ostilità, il dibattito sul rapporto tra il mondo e l’Occidente, che oltre cinquant’anni fa Arnold Toynbee aveva già analizzato in un testo ormai classico1. Il noto storico inglese veniva a ricordare che l’Occidente non è che una piccola parte del pianeta, circondata dal vasto mondo, anzi da una moltitudine di mondi, diversi tra loro e ricchi di storia e culture antiche e prestigiose. Tra questi ultimi e l’Occidente, proseguiva lo studioso, l’urto violento è inevitabile, a causa del passato di colonizzazione e sfruttamento di cui esso si è macchiato. Fin qui la sua analisi. I fenomeni migratori, accentuatisi al finire del secondo millennio, non hanno fatto che mettere decisamente a contatto tali mondi diversi, scavalcando le barriere sociali, etniche e linguistiche. Di certo non ne è scaturito solo un allarme per la sicurezza.

Anche nel nostro Paese, così come nell’intero continente europeo, la pluralità delle presenze culturali è un fatto potenzialmente carico di rischi e di indiscutibili opportunità. La compresenza di gruppi portatori di diverse mentalità e tradizioni in un medesimo territorio non è una novità; mai però come in questo momento storico si afferma a livello di principio la pari dignità di tali culture e l’opportunità di mettere in atto interventi volti a risolvere problematiche di convivenza, sollevate da gruppi culturali minoritari. E la posizione che viene solitamente definita “multiculturalismo”: i diversi possono e debbono vivere insieme secondo forme di coabitazione accettabili.

Da questo approccio, di taglio per lo più politico, che si risolve in una fattiva coesistenza di culture tra loro diverse, si differenzia l’esito della riflessione, sorta per lo più in ambito pedagogico, che ha dato vita alla categoria di “interculturalità”. Dai possibili modi di “accomodamento” delle differenze si passa così al tentativo di conseguire una “convivenza nella differenza” attraverso la valorizzazione delle differenze stesse. L’obiettivo non è più l’integrazione, ma la creazione di una società fondata sulla diversità. Le differenze, in questa chiave, non vanno semplicemente giustapposte né amalgamate omogeneizzandole in un tutto indistinto, ma fatte interagire positivamente, consapevoli dei possibili conflitti, che andranno gestiti in modo democratico e nonviolento.

Un approccio affine a tale prospettiva è quello che viene spesso racchiuso sotto il termine “transculturalismo”, che mira a “travalicare ogni appartenenza specifica per giungere a vedere in ciascun soggetto umano semplicemente la persona, il cui valore e la cui dignità, dal concepimento alla morte naturale, si porranno come unici e univoci parametri meritevoli di un rispetto pieno e genuino nella convivenza civile dei popoli”2. La transcultura nasce dall’analisi dei fenomeni culturali umani, in cui l’uomo si rivela come persona libera e soggetto cosciente. E proprio la persona è la sostanza comune alle diverse culture.

Cristianesimo e culture

Il dialogo tra le culture e le religioni mondiali, grande asse del pontificato di Giovanni Paolo II, caratterizza anche l’opera di Benedetto XVI, che ha dedicato buona parte della sua riflessione a questo tema, fin dagli anni precedenti all’elezione. Interprete del pensiero di papa Ratzinger è stato di recente il cardinal Ruini, in un intervento tenuto davanti ai preti della diocesi di Roma. “Il concetto chiave a cui egli ricorre - ha spiegato il Vicario del Papa - è quello di incontro delle culture, o ‘interculturalità’, differente sia dall’inculturazione, che sembra presupporre una fede culturalmente spoglia che si traspone in diverse culture religiosamente differenti, sia dalla multiculturalità”. Per Benedetto XVI, l’interculturalità “appartiene alla forma originaria del cristianesimo” e implica sia un atteggiamento positivo verso le altre culture, e verso le religioni che ne costituiscono l’anima, sia un’opera di purificazione e un “taglio coraggioso”, indispensabili ad ogni cultura, se vuole davvero incontrare Cristo, e che diventano per ciascuna di esse “maturazione e risanamento”. Così proprio il cristianesimo, conclude Ruini, “può aiutare l’Occidente ad annodare i fili di quel nuovo e positivo incontro con le altre culture e religioni di cui oggi il mondo ha estremo bisogno, ma che non può costruirsi sulla base di un radicale secolarismo”3.

Un tale incontro è possibile a partire da due presupposti di fondo. Il primo fa leva sull’universalità della legge naturale: nonostante tutte le loro differenze, gli uomini hanno in comune la stessa natura e la medesima apertura della ragione alla verità. In secondo luogo, la fede cristiana, che nasce dal rivelarsi della verità stessa, “produce quella che possiamo chiamare la ‘cultura della fede’, la cui caratteristica è di non appartenere a un popolo singolo e determinato, ma di poter sussistere in ogni popolo o soggetto culturale, entrando in relazione con la sua cultura propria ed incontrandosi e compenetrandosi con essa”4. Ciò non significa che esista una fede neutra, culturalmente spoglia, che possa poi innestarsi in diversi contesti, di per sé religiosamente indifferenti. E vero il contrario: fin dall’inizio il cristianesimo ha avuto bisogno per vivere di assumere una determinata fisionomia storica, attraverso forme, categorie e linguaggi, sprigionandone tutte le potenzialità e allo stesso tempo relativizzandoli, in un mai appagato slancio verso l’incontro con l’altro. La fede cristiana non si identifica totalmente con nessuna cultura determinata, pur trovando in alcune tradizioni un terreno più fertile e un’accoglienza maggiormente feconda. “Questa è in concreto - conclude il Cardinale - l’unità e insieme la molteplicità e l’universalità culturale del cristianesimo”. Un pluralismo che fa bene alla fede.

Se tutto ciò vale per la dimensione dell’universo geografico, può applicarsi anche alle differenze portate dal succedersi temporale delle generazioni in uno stesso contesto storico e culturale. La sfida tocca entrambe le dimensioni, lo spazio e il tempo, come faceva notare qualche tempo fa mons. Cataldo Naro, arcivescovo di Monreale. “Sono le persone di una generazione che plasmano una cultura, costruiscono un ambiente umano ispirato o meno dalla fede”, ricordava. “C’è una originalità e specificità d’adesione al cristianesimo di ogni generazione. C’è una sorta di reinventarsi del cristianesimo nel momento in cui viene accolto da ogni nuova generazione, pur nel legame di fedeltà al deposito ricevuto e nella ricerca della coerenza con le origini”5. D’altra parte, ogni cultura non è un dato statico e immobile, bensì contiene linee di sviluppo e dinamismi interni che le permettono di affrontare, ricevendone impulsi ma anche agendo su di essi, i cambiamenti e le mutazioni epocali più profonde.

Ricevere e vivere il Vangelo nella società multireligiosa e interculturale chiede alla comunità dei credenti un confronto non superficiale ed estrinseco con le diverse presenze, per una riappropriazione continua dei contenuti della stessa fede cristiana e una proposta di questi che sia significativa. Così lo esprimono i Vescovi italiani riconsegnando alla comunità cristiana i frutti del quarto Convegno ecclesiale nazionale (Verona, 2006): “Il discernimento dei credenti, che tende alla ricerca della volontà di Dio in ogni situazione della vita individuale e sociale, ha bisogno anche del confronto critico con le diverse forme di pensiero e di un fecondo rapporto con le presenze religiose nel nostro Paese, accresciute dalle recenti ondate migratorie. Il cristianesimo, infatti, è aperto a tutto ciò che di giusto, di vero e di buono vi è nelle culture e nelle civiltà”6.

Una “questione antropologica” globale

L’incontro fra le diverse culture conferisce dimensioni globali alla cosiddetta “questione antropologica”, su cui da alcuni anni si sta focalizzando il “progetto culturale orientato in senso cristiano” promosso dalla Chiesa italiana. Nel momento in cui l’essenza stessa dell’uomo è messa in discussione, non solo ad opera dei sistemi filosofici ma ancor più dalle nuove possibilità scaturite dal progresso scientifico e tecnologico, risuonano quanto mai attuali le parole del Concilio Vaticano II: “è proprio della persona umana il non poter raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura”7. Cultura che, continua il Concilio, comprende “tutti quei mezzi con i quali l’uomo affina e sviluppa le molteplici capacità della sua anima e del suo corpo” e, attraverso di essi, rende più umana la vita di tutti, custodisce il dono della creazione, lo perfeziona mediante la conoscenza e il lavoro, esprime nelle arti il proprio genio e le sue profonde aspirazioni spirituali.

Una persona dimezzata, ridotta alla sola dimensione orizzontale della sua identità, non può servire la causa dell’uomo nella sua totalità. Non si crea veramente cultura, infatti, se non si considera l’uomo come un valore in sé, capace di cogliere la realtà trascendente e ad essa intimamente chiamato. La causa dell’uomo - era solito dichiarare con forza Giovanni Paolo II - “sarà servita se la scienza si allea alla coscienza. L’uomo di scienza aiuterà veramente l’umanità se conserverà il senso della trascendenza dell’uomo sul mondo e di Dio sull’uomo”8. E sempre l’uomo il fatto primordiale e fondamentale nell’ambito della cultura, di ogni cultura: l’uomo nella sua integrale soggettività spirituale e materiale.

Le dimensioni della “questione antropologica” superano i ristretti confini nazionali così come più ampi sono gli scenari pubblici e le tendenze culturali odierne. In tutto l’Occidente, e anche oltre, sta cambiando non solo il quadro dei rapporti tra fede e cultura, ma anche gli assetti sociali e i profili di una civiltà formatasi attraverso i secoli con il contributo determinante del cristianesimo. Ciò avviene con particolare evidenza negli ambiti del riconoscimento della sacralità della vita umana, della famiglia, della procreazione e di tutto il complesso dei rapporti affettivi.

Appartiene al fenomeno della globalizzazione, da un lato il rischio di appiattimento delle identità culturali, dall’altro la minacciosa destrutturazione del soggetto umano, la cui identità viene modulandosi in modo componibile ed intercambiabile nel segno di un avanzamento vertiginoso delle biotecnologie. Accentuata dai processi in atto di sfuocamento della natura e della dignità personale, l’ecologia umana è la principale sfida per il cittadino del villaggio globale.

 

1 A. Toynbee, The World and the West, Oxford University Press, Oxford 1953; tr. it. Sellerio editore, Palermo 1992

2 Matteo L. Bellati, Il mondo (multiculturale) e noi: l’orizzonte transculturale, in servizio Nazionale per il progetto culturale della cei, Il mondo e noi, EDB, Bologna 2007, 114. Sugli stessi temi si veda anche V. Cesareo (ed.), Per un dialogo interculturale, Vita e Pensiero, Milano 2001; M. Signore - G. Scarafile (a cura), Libertà e dialogo tra culture, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2007: in particolare il contributo di Andrea Casole sul tema “Il costituirsi di una trans-cultura attraverso una praxis universale. L’urgenza di una filosofia transculturale” (pp. 265-294)

3 C. Ruini, Al cuore dell’insegnamento di Benedetto XVI, Lezione al clero romano, Pontificia Università Lateranense, 14 dicembre 2006

4 C. Ruini, Teologia e cultura: terre di confine, Lectio magistralis alla Fiera internazionale del libro di Torino, 11 maggio 2007

5 C. Naro, Torniamo a pensare. Riflessioni sul Progetto Culturale, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2007, pp. 120-121

6 CEI, “Rigenerati per una speranza viva” (1Pt 1,3). Testimoni del grande “sì” di Dio all’uomo, 29 giugno 2007, n. 14

7 Gaudium et spes, n. 53

8 Giovanni Paolo II, Discorso alla Accademia Pontificia delle Scienze, 10 novembre 1979