» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Assumere un fondamentale atteggiamento di Accoglienza (B. Belotti)
Riflessioni conclusive

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/07


Alla Conferenza Episcopale Italiana ho iniziato il mio intervento qualificando gli operatori pastorali per le migrazioni con tre aggettivi: stanchi, pochi ma buoni; ecco lo dico anche adesso, perché se vi siete contati siamo neppure la metà: stanchi, pochi ma buoni.

Cari Direttori, collaboratori e collaboratrici sono certo che accoglierete queste mie parole non come una semplice formalità di conclusione. Qualche volta io inizio dicendo: a mo’ di chiusura, di conclusione, la partecipazione anche se parziale a questo convegno mi fa rivivere i tanti anni che anche io ho speso nella Migrantes fino dal suo primo nascere, 20 anni fa, nel 1987.

Come l’altro Convegno di Assisi dei missionari che lavorano tra gli italiani, al di là delle Alpi, sapete che vengo da Assisi quasi in contemporanea con questo nostro incontro. Mi ha fatto rivivere gli anni della mia giovinezza sacerdotale, come missionario tra gli emigrati italiani in Svizzera. Anche ora la mia funzione di Presidente della CEMI (Commissione Episcopale per le Migrazioni) e della Migrantes, mi porta spesso fuori della mia Diocesi.

Dopo tanti anni di esperienza anche personale Vi esprimo la mia ferma convinzione che nella Chiesa italiana, nonostante i tanti limiti e stanchezze, si è svolto e si continua a svolgere un prezioso servizio pastorale per ogni forma di migrazione. Lasciate allora che vi esprima il mio più sincero e fraterno ringraziamento per quanto voi state facendo, direttori nazionali e delegati diocesani. Dando continuità a quanti in questo lavoro vi hanno preceduti e a quanti tra di noi vedono ormai la sera della loro fatica apostolica in questa porzione privilegiata della vigna del Signore. Io dovrei essere tra i primi.

Ai sentimenti di gratitudine aggiungo il mio compiacimento per il lavoro svolto anche in questo convegno; nessuno di noi si attende miracoli, almeno quelli visibili, da questi incontri, ma già il vederci e il parlarci e lo sfogarci fra di noi ci rinfranca per il nostro cammino quotidiano.

Guardando però al programma di questi giorni, e soprattutto scambiando qualche parola con voi ho la viva impressione che sono stati giorni densi e impegnativi. Ho in particolare la sensazione, che fin dal primo giorno vi siete portati ad alta quota, non è cosa da poco dedicare due relazioni e conseguenti discussioni e lavori di gruppo alla Parola di Dio, prendendo, per così dire, sul serio il titolo del Convegno e soprattutto il prologo di Giovanni, che fa da sottotitolo e da principio ispiratore anche della Lectio Divina in apertura di queste giornate.

Mi pare che, nonostante le molte occupazioni e preoccupazioni del servizio tra i migranti, nonostante i molti problemi scottanti che dovete ogni giorno affrontare e sui quali in questi Convegni ci si deve confrontare avete dato precedenza al ruolo di Maria, su quello di Marta.

E anche ieri sera, quando si stava in ascolto della toccante parola di Mons. Bruno Forte sul Volto Santo, e ancor più quando ci siamo messi in contemplazione di quel Volto Santo, mi pareva di vedere sul vostro atteggiamento contemplativo la vera figura del Direttore Migrantes che, sulla traccia di San Camillo, serve il Cristo Signore in ogni fratello che è nel bisogno, perché vede in questo fratello una persona sacra, una storia sacra.

Mi complimento quindi, dunque con Voi, perché avete volato veramente ad alta quota e non siete scesi a quota più bassa, nemmeno quando poi, vi siete fermati a riflettere sulla vostra identità di Direttori diocesani. “Voce di chi non ha voce”, operatori della Chiesa locale, di una dimensione di insieme. Credo di non usare indebita enfasi, se vedo in voi quel sale, o quella luce di evangelica memoria, quel lievito destinato a fermentare tutta la massa, quella massa che è sì la società in cui viviamo, ma è in modo particolarissimo la Chiesa particolare, nella quale non vi siete scelti, ma vi è stato assegnato dal vostro Vescovo il ruolo, diciamo pure il ministero, della pastorale specifica nel vasto mondo della mobilità umana.

Non è cosa da poco cari confratelli, vista anche la molteplicità degli altri vostri impegni in diocesi, vista per alcuni l’età piuttosto avanzata, vista per altri la novità di questo servizio, per il quale non avete ancora una consolidata competenza ed esperienza. Dal momento che da poco tempo questo ministero vi è stato affidato, non è cosa da poco anche per il fatto che talora almeno per molti di voi c’è da affrontare la dura tentazione della indifferenza e della scarsa collaborazione nei vostri confronti e nei confronti del campo di lavoro che vi è affidato. Forse vi viene talora la sensazione di essere più tollerati che accolti e di essere in disparte quali operatori pastorali di serie B e di servi inutili.

Ho messo qui anche una nota, qualche volta ho anche io questa espressione anche in Consiglio Permanente (lo dico sotto voce), per questo e per altri motivi, il vostro lavoro rischia di essere poco gratificante e di non alimentare quella carica di entusiasmo con la quale i discepoli sono tornati da Gesù dopo la prima missione apostolica. Con il coraggio della fede, ci aggrappiamo all’assicurazione del Maestro: “I vostri nomi sono scritti nel cielo”, assicurazione che equivale a questa altra: “Ero straniero e mi avete accolto”. Sempre sul piano della fede, diventa allora esaltante e prezioso il vostro servizio nella Chiesa locale, aiutarla ad essere coerente con il Vangelo. Assumere quel fondamentale atteggiamento di accoglienza che per il cristiano è impegnativo, categorico. E consapevoli di questo ruolo farvi presenti nella comunità cristiana e soprattutto al di dentro del presbiterio, e con tutta filiale fiducia e altrettanta franchezza, di fronte al vostro Vescovo e ai suoi più stretti collaboratori, diciamo pure al di dentro della Curia diocesana.

Permettetemi alcune raccomandazioni particolari, le faccio a voi con la stessa schiettezza con cui le faccio a me stesso. Mi limito a tre.

1) Diffondiamo le buone prassi, che incontriamo in abbondanza anche nel nostro campo specifico. Non lasciamoci prendere da atteggiamenti troppo o solo lamentosi che potrebbero compromettere la carica di energia che c’è dentro di noi. Anche ieri ci siamo sentiti dire durante il pellegrinaggio, che non solo il male, ma anche e soprattutto il bene è contagioso. Lasciamoci contagiare, cerchiamo di contagiare anche gli altri, quello che è bella esperienza locale cerchiamo di diffonderla perché anche altra possa diventare illuminante e incoraggiante. Segnaliamo anche alla Migrantes nazionale queste buone prassi, così che le possa mettere in rete e ritrasmetterle attraverso Migranti-press.

2) Fidiamoci sì della nostra esperienza, ma teniamo conto che, su tante cose ha già parlato magari forse anche la vostra stessa Chiesa locale, certamente la Chiesa italiana e soprattutto la Santa Sede. Non sto qui ad elencarvi tutto quello che finora è stato prodotto in tale materia; cercate di valorizzare ogni buona ispirazione, che può venire dal basso, dalla vostra esperienza, che però va integrata dall’alto, ossia da chi a vari livelli ha una responsabilità nella Chiesa.

3) Nella cartella è stata inserito uno di questi documenti: la “Lettera alle comunità cristiane su migrazioni e pastorali d’insieme”. Qualcosa di questa Lettera è stato detto anche in questo Convegno, ma essa contiene molto di più, anche come suggerimenti concreti; leggetela, studiatela, ma valorizzatela. Mi fermo qui e chiudo riprendendo la preghiera conclusiva, della compieta del lunedì, con l’augurio che rimanga preghiera vera e penetrante non soltanto per il lunedì: “Fa’, o Signore, che i germi di bene seminati sui solchi di questa giornata, producano una messe abbondante”. E così sia.

 

S.E. Mons. Lino Bortolo Belotti

Vescovo ausiliare di Bergamo

Presidente CEMI-Migrantes

Bergamo