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Guardare a questi nostri fratelli (T. Valentinetti)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/07


Molto volentieri Vi rivolgo un saluto e un calorosissimo benvenuto per questo convegno della Fondazione Migrantes. E grande soddisfazione da parte mia che questo convegno si possa svolgere qui in questo territorio, in questa Diocesi perché forse stiamo avvertendo in maniera molto forte quanto sia importante guardare a questi nostri fratelli che arrivano in mezzo a noi e che stanno in mezzo a noi.

Stranieri e pellegrini, ospiti, persone che chiedono di entrare in relazione con noi, in un modo o nell’altro; qualcuno in maniera molto positiva e molto bella, qualcuno in maniera forse anche negativa ma abbiamo pregato insieme. Sono fratelli, sono sorelle che probabilmente ci danno fastidio ma che in realtà bussano alla porta della nostra casa, bussano alla porta del nostro cuore.

Ci sono alcuni fatti che in questi giorni mi hanno interrogato moltissimo, anzi vi dirò che mi hanno molto intrigato. E capitato qui a Montesilvano. Gruppi di persone anche con qualche amministratore giravano per le vie della città per scovare dove erano le ragazze di colore, che purtroppo si prostituivano per cacciarle via dal territorio, spingerle fuori dal Comune, in poche parole mandarle via. Con il risultato che non è successo niente: queste ragazze si sono spostate più a Sud nel territorio di Pescara.

L’altro fatto che mi ha intrigato molto è quelli di una insegnante di Religione, incaricata per la prima volta di andare ad insegnare in una scuola superiore, non proprio al centro Diocesi, ma in una scuola periferica.

Dopo le prime lezioni, dopo i primi momenti d’incontro con gli alunni, è venuta da me un po’ mortificata, anche perché cercava di capire quali fossero i temi che potevano interessare i ragazzi. E mi ha detto: “Sono molto preoccupata perché questi ragazzi sono molto razzisti, proprio cattivi” (ha usato questa precisa espressione).

L’altro piccolo episodio “stupido”, se volete ma molto significativo: sotto casa mia ci sono dei garages. E giorni fa un garage è stato aperto; c’era un quantitativo di olio, forse 100 litri, e quest’olio è stato portato via. La prima reazione: sono stati gli extracomunitari non potevano essere stati altri a compiere questo furto.

Questi sono segnali (sicuramente tanti di voi ne conosceranno tanti altri) che ci fanno pensare come ancora una volta questa parola del Vangelo “Venne fra la sua gente e la sua gente non l’ha accolto”, sia una parola ancora tanto vera. Ed è ancora tanto vera l’altra pagina del Vangelo di Matteo (la seconda parte del capitolo XXV): “Non mi avete dato da mangiare, non mi avete dato da bere, non mi avete ospitato, non mi avete vestito, non siete venuti a trovarmi”, come pure il grande interrogativo: “Quando Signore ti abbiamo visto…?”. Ecco, siamo sempre a chiederci il quando, il come, il dove, il perché.

L’attenzione all’altro purtroppo ci manca, forse intorpiditi, forse quasi ingessati nella nostra incapacità di avere sguardo lungo e attenzione a chi bussa alla porta della nostra casa.

Avere attenzione alla persona! “La persona una storia sacra” è il titolo di questo Convegno. Ma ci sono questi segnali, che ci fanno sempre riflettere, ci rimettono in discussione, ci aprono ferite, ci mettono dentro dell’angoscia. Ci sono però anche piccoli segni che possono essere veramente segni di speranza e credo che ognuno di voi è questo segno di speranza, ognuno di noi può essere questo segno di speranza all’interno delle nostre Chiese, all’interno delle singole realtà, dove siamo chiamati a vivere, a lavorare, ad impegnarci e ad operare.

Allora vi presento anche un piccolo segno di speranza. Nella nostra Regione ecclesiastica, nella mia vecchia Diocesi di Termoli che ho lasciato due anni fa, prossimamente verrà inaugurata una casa dentro ad una fattoria agricola molto grande, una fattoria che fu lasciata da alcuni benestanti per farne un centro di carità, perché fosse un impegno di carità, di amore, di condivisione, grazie ad un progetto della Caritas. Si sta tentando appunto di trasformare la casa con molta fatica, anche se con molta decisione, in un progetto che si chiama: “La convivialità dei differenti”, secondo una espressione  di don Tonino Bello. In questa casa si fa accoglienza per i detenuti che escono dal carcere e per il loro reinserimento; non per tutti i detenuti, ma per quelli che vengono dai cosiddetti Paesi extracomunitari.

La casa ha cominciato a lavorare; sono stati già accolti tre fratelli che hanno avuto la disavventura del carcere e che ora riprendono il loro cammino. E un segno bello di speranza, soprattutto un segno positivo all’interno di questo cammino delle chiese dell’Abruzzo e del Molise. Vorrei ringraziare il Signore di questo e vorrei pregarlo con voi, perché questi progetti, questi segni, queste realtà si moltiplichino. Soprattutto si moltiplichi la nostra attenzione a sentirci parte di questa famiglia di Dio. Diventare figli di Dio, diventare ed essere realmente figli di Dio, e poi scoprirci realmente figli che riescono a vivere queste logiche dell’amore. Ci aiuti Maria che con Gesù e Giuseppe si è fatta pellegrina e migrante.

 

S.E. Mons. Tommaso Valentinetti

Arcivescovo di Pescara-Penne

Pescara