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"Non ci sono più i giovani di una volta!" (F. Schiavon)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/07


Quante volte abbiamo sentito dire questa frase e quante volte, forse, l’abbiamo detta anche noi guardando gli atteggiamenti dei giovani di oggi, ridendo sul loro look, sperimentando la loro fragilità, le loro indecisioni... e non ci passa neanche per l’anticamera del cervello che una volta, guardando noi, i vecchi dicevano: “Non ci sono più i giovani di una volta”.

Certo è che se i giovani sono così come tante volte ce li dipingono, la colpa non è tutta loro, perché deve pur esserci stato qualcuno che ha messo dentro di loro dei valori, delle idee, stili di vita...

Da che mondo è mondo, i giovani sono sempre stati una provocazione e una risorsa. è che, come sempre, è più facile vedere in loro quello, che secondo i nostri criteri, non va in loro, quello che fa problema, ci dà fastidio.

L’esperienza di don Bosco in mezzo ai giovani gli faceva dire che in ogni giovane, anche nel più “disgraziato”, c’è un punto di accesso sul cominciare insieme qualcosa di grande.

Se poi è vero che ogni uomo e donna sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio, in ogni giovane deve esserci qualcosa di buono, di divino, anche se quello che appare esternamente non è secondo i nostri canoni.

La realtà dei Sinti e dei Rom è una realtà per sua natura “giovane”: è un’etnia con più del 40% della popolazione sotto i 18 anni e basta entrare in un Campo o in una loro famiglia per notare una vivacità giovanile formidabile.

Ormai tanti di questi giovani sono nati qui da noi, in Italia, in casa la televisione è sempre accesa, i contatti con la realtà esterna dei gagi è più facile e frequente di una volta. E a contatto con il “nostro mondo” subiscono anche loro le suggestioni del nostro modo di vivere, comportarsi, fare scelte. Tanti sono persone sradicate dai loro paesi, dalla loro nazionalità, dalla loro religione... Anche loro, per i loro genitori, per gli anziani sono una provocazione perché il contatto con l’esterno, con i gagi è suggestivo e alcuni valori sembrano perdersi, annacquarsi, scolorirsi. Soprattutto per quelli che sono qui da tanti anni è sempre più difficile mettere i propri piedi sulle orme lasciate dagli anziani e continuare la tradizione. Ma penso che tutto questo sia naturale per un popolo che è sempre più stanziale, che ha contatti frequenti con l’esterno, che non fa più i mestieri dei vecchi ma lavora all’esterno del suo gruppo.

Ma nello stesso tempo, oltre che essere una provocazione, sono anche una risorsa, una grande ricchezza di intelletto e di passione. A contatto con loro, nella vita quotidiana delle giornate al Campo, a contatto con i giovani, imparo tanto e con loro mi viene la voglia di vivere, di andare avanti nonostante tutto e tutti. Vivendo con loro, giorno dopo giorno da sei anni, scopro grandi risorse che sono un tonificante per la mia vita di Salesiano: il senso di libertà, il non essere schiavo del tempo, l’arte di arrangiarsi, di non fermarsi davanti alle difficoltà, il rispetto dei genitori, dei morti, il senso della famiglia e della fedeltà, il non avere schemi fissi, non fare troppi progetti... Sento mie le parole che don Bosco diceva rivolto ai suoi giovani: “Qui con voi mi trovo bene, è proprio la mia gioia stare con voi”.

Sì, certo, non ci sono più i giovani di una volta, ma questo non deve impedirci di continuare ad essere dei “cercatori d’oro” che a contatto con loro sanno scoprire dei filoni d’oro, sprazzi di sole, colori di primavera.