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Nuove generazioni e nuove mobilità (D. Locatelli)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/07


Secondo quanto rilevato dall’Aire (Anagrafe Italiani residenti all’Estero), il 15,8% degli Italiani nel mondo ha meno di 19 anni; il 31% ha fra i 19 e i 40 anni. La Germania (22,6%) rappresenta la nazione con il picco massimo di giovani italiani con l’età compresa da 0 a 19 anni.

Guardando il dato dal punto di vista delle regioni italiane, La Puglia è la regione che presenta la più alta percentuale di residenti all’estero con un’età compresa tra  gli 0 e 18 anni (18,6%) seguita da Lombardia (18,3%) e Trentino alto Adige (18,2%).

Il 2006 è stato l’anno europeo della mobilità e ha segnato un graduale e costante mutamento degli atteggiamenti dei cittadini europei nei confronti della mobilità geografica e occupazionale. In particolare, questo atteggiamento è stato assunto dai giovani italiani, spesso considerati “comodi” e “mammoni”. Non è lontana dal reale la stima di circa 350.000 giovani protagonisti della nuova mobilità.  In un sondaggio realizzato da Sportello Stage, su un campione di 170 giovani, il 97% degli intervistati è interessato ad un’esperienza di lavoro all’estero. La possibilità di una realizzazione migliore delle proprie capacità professionali, la curiosità, la sfida personale sono le motivazioni a questa apertura.

E impressionante l’affermazione positiva che si riscontra in tutti i campi, sia in un grande paese come gli Stati Uniti che in diverse realtà europee quali la Germania, la Francia, il Belgio, la Gran Bretagna e la Svizzera.

Notevole ed interessante è pure il flusso di ritorno dei giovani italiani provenienti soprattutto dall’America del Sud. Vi sono coinvolti inizialmente rifugiati, quindi oriundi italiani e altri argentini, giovani e preparati, tutti interessati a uno sbocco lavorativo, per il quale spesso l’Italia è solo una tappa di passaggio per la Spagna (che ha accolto circa 100 mila italo-americani, rispetto ai 17.000 argentini insediatisi in Italia), paese per diverse ragioni più promettente. Funzionale a questo progetto è la crescente richiesta della cittadinanza italiana e il supporto assicurato da specifici progetti regionali.

Dagli anni ’80, la capitale britannica è tornata a essere un potente magnete per flussi migratori altamente qualificati, per lo più di natura temporanea: per molti professionisti, managers, esperti del settore bancario, assicurativo e del commercio internazionale, la city di Londra, insieme al nuovo centro finanziario delle Docklands, è una meta ambitissima. Attualmente un’altra presenza rilevante è quella dei numerosi medici specializzati e dei ricercatori.

Il Regno Unito è, insieme agli Stati Uniti d’America, la principale destinazione dei “cervelli” dalle università italiane. La cifra esatta di italiani accademici presenti nel “triangolo d’oro” di Londra, Oxford e Cambridge e nelle altre università britanniche è sconosciuta, ma uno studio del 2003 ha stimato che circa il 13% di tutti i “post-doc” europei presenti in Gran Bretagna provengano dall’Italia. A Bruxelles, in Belgio, vi sono 6.000 professionisti operanti presso le istituzioni internazionali e le grandi aziende italiane.

La schiera degli studenti che si reca all’estero per imparare le lingue, specialmente quella inglese, ma anche il francese, il tedesco e lo spagnolo è grande.

Già nel 2004 sono stati quasi 45.000 gli studenti italiani iscritti ad atenei stranieri, un numero quasi uguale a quello degli studenti stranieri iscritti in Italia (40.641 nello stesso anno), con questa ripartizione: il 18,1% in Germania, il 13,9% in Austria, l’11,6% in Gran Bretagna, il 10,4% in Francia ed il 10,0% in Svizzera.

Le generazioni nate dall’emigrazione che in molte nazioni si contano come terza e quarta generazione sono l’altra realtà giovanile presente nel contesto degli italiani nel mondo. La loro appartenenza si presenta multipla, spesso hanno doppio passaporto. Si sentono parte integrante del paese dove sono nati e mantengono, allo stesso tempo, un riferimento ed una radice che scoprono come interessante anche se non sempre in modo lucido e chiaro.

L’elemento lingua ne è l’indice più importante perché nella maggioranza dei casi rischiano di perderla perché mai appresa se non nell’accezione dialettale utilizzata per le relazioni familiari quotidiane. Quanti hanno frequentato i corsi di lingua italiana oggi si ritrovano con una marcia in più e affermano importante non perdere l’elemento linguistico. Nel mondo sono 600.000 gli utilizzatori dei corsi di lingua italiana e si sente urgente l’esigenza di maggiori investimenti per conservare l’elemento linguistico.

Molti altri giovani riconoscono la loro italianità piuttosto dal linguaggio e dalle modalità di vita che spontaneamente assumono e mantengono.

La loro identità “ibrida” determina la diversità italiana che pongono in seno alla comunità dei 3.568.532 cittadini italiani nel mondo e dei 60 milioni di oriundi.

Lo schema ed i riferimenti tradizionali della popolazione italiana anziana e adulta è diventato poco interessante per loro, così le istituzioni e le associazioni che continuano ad essere importanti per la prima generazione, diventano estranee e poco attraenti per i giovani.

Non mancano significativi contatti e scambi che favoriscono una migliore conoscenza della storia e realtà “Italia”, grazie all’impegno delle Regioni e delle Province italiane che regolarmente organizzano da almeno un decennio, visite e corsi di formazione e conoscenza delle tradizioni culturali, artistiche, storiche, ambientali e lavorative della terra di origine.

Il risultato non è tanto  funzionale per le organizzazioni sociali e le tradizioni associative (circoli, club, associazioni regionali o devozionali) degli italiani nel mondo, quanto accrescono una maggiore consapevolezza del mondo giovanile costantemente alla ricerca della propria identità.

Attualmente anche da parte delle istituzioni come il MAE (Ministero Affari Esteri) del POGAS (Ministero delle politiche giovanili), il CGIE (Consiglio Generale Italiani all’Estero), c’è un forte impegno di voler dare spazio ai giovani italiani nel mondo. Si sta facendo un percorso che porterà alla prima conferenza mondiale dei giovani. Si insiste perché tale  iniziativa non abbia a mancare l’occasione per ascoltare i giovani là dove vivono, investendo energie e “passione” per incontrarli sul territorio dove vivono e dove possono esprimere una presenza operosa ed innovativa. Contemporaneamente, cresce l’attenzione ai “nuovi” giovani italiani, costituiti dai giovani nati in Italia da genitori immigrati negli anni ’60: uno degli effetti benefici delle migrazioni, destinato a far crescere la riflessione attorno al tema della cittadinanza e dell’interculturalità.

La riflessione cardine ci presenta i giovani italiani nel mondo, come persone che sono chiamate ad “inventare” e “riconoscere” la loro identità dalle molteplici appartenenze e a percorrere i sentieri propri che li porteranno a collocarsi nel mondo presente come fautori di esistenze “riuscite” nelle misura in cui si approprieranno dei valori fondanti del vivere personale e coltiveranno le relazioni interpersonali.

La Caritas Italiana, la Fondazione Migrantes e l’organizzazione estera costituita dalle parrocchie italiane, dalle Missioni cattoliche italiane e dagli operatori pastorali (missionari, suore e laici) a servizio delle Chiese locali, sono impegnate a raggiungere l’obiettivo centrale  proprio alla Chiesa cattolica: avvicinarsi ai giovani per proporre Gesù Cristo. Un’azione di annuncio non tanto per riportare in Chiesa i giovani, quanto per rendere vicino il Signore e accompagnare i giovani in un cammino di ascolto ed accoglienza della “buona notizia” che continua ad essere significativa e determinante nelle scelte fondanti di ogni esistenza.

Al n. 86 dell’istruzione del Pontificio Consiglio dei migranti ed itineranti “Erga migrantes caritas Christi” si legge: “Nella Chiesa e nella società i Laici, le Associazioni laicali e i Movimenti ecclesiali, sebbene nella diversità di carismi e di ministeri, sono pure chiamati a realizzare l’impegno di testimonianza cristiana e di servizio anche presso i migranti. Pensiamo in modo particolare ai collaboratori pastorali e ai catechisti, agli animatori di gruppi di giovani o di adulti, del mondo del lavoro e del servizio sociale o di quello caritativo”.

A livello operativo e pastorale  si prende conoscenza delle ricerche sociologiche ormai a disposizione, delle iniziative generose promosse dalle diverse Regioni italiane e dagli istituti universitari che perseguono l’obiettivo delle radici culturali italiane da ritrovare, dalle interpellanze che si pongono le associazioni, i patronati e gli istituti di cultura e lingua italiana. Si constata che non siamo all’anno zero, ma che percorsi praticabili insieme ai giovani verso una realtà italiana positiva ed aperta all’Europa e al mondo globale, sono possibili.

Gli operatori pastorali che lavorano nelle comunità italiane nel mondo constatano che i giovani non frequentano le Missioni cattoliche italiane e si trovano per lo più al di fuori di una pratica religiosa  e di un riferimento alla Chiesa cristiana (parrocchia locale, MCI o movimenti) e che interpellano gli operatori pastorali sulla priorità dell’evangelizzazione.

Pur ammettendo che gli operatori pastorali non sono più anagraficamente giovani, si è convinti  che i giovani italiani nel mondo sono una presenza da avvicinare, ricercare ed accogliere; c’è una rete di relazioni da costruire con loro protagonisti ponendosi come ponti che facilitano il dialogo generazionale, interculturale e interlinguistico. Esiste un umanesimo ed una civiltà che trova nelle radici latine e italiane un riferimento solido e da trasmettere e contiene valori e modalità di interpretazione e espressione comprensibili tra gli “italiani nel mondo” di diverse generazioni e con variegate appartenenze.

La lunga tradizione umana e culturale italiana è un buon riferimento alla costruzione dell’Europa dei popoli e può contribuire egregiamente al lavoro urgente per umanizzare e pacificare il mondo. I giovani italiani nel mondo ne possono diventarne i protagonisti eccellenti.