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Traccia di riflessione (PG. Saviola)
Giovani migranti: risorsa e provocazione

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/07


Non si cancellerà facilmente il ricordo dell’ “Agorà dei giovani 2007”, in particolare il loro appuntamento con Benedetto XVI a Loreto la vigilia e nella mattinata di domenica 1° settembre. Forse però ai più  sarà sfuggito che fra i 72 giovani ai quali al termine della celebrazione eucaristica è stato consegnato il Vangelo e “il mandato missionario” ce n’erano sei, che rappresentavano il mondo della mobilità giovanile in quanto provenienti dalle Missioni Cattoliche Italiane di oltralpe, altri dalle Comunità pastorali etniche d’Italia: erano insomma giovani immigrati o figli di emigrati italiani. Proprio sui “Giovani migranti”, secondo le indicazioni pervenute dalla S. Sede, rivolge l’attenzione la prossima Giornata Mondiale delle Migrazioni che si celebrerà il 13 gennaio, domenica del Battesimo del Signore, e che in Italia avrà come epicentro di celebrazioni la Sicilia. Al tema generale la Commissione Episcopale per le Migrazioni della CEI, su proposta della Fondazione Migrantes, ha dato una più puntuale specificazione, invitando a guardare a questi giovani migranti come a “Risorsa e provocazione”: risorsa, grazie alle sorprendenti energie che essi sono ancora capaci di sprigionare e alla volontà di rinnovamento che in più forme manifestano; provocazione per la nostra società che, oltre all’inarrestabile invecchiamento in anagrafe, dà troppi segni di una diffusa e allarmante senescenza. E le sue conquiste tecniche non compensano né la deriva mortificante verso l’insaziabile voglia di possesso e di benessere fatto di consumismo materialista, né la perdita di tensione verso quei valori e ideali che danno senso alla vita stessa. Poco di valido e di credibile questa società ha da proporre ai giovani di oggi, in particolare a quelli che, alle difficoltà e lotte comuni alla condizione giovanile, devono aggiungere quelle derivanti da una doppia appartenenza e da una più complessa identità. Questi soprattutto sono sfida e provocazione per la società civile nonché per le nostre comunità ecclesiali.

Ma ci domandiamo: quanti sono questi giovani del vasto mondo della mobilità umana? Per certe categorie ci dobbiamo accontentare di stime, per altre ci si basa su dati abbastanza precisi. L’età giovanile prevale fra coloro che riteniamo nomadi per scelta di vita o per necessità di lavoro. Fra i rom poi la fascia minorile sembra costituire maggioranza assoluta. Gli aspiranti marinai dell’Accademia del mare e delle tante scuole nautiche sono poco più che adolescenti e in età prevalentemente giovanile sono anche gli equipaggi delle navi che quotidianamente attraccano ai nostri porti da ogni parte del mondo. Secondo il “Rapporto 2007 - Italiani nel mondo”, curato dalla Migrantes e presentato il 4 ottobre alla stampa, fra i 3.568.000 cittadini italiani residenti all’estero il 18%, pari in cifra assoluta a 562.000, sono minorenni. Due giorni prima l’Istat dava il numero aggiornato degli stranieri in Italia: all’inizio del 2007 fra i 2.938.000 stranieri iscritti all’anagrafe i minori salgono a 665.000; di questi 398.000 sono di seconda generazione, cioè nati in Italia e di costoro oltre 500.000 sono alunni delle nostre scuole. Sono cifre che di anno in anno salgono notevolmente; e dove ci porteranno? Possiamo fare i debiti sconti sulle previsioni di noti esperti in demografia e statistica, come G. C. Blangiardo dell’Università Bicocca di Milano, che prevedono il 2050 come l’anno del “sorpasso” degli alunni stranieri su quelli italiani nelle nostre scuole. Ma sarebbe insipiente e irresponsabile non lasciarci condurre a serie riflessioni che, lontano dall’ingenerare sterili allarmismi, ci facciano rimboccare le maniche, prendendo atto che la nostra Italia sta profondamente cambiando. In meglio o in peggio? Questo dipende in modo determinante da noi, anche se non solo da noi, e non ci è lecito adottare la stupida sapienza dello struzzo.

Le migrazioni dunque, ed in particolare nel loro volto giovanile, sono e saranno sempre più un fattore emergente, sotto l’aspetto non soltanto della demografia, della politica, dell’economia, della cultura, ma pure della pastorale; una pastorale intesa nel suo senso più ampio, alla quale non può essere estraneo o marginale, ad esempio, l’irrinunciabile quanto complessa tematica dell’integrazione, del pluralismo etnico, culturale e religioso introdotto, della convivenza pacifica che vada al di dà della semplice coesistenza. La pastorale allo stesso tempo deve dare il suo contributo perché lo spettro dei drammatici eventi che di recente hanno scosso Londra e Parigi ed hanno visto per protagonisti gruppetti isolati o masse smisurate di giovani immigrati di seconda e terza generazione, rimanga lontano dal nostro contesto italiano.

La Chiesa dunque è attenta e disponibile verso tutto il mondo giovanile, con cui le migrazioni la pongono a contatto, ma è ovvio che verso coloro che a titolo particolare ritiene suoi figli, perché cattolici, si accentuano le sue premure e responsabilità; tanto più che questi giovani danno chiari segni di disporre, in forma esplicita e il più delle volte latente, di sorprendenti risorse anche sotto il profilo religioso. Ad esempio, non dice nulla alle nostre comunità cristiane il fatto che siano in numero notevolmente maggiore gli albanesi che gli italiani ad accostarsi in età giovanile al fonte battesimale? O che spaziose chiese delle nostre città, nelle quali sono riservate tre o quattro messe festive per le poche decine di parrocchiani di età piuttosto avanzata, si riempiano all’inverosimile di gioventù romena, divisa quasi in parti uguali fra uomini e donne? O che la vigilia di Pentecoste il movimento “Jesus Youth”, costituito da giovani indiani del Kerala, si dia appuntamento in Piazza Navona e nella chiesa-santuario adiacente con turisti e romani per parlare loro del “Giovane di nome Gesù” attraverso lo spettacolo, la danza, il canto, la preghiera, il fascino di una fede gioiosa  ed esuberante? Esempi del genere si potrebbero moltiplicare; una buona serie ne è raccolta nei numeri 2 e 5 del 2006 di Note di pastorale giovanile, mensile del Centro Salesiano di pastorale giovanile contenente un duplice dossier dal titolo “Immigrati e pastorale giovanile”, di P. Bruno Mioli cs.

Tuttavia dobbiamo prendere atto con realismo che anche tra i migranti è forte il rischio di quell’appiattimento religioso e di quel disorientamento generale sui temi fondamentali della vita che si registra nel nostro mondo occidentale. Non ci si deve attendere che, in via ordinaria, l’esigenza religiosa e tanto più quella apostolica scatti automaticamente. Occorre una qualche mediazione. Questi giovani sono risorsa e ricchezza, sono messe abbondante, ma occorrono operai che sappiano seminare e poi raccogliere.  Operai sono i cappellani delle comunità etniche, sono i sacerdoti  delle nostre parrocchie, gli uni e gli altri con i loro collaboratori, in particolare con gli operatori della pastorale giovanile. E non è sufficiente che gli uni e gli altri facciano la loro parte, è importante tra di loro la comunicazione, l’intesa, la collaborazione per una effettiva pastorale d’insieme.

Occasioni, strumenti  e luoghi di contatto con questi giovani migranti sono molteplici. Ne segnaliamo alcuni:

- la scuola, anche la scuola statale - e non soltanto attraverso l’insegnante di religione - offre molteplici possibilità di contatto con gli alunni stranieri, tanto più se in ambito parrocchiale si svolgono altre attività supplementari, come il doposcuola;

- al Centro di ascolto Caritas e ad attività affini è risultato oltremodo preziosa la mediazione linguistica e culturale di qualche giovane immigrato;

- il consultorio familiare o il centro per la vita di ispirazione cristiana presente sul territorio fa ottimi servizi per le giovani e talora giovanissime straniere, cristiane o non cristiane, che rischiano di ingrossare il numero, già assai allarmante, delle intenzionate ad abortire;

- i vari gruppi parrocchiali, come il coro liturgico o gli scout, hanno tutto da guadagnare, non soltanto per un aumento numerico, aprendosi alla novità dei giovani stranieri;

- promozione del loro associazionismo etnico: è bello che questi giovani siano con noi, è altrettanto bello che si possano incontrare tra di loro. Si contano a decine nelle grandi città le loro squadre di calcio, i cori filarmonici, i gruppi di spettacolo; si sta estendendo in tutta Italia il “G2-Nuova generazione”, con tanto di siti web e di programmi culturali. Perché non entriamo anche noi in questo gioco? Perché non accendiamo la nostra fantasia per qualcosa di simile?

E infine torniamo all’Agorà dei giovani: si è al terzo anno e per questo periodo che porta alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney sono previste tante iniziative in cui possono essere coinvolti i giovani stranieri. Tra l’altro il Servizio Nazionale Giovanile ha predisposto una serie di schede per i gruppi parrocchiali ed una di queste propone un’indagine sulla presenza nel territorio di giovani stranieri di prima e seconda generazione; la traccia dell’indagine è trascritta anche nel settimanale di informazione Migranti-press nr. 23/2007. L’indagine non è fine a se stessa, ma intende promuovere con i giovani immigrati un rapporto di amicizia e di collaborazione e presentare loro un pacchetto di opportunità che la comunità cristiana anche a loro può offrire.

Ce n’è abbastanza per renderci convinti che questi giovani sono risorsa per le nostre Chiese locali. Siamo altrettanto convinti che essi sono anche provocazione per un impegno maggiore?