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Associazioni e mobilità umana (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/07


Si celebrerà nel prossimo ottobre la Settimana Sociale dei cattolici italiani su “il bene comune, oggi”(e ne trattiamo anche noi in questo numero). è la 45.a edizione a 100 anni dalla prima nel 1907. E già in quella prima assise venne tenuta dal sac. prof. Pietro Pisani una lezione sul “problema emigratorio” che terminava con l’esortazione agli emigranti “lavorate ed organizzatevi” nella convinzione non errata che solo associandosi gli emigrati potevano ottenere più sicuramente e più prestamente sicurezza e progresso. Ed in effetti una società, tanto più se complessa e organica come la nostra, è il gruppo strutturalmente formato ad avere peso ed ascolto con la centralità per noi sempre e comunque della persona umana. Ma questa non è individuo, autarchico ed a sé stante, bensì un essere libero e pensante che dice necessariamente relazione prioritaria ai suoi simili. Lo stesso nucleo primario e fondamentale della società, la famiglia, altro non è se non una libera, stabile, complementare relazione tra due persone. Anzi, se la società umana vuole avere un modello concreto e fecondo di organizzarsi, questo è appunto la famiglia.

L’associazionismo esprime e realizza questa necessità e la esercita secondo le situazioni con modalità diverse: la difesa, il mutuo sostegno, la promozione, il dialogo. Ed i migranti ne avvertono la necessità anche se spesso faticano nelle attuazioni. Essi ne vivono tutte le sue fasi: inizialmente la difesa che spinge a far quadrato e tendenzialmente alla chiusura, ma poi segue l’azione, prima di rafforzamento del gruppo con i sostegni necessari e quindi di spinta a superare difficoltà e barriere per approdare alla relazione permanente e costruttiva di scambio e collaborazione.

Già il citato Pisani invitava a organizzarsi e a scoprire nella società locale associazioni rispondenti alle necessità del migrante e con quelle collaborare ed in quelle inserirsi. Associarsi è del resto una esigenza umana e una necessità per le difficoltà della vita e dell’inserimento e per una migliore qualità della vita propria e comune. è di facile e comune constatazione la nascita di tanti gruppi e associazioni di carattere religioso, culturale, assistenziale, ricreativo e sportivo accanto ai centri pastorali per i migranti.

Anche la Chiesa riconosce e raccomanda questo processo. Una citazione per tutte: “Tra i diritti fondamentali della persona umana bisogna annoverare il diritto dei lavoratori di fondare liberamente proprie associazioni, che possano veramente rappresentarli e contribuire ad oganizzare rettamente la vita economica, nonché il diritto di partecipare liberamente alle attività di tali associazioni senza incorrere nel rischio di rappresaglie. Grazie a tale partecipazione organizzata, congiunta con una formazione economica e sociale crescente, andrà sempre più aumentando in tutti la coscienza della  propria funzione e responsabilità, per cui essi verranno portati a sentirsi parte attiva, secondo le capacità e le attitudini di ciascuno, in tutta l’opera dello sviluppo economico e sociale e della costruzione del bene comune universale” (Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 68).

L’associazionismo evidentemente non si esaurisce, come accennato, nel mondo del lavoro, che per le migrazioni è inizialmente più immediato e necessario, ma si estende, lo ripetiamo, a tutte le espressioni della vita, sempre e ovunque, giova ripeterlo, nel primato della persona umana, con la preminenza del bene comune e nella vicendevole dipendenza e complementarietà.