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Missione Cattolica di lingua italiana - Winterthur 1946-2006 - L. Auri- (G. Tassello)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/07


Leo Auri (redattore), Missione Cattolica di Lingua Italiana - Winterthur 1946-2006, Cividale al Piano (BG), Rotelli Franco editore, 2006, 407 pagine.

Preceduto da una prefazione del missionario Mario Plona e da una introduzione  dell’attuale direttore della Missione, don Alberto Ferrara, il volume intende presentare a grandi linee la storia dell’evoluzione della missione, che compie 60 anni di vita.

Il redattore ha dovuto fare i conti con l’assenza o la scarsità di fonti archivistiche. La “grande determinazione iniziale, per un tale progetto, ha dovuto subire la prova degli armadi vuoti, degli scaffali ripuliti, del niente” (p. 7).

Si tratta di una vicenda che inizia da lontano, se già nel 1903 il parroco di Winterthur dichiarava di aver bisogno di un prete italiano. Soltanto nel 1946 si affaccia sulla scena il primo missionario “stabile”. L’aggettivo è poco indicato per i missionari di Winterthur in quanto la storia narrata, ad un lettore superficiale, appare come una girandola di avvicendamenti, che rendono alquanto precario qualsiasi progetto pastorale e mettono a dura prova il compito dello storico in possesso spesso soltanto di documentazione a volte “scottante”. Non tutti i missionari sono risultati adatti al campito sia per motivi fisici (il lavoro richiedeva una salute di ferro) sia per altre motivazioni.

Spicca dai documenti conservati in Delegazione, che ha fornito il numero più consistente di materiale di studio, l’acume dei primi missionari impegnati a redigere commenti preziosi sulla evoluzione della comunità e sui loro impegni quotidiani, che molti storici hanno ignorato, e commenti sulla condizione e sulla pratica di vita religiosa.

Nel 1949 don Rinaldo Trappo, il secondo cappellano in ordine di tempo a Wintethur scrive: “Tutta l’assistenza sociale è svolta solo ed esclusivamente dal Cappellano, per cui tutti in qualsiasi bisogno o necessità si rivolgono alla Missione Cattolica. Per fortuna grande è l’accordo tra la Missione, il Consolato Italiano e i vari Uffici civili e  sociali svizzeri” (p. 15).

Nel cercare di rendere consistente e qualificata la presenza dei missionari spicca la saggezza e  l’oculatezza dei direttori dei missionari della Svizzera. Emerge la figura di p. Giovanni Favero, che ha seguito i primi anni della missione, dopo la gestione europea di mons. Babini,  e che meriterebbe uno studio a parte.

Al di là degli spunti anagrafici dei tanti missionari e delle loro iniziative, la mancanza di documentazione impedisce confronti ed analisi del contesto in cui si viene a trovare il missionario. Spesso è la sua interpretazione della realtà, dettata anche dal suo temperamento particolare, a dettare legge e a favorire determinati progetti. Infatti spesso il volume deve limitarsi a riportare in successione temporale i vari documenti “ufficiali” o la documentazione prodotta dai missionari.

A Winterthur, nonostante difficoltà di ogni genere, assistiamo ad una fioritura di opere, quali asili, scuole, cinema, teatro, che purtroppo scompaiono con il tempo. Ma l’investimento nel campo della formazione sembra una delle caratteristiche tipiche di questa missione: una scelta che ha comportato amore vero verso i bisogni reali dei migranti ma anche dissapori e conflitti con le autorità preposte, spesso incapaci di cogliere la prospettiva e l’originalità di questa scuola per i figli dei migranti.

Dal 1961 accanto ai missionari operano anche le suore, dapprima le suore scalabriniane impegnate nel settore della formazione dei bambini e, successivamente, a partire dal 1997 le suore Ancelle di Gesù Bambino attive nella pastorale diretta. Nel libro viene anche presentata una breve biografia della Fondatrice delle Ancelle di Gesù Bambino e dello sviluppo della congregazione. Questo stile nuovo di presenza delle religiose in emigrazione comporta un salto di qualità nella storia della missione e permette una pianificazione pastorale mirata non settoriale ma a tutto campo. Il 3 gennaio 1999 l’insediamento del missionario-parroco, dopo alterne e tormentate vicende, segna una data storica per la vita della Missione. Si può ora puntare su una impostazione pastorale che ha il sapore di essere definitiva e che mira alla promozione integrale del migrante e della sua famiglia con un progetto pienamente inserito nel contesto diocesano e, nel contempo, creativo per la sua originalità profetica.

Il volume è impreziosito dalla raccolta di varie testimonianze che aiutano a cogliere i vari passaggi e ad offrire spunti per una interpretazione della storia stessa, che non può essere solo storia di direttori della missione. Rilevante è la testimonianza di mons. Pietro Bondone, già Delegato nazionale dei missionari in Svizzera. Il volume pubblica inoltre una notevole serie di foto che narrano visivamente l’evoluzione della comunità con i suoi vari riti di passaggio. L’opera costituisce senz’altro un esempio per molte altre missioni in Svizzera che stanno raggiungendo simili traguardi. e che intendono interpretare e non solo commemorare l’originalità della loro presenza all’interno di una chiesa che deve considerare le missioni linguistiche ed il loro lavoro a favore dei cattolici di lingua non locale parte vitale della sua storia.

Si percepisce anche un invito a controllare archivi, raccogliere storie di vita e foto, cercare nuova documentazione. Tutta questa produzione da parte dei migranti permetterà un confronto con gli archivi diocesani e cittadini affinché sia fatta piena luce su questa epopea popolare della storia della chiesa svizzera.