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Il laico nel pensiero del Padre dei migranti (S. Fongaro)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/07


Il Beato Giovanni Battista Scalabrini, Padre dei Migranti, ha formulato in una serie di interventi il teologico sul laicato, poi sfociato in proposte pratiche, soprattutto relative all’Opera dei Congressi e la fondazione della società laicale “San Raffaele” con lo scopo della tutela dei migranti specie nei porti di imbarco e di sbarco.

Diciamo subito, per non suscitare attese vane, che quanto al pensiero teologico Scalabrini cantava dentro il coro. Del resto, il direttore del Segretariato nazionale francese per l’informazione religiosa ricordava, un anno prima del varo del documento conciliare sull’apostolato dei laici “Apostolicam actuositatem”, questa riflessione di un vescovo: “Appena una quarantina d’anni fa in molti ambienti di Chiesa parlare di apostolato dei laici era sospetto: sospetto di modernismo”.

Il pensiero teologico sul laicato

“Voi, laici, potete molto, giacché voi, come bene vi definì un insigne pubblicista, non siete una vecchiezza che tramonta, ma una giovinezza che sorge. Tocca a voi impadronirvi della società, rifarla cristiana, lavorando con larghezza di idee, con tenacia di propositi, affinché lo spirito cattolico si insinui dappertutto e investa tutto ciò che è parte ed elemento della vita intellettuale, morale e spesso anche fisica dell’uomo” (Pastorale “Unione, azione e preghiera”, 1890).

Negli scritti di Scalabrini c’è una serie di documenti che rivelano appieno il suo pensiero in proposito, e che, se li confrontiamo poi con ciò che egli ha realizzato con i laici, ci fanno concludere che un conto è la teoria e un altro è la prassi pastorale; perchè, anche con una ecclesiologia datata, Scalabrini ha fatto del laicato qualcosa che precede e in qualche senso matura i tempi.

Ci può essere una buona ortoprassi anche con una ortodossia che non sempre fa centro.

L’ecclesiologia del tempo, e di Scalabrini, vedeva la Chiesa prima di tutto come struttura gerarchica, mentre il Concilio Vaticano II la vede prima di tutto come mistero di comunione con Dio, per cui la cosa più importante è essere nella Chiesa figli di Dio, e poi viene il compito che ciascuno esercita in questa comunione come sacerdote, religioso e laico. Ne conseguiva che i laici non avevano la loro identità nel “consacrare le realtà terrene” (sociali, politiche, economiche, culturali), cioè, nel farle crescere col lievito cristiano, ma nell’essere dei “supplenti” dei sacerdoti.

Nel 1882, presentando l’Enciclica Etsi nos di Leone XIII, diretta contro la massoneria, Scalabrini chiama a raccolta il potere laico di Cristo, e lo invita ad aderire alle associazioni cattoliche dell’Opera dei Congressi, sorte nel 1881. Contro la stampa massonica deve schierarsi quella cattolica, anche se in obbedienza ai vescovi e con stile evangelico, cioè, nella verità e nella carità. Il laico, tuttavia, vi è in uno stato subalterno al sacerdote, e l’impegno più che un diritto è un dovere, un “debito”. Tuttavia, in questo scritto, oltre alla terminologia “modernista” di “apostolato” e “sacerdozio” dei laici, c’è in nuce la “consacrazione del mundo” del Vaticano II: le realtà sociali, politiche ed economiche, che il laico deve lievitare cristianamente.

Nella pastorale sull’ “Azione Cattolica” (1896), azione che consiste nel riportare “Gesù Cristo nella scuola, nella famiglia, nella società”, vi è delineato un programma di impegno del laico nelle realtà economiche, politiche, sociali e culturali. Satana, dice Scalabrini, ha la sua chiesa laica che sono i massoni; Cristo ha la sua chiesa laica che sono i laici, chiamati anch’essi in forza del Battesimo (ed è qui la novità teologica !) a difendere la Chiesa, come fecero i primi cristiani. Lo stesso pensiero c’era già nella Pastorale sul “Prete Cattolico”: “Come vi dissi altra volta, la Chiesa non siamo soltanto noi preti, noi Vescovi, ma voi pure, o dilettissimi laici, per il battesimo ricevuto, ne siete membri, ed in parte la formate. Dunque anche voi naturalmente dovete concorrere alla sua prosperità, al suo benessere”. (Pastorale “Il prete cattolico”, 1892).

L’atteggiamento pratico di Scalabrini di fronte al laicato

Visto il suo pensiero teologico sul laicato, vediamone ora la prassi, soprattutto quella relativa l’ “Opera dei Congressi” e la fondazione della società laicale “San Raffaele”. Si è detto “soprattutto”, perché ci sarebbero altri capitoli significativi dell’interesse di Scalabrini per il laicato: basti pensare solo al rapporto con gli uomini di cultura, con i cosiddetti “lontani” e con gli oltre cinquemila maestri e maestre del Catechismo che egli “formava”. L’Opera dei Congressi è quell’associazione laicale cattolica, fondata in Italia nel 1871, con la benedizione del Papa, allo scopo di far rientrare la Chiesa nel circuito della società, da cui una serie di ben note circostanze politiche e culturali l’avevano estromessa. Il suo statuto, sulla carta, mirava a far sentire la presenza della Chiesa nel mondo sociale; ma purtroppo, nella sua dirigenza, fin dalla nascita più che su posizioni sociali si attestò su posizioni politiche di rivendicazione del potere temporale, e di chiusura totale nei riguardi dello Stato Italiano.

Scalabrini inaugurò l’ “Opera dei Congressi” a Piacenza nel 1881, un po’ in ritardo sul suo ingresso (1876), ma soprattutto con una certa diffidenza proprio per la commistione di religioso e di politico che in essa si faceva, e poi, per una certa invadenza, da parte dei laici che la dirigevano, nei confronti del potere dei Vescovi. Si aggiunga, inoltre, che i vari comitati erano piuttosto fumo che arrosto, mentre Scalabrini privilegiava l’azione sociale concreta, come quella delle società di mutuo soccorso, delle cooperative di consumo e di produzione, delle casse rurali, delle Banche cattoliche, delle società operaie ed agricole, ecc. Quando fu chiarito questo equivoco di fondo con l’accettazione formale, da parte della Direzione dell’Opera, dell’obbedienza ai propri Vescovi, Scalabrini e i suoi parroci la appoggiarono con tanto entusiasmo che nel 1897 Piacenza era la città in cui l’Opera aveva il maggior numero di comitati dopo Milano, e precisamente 227, con 6.164 membri, 6 sezioni giovanili con 460 membri, 8 Casse rurali, e 11 Società operaie di mutuo soccorso.

“Voi diffidate dell’elemento laico: avrete le vostre ragioni; ma io lo vorrei socio della mia Opera (a favore dei migranti in Europa), perché è un guadagno doppio (materiale e morale)”: così Mons. Bonomelli. E la risposta di Scalabrini è chiara: “Neppure io disdegno la cooperazione del laicato, ma, nelle cose strettamente religiose, non li amo i laici iniziatori, perchè difficilmente si spogliano dei fini secondari, principalmente politici. Non si gridò tanto contro i vescovi in cilindro? (= i direttori dell’ “Opera dei Congressi”). Amo l’equità e la coerenza con tutti” (Carteggio Scalabrini e Bonomelli).

L’altra opera pratica è la “San Raffaele”, un’istituzione laicale fondata da Scalabrini a Piacenza nel 1889 con lo scopo precipuo della protezione dei migranti. In Italia svolse una forte attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi migratori, e si impegnò a fondo nel dibattito legislativo, che portò alla nuova legge sull’emigrazione del 1901.

Interessante sottolineare la dimensione “ecumenica” della “San Raffaele”, che nel proprio Statuto parla dell’“assistenza anche agli italiani di altre confessioni”.