» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
"Dossier statistico immigrazione 2006" Caritas-Migrantes: al di là dell'alternanza (Licata/Mioli)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/06


Al di là dell’alternanza: è questo lo slogan che accompagna il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/ Migrantes del 2006 giunto quest’anno alla XVI edizione. Il messaggio richiama l’attenzione su una necessità strettamente connessa all’immigrazione, tema divenuto estremamente importante nella nostra società. “Per noi la politica - si legge nell’introduzione a cura del Comitato di Presidenza del Dossier Caritas/Migrantes - costituisce un livello di impegno importante, ma sappiamo che la possibilità di avvicendamento tra gli schieramenti e il comprensibile interesse a restare al governo può portare i partiti a contrapposizioni strumentali, che esacerbano i toni e mortificano le posizioni comuni su diversi aspetti. Il problema che solleviamo non riguarda solo l’immigrazione, anche se questa vi è impigliata in maniera più vistosa. E invalsa l’abitudine, seppure non tra tutti i partiti e non tra tutti gli uomini politici, ad accomunare l’apertura all’immigrazione a una mancanza di prudenza, a una impostazione politica approssimativa e, sul piano socio-culturale e religioso, a una mortificazione delle nostre tradizioni. Questo è il nocciolo della questione che intendiamo affrontare, esprimendo con chiarezza la nostra posizione, anche perché nel frattempo l’immigrazione è diventata una realtà così importante che non possiamo più permetterci posizioni pregiudiziali, analisi superficiali e soluzioni inadeguate” (cfr. Dossier 2006, p. 7).

La rilevanza dell’immigrazione nel nostro Paese è confermata da vari aspetti il primo dei quali è che l’Italia è, stando ai dati ufficiali, al secondo posto nel mondo, dopo gli Stati Uniti, tra i paesi che attirano il maggior numero di immigrati. In Italia gli ingressi, tra nuovi lavoratori e familiari, è di circa 300 mila persone l’anno, il 10% del flusso mondiale stimato nell’ordine di 3 milioni di persone, metà delle quali si dirige verso l’Europa per sostenere, specialmente nel nostro paese, una demografia che va male ed esplica i suoi effetti negativi sul mercato occupazionale.

Quanto detto però non giustifica allarmismi e timore di invasioni in quanto l’osservazione attenta di quella che è la società italiana, fa capire che tanti sono sicuramente i problemi, ma innumerevoli e di gran valore sono anche le ricchezze che continuamente maturano da questi incontri culturali.

La ricchezza del Dossier si conferma essere anche in questa sedicesima edizione la ricchezza dei dati raccolti nelle 512 pagine redatte da oltre 100 persone diverse.

Ciò che risulta fondamentale è che il dato non sia fine a se stesso ma che venga letto e interpretato tenendo bene a mente che dietro il numero ci sono persone con i loro vissuti fatti di gioia, dolori, speranze e sconfitte.

Sono poco più di 3 milioni i soggiornanti stranieri; in altre parole, è immigrato 1 ogni 19 residenti. Gli immigrati sono diffusi in tutto il paese, seppure in maniera differenziata: Nord 59,5%, Centro 27% e Meridione 13,5%. La tendenza in atto privilegia l’espansione al di fuori dei comuni capoluogo, perché le zone periferiche soddisfano meglio le esigenze abitative (soprattutto di natura economica) dei nuovi venuti.

Roma e Milano si confermano essere le “capitali dell’immigrazione” con 1 immigrato ogni 13 residenti in regione. Il trend però lascia intendere che, a breve, il primato di Roma detenuto fin dall’inizio dell’arrivo dei primi immigrati in Italia, verrà scalzato.

La maggioranza dei permessi di soggiorno rilasciati ha carattere stabile per cui 9 immigrati su 10 sono presenti per lavoro e per famiglia a cui si aggiungono altri motivi anch’essi connessi a una certa stabilità quali i motivi religiosi, la residenza elettiva e i motivi di studio.

Numericamente parlando la componente maschile e quella femminile sono praticamente uguali. Si tratta soprattutto di giovani tra i 15 e i 44 anni. Il loro peso è costantemente crescente nel mercato lavorativo: ogni 10 occupati ve ne è 1 nato in paesi extraeuropei. Le donne straniere sono più prolifiche con un valore di 2,4 figli rispetto all’1,25 delle donne italiane: fondamentale è, dunque, il contributo degli immigrati al mantenimento del livello della popolazione residente, altrimenti pregiudicato dal prevalere delle morti sulle nascite.

Molteplici sono i segni che contraddistinguono la nuova società interculturale italiana:

- Policentrismo, tale per cui vi è una composizione molto variegata dei gruppi nazionali con 5 europei (in prevalenza dell’Est Europa), 2 africani, 2 asiatici e 1 americano ogni 10 presenze e la convivenza di ben 196 comunità etniche differenti da dove provengono tutti gli immigrati presenti in Italia.

- Compresenza di molte fedi religiose. Contrariamente a quello che l’opinione pubblica avverte i cristiani sono nettamente preponderanti con 1 milione e mezzo di fedeli (di cui 660 mila sono i cattolici e altrettanti gli ortodossi), seguiti dai musulmani con 1 milione di fedeli e i fedeli delle religioni orientali. L’arrivo di immigrati cristiani in Italia va vissuto come un innesto salutare, che può stimolare il rinnovamento negli incontri di preghiera, facendo conoscere le espressioni di altri gruppi, molto sentite e ricche di interesse per le differenze culturali che esprimono. La presenza poi tra i migranti di cristiani protestanti e ortodossi costituisceun forte diffuso stimolo alla sensibilità ecumenica e sollecita l’apertura verso chi condivide la stessa fede in Cristo, seppure con differenze rispetto ai cattolici.

- Scuola multiculturale. La presenza nella scuola italiana di 425 mila studenti figli di immigrati che aumentano ogni anno in maniera sempre più accelerata: 1 iscritto su 20 è immigrato. E ancora ridotto il numero di studenti stranieri iscritti presso le università.

Sorprende l’atteggiamento maturato dagli stessi immigrati nei confronti della realtà italiana. Dai risultati di diverse indagini emerge quanto gli immigrati siano, allo stesso tempo, realisti ma anche profondamente positivi e collaborativi: si tratta di persone che devono operare in condizioni più disagevoli ma riescono a superarle, mostrandosi una componente dinamica nel mercato del consumo. Il 91% degli immigrati ha il cellulare, l’80% possiede il televisore, il 75% invia rimesse in patria, il 60% un conto in banca, il 55% un auto, il 22% ha il personal computer, incidono per il 5,3% sul totale delle patenti (1.890.000 complessivamente, di cui 330.000 nel 2005, un quarto ormai di quelli iscritti a scuola guida).

Quello della casa è da sempre un problema spinoso. Circa il 12-15% degli immigrati lo ha risolto diventando proprietario dell’immobile in cui abita mentre il 72% vive in case in affitto. Non desta, perciò, sorpresa che 8 su 10 pensano di aver migliorato la propria vita a seguito dell’arrivo in Italia.

Sono deficitarie le condizioni di insediamento e quelle di partecipazione: 6 su 10 vorrebbero avere il diritto di voto, mentre per 1 su 5 la maggiore preoccupazione consiste nel trovare casa e lavoro.

Il 40% degli italiani ritiene che gli immigrati siano maggiormente coinvolti nelle attività criminali, un atteggiamento ostile non del tutto corrispondente alle statistiche. Il problema della sicurezza è innegabile e preoccupa gli stessi cittadini stranieri, ma non autorizza a trasformare gli immigrati della porta accanto in delinquenti, tanto più che essi incidono solo per un decimo sulle denunce presentate.

E doveroso parlare dell’immigrazione come di un supporto e non come un peso. Occorre tuttavia il dovuto realismo e quindi è indispensabile non nascondere i problemi che comporta come anche riconoscere che neppure le politiche migratorie dalle quote molto ampie sono in grado di soddisfare la fame di inserimento occupazionale del Sud del mondo.

L’Italia, nonostante il perdurante deficit demografico, potrà mantenere anche nel futuro un livello di prosperità anche grazie all’immigrazione. Perciò le parole d’ordine da far valere sono diverse: non più invasione ma convivenza, non più emarginazione ma partecipazione, non più estraneità ma cittadinanza.

Il Dossier Caritas/Migrantes, così come ha fatto in questi sedici anni, continuerà a essere uno strumento di servizio per curare un attento monitoraggio statistico delle problematiche più rilevanti collegate al fenomeno dell’immigrazione e stimolare il dibattito politico e civile; il suo intento è di far conoscere i numeri al maggior numero di persone e di farli porre alla base del ragionamento e delle scelte per favorire orientamenti più condivisi.

L’immigrazione è iscritta nella nostra storia, una storia da assecondare e dirigere senza cercare di arrestarla; occuparcene non ci penalizza ma arricchisce il nostro essere uomini su questa Terra.