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Emigrazione e immigrazione in Molise (F. Pizzi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/06


 

Molise, terra di emigrazione

L’emigrazione rappresenta senza dubbio uno degli elementi più specifici della storia del Molise contemporaneo. Essa testimonia altresì i mutamenti che la società regionale ha vissuto dagli ultimi decenni dell’Ottocento al compimento del ventesimo secolo. «è una valutazione suffragata non solo dall’evoluzione dei dati demografici e statistici, (...) ma soprattutto dall’intreccio dell’andamento dei flussi in uscita dal Molise con i momenti di cambiamento più profondi degli assetti produttivi e degli equilibri sociali»1.

Significativi gli aspetti quantitativi del fenomeno. A partire dal 1870, da quando cioè si può disporre di dati di rilevamento attendibili, fino agli inizi dell’ultimo decennio del secolo appena passato, solo gli espatri ufficiali sono stati oltre 600 mila, su una popolazione di circa 360 mila nel 1881 e di circa 320 mila nel 1997. Prescindendo dalla mobilità interna alla regione, a tali cifre occorre aggiungere quelle relative ai trasferimenti fuori regione, verso i centri industriali del Nord Italia e verso le grandi città più vicine, come Roma e Napoli, che con il tempo sono diventati per la maggior parte definitivi2. Degli espatri ufficialmente segnalati, oltre la metà si verifica nel corso della prima grande ondata migratoria, terminata col conflitto mondiale, un terzo nei vent’anni del secondo dopoguerra, il resto tra le due guerre e dagli anni Settanta in poi.

La prima fase dell’emigrazione dai territori della provincia di Campobasso (si ricordi che dall’Unità d’Italia fino al 1963 il Molise costituisce un’unica regione insieme all’Abruzzo) si caratterizza, rispetto al resto del contesto abruzzese,  per il fatto di essere interessata già nel periodo postunitario da un sensibile flusso migratorio e, rispetto al resto del contesto nazionale, per essere, con la Basilicata, l’area meridionale che più intensamente concorre all’esodo transoceanico.

Già dalla fine degli anni ’60 del XIX secolo, in effetti, in una fase in cui le fasce più povere della popolazione non ricorrono ancora con sistematicità all’emigrazione (e non la considerano ancora come una fondamentale occasione di liberazione dall’indigenza economica e dalla subalternità sociale), diverse centinaia di braccianti e di piccoli contadini sono segnalati in uscita dal Molise.

La prima diaspora molisana, precoce e intensa - tale da toccare tassi che risultano tra i più elevati tra quelli delle regioni italiane storicamente coinvolte dal fenomeno emigratorio - si dirige prevalentemente verso i Paesi transoceanici, Brasile e Argentina prima ancora che Stati Uniti. Poco consistenti e difficilmente rilevabili sono invece gli espatri verso i Paesi europei.

A determinare tali eventi concorrono certamente fattori specifici, come le politiche di promozione adottate da Brasile e Argentina, bisognosi di sostituire la mano d’opera agricola venuta a mancare con la liberazione degli schiavi; la dimensione ristretta delle comunità molisane; e soprattutto il forte impianto parentale ed amicale delle relazioni sociali che si rivela estremamente propizio per la realizzazione della “catena” migratoria, caratteristica fondamentale dell’emigrazione regionale.

Tuttavia, se ci si accosta alle problematiche dell’emigrazione molisana da una prospettiva non univoca e - soprattutto - orientata in senso qualitativo, si scopre che sin dalla prima grande ondata, solo le motivazioni più immediate hanno i connotati di fuga dal bisogno e dalla inadeguatezza delle risorse ambientali, dal momento che spesso l’emigrazione è accompagnata da progetti di promozione sociale che passano per i rientri, per le rimesse e per il reinvestimento dei risparmi, come dimostrano gli oltre 55 mila rimpatri ufficiali del ventennio 1905-25, il carattere maschile delle partenze, la funzione di stimolo e di imitazione che la figura dell’emigrato rientrato ha anche per i ceti sociali collocati oltre l’indigenza.

Un altro elemento qualitativamente caratterizzante risiede nel fenomeno di abbandono del Molise per ragioni politiche. Ci riferiamo qui a eventi connessi con la formazione delle prime correnti socialiste, con il diffondersi delle lotte e delle rivendicazioni sociali, specialmente legate alla terra. Rivolte di contadini si hanno in tutto l’800: con Murat, nel 1815 col ritorno dei Borboni, durante la fase critica del Risorgimento (1860) e anche dopo l’annessione al Regno d’Italia. S’inaspriscono ancora di più, quando, con poco acume politico, ogni sommossa sociale viene subito tacciata anche qui come “brigantaggio” e repressa come tale nel modo più sanguinoso (più che “cattivi” soldati, forse occorreva mandare “buoni” ingegneri e agronomi...). Il destino del Molise continua ad essere quello di “dimenticato” nel periodo fascista, ma anche i governi del secondo dopoguerra, con la politica di accentramento industriale nel Nord, causano ulteriormente lo spopolamento dell’intera regione.

L’emigrazione molisana testimonia lo sforzo di una popolazione verso la rottura degli assetti più arcaici dei rapporti produttivi e sociali e, nello stesso tempo, verso la modernizzazione. Questo lungo percorso di ricerca di condizioni di vita più consone a modelli culturali ed esistenziali moderni dà origine alla seconda ondata migratoria.

A partire dagli anni ’50 si attiva un flusso breve ma intenso verso il Venezuela, mentre il Canada tende a diventare l’approdo prevalente nel Nord America3; allo stesso tempo, la richiesta di manodopera dai bacini minerari dell’Europa centro settentrionale, dai cantieri di ricostruzione francesi e britannici, dalla Svizzera e, quando le condizioni storiche lo consentono, dalla Germania, dà il via ad una caratterizzazione dell’emigrazione meridionale e, nella fattispecie, molisana, in senso “continentale”. I molisani che espatriano, anche quando si dirigono verso Paesi con persistenti processi di colonizzazione, tendono per lo più a fermarsi nelle concentrazioni urbane e si dedicano ai lavori edili e manifatturieri.

L’esodo del secondo dopoguerra raggiunge il punto più alto quando già si profila all’orizzonte il boom economico italiano ed è strettamente connesso con  il forte iato tra la condizione arretrata e ancora poco dinamica della società molisana e un modello di sviluppo nazionale con forti richiami consumistici ed urbani: esso è pertanto la diretta conseguenza della scelta di un modello di vita e di organizzazione sociale diversi da quello che la società rurale molisana poteva offrire.

L’emigrazione molisana verso l’Europa conserva almeno nella prima fase un rapporto diretto con i comuni di partenza, nel senso che è affrontata in vista del ritorno. Essa però, dopo un certo numero di rientri negli anni ’70 ed ’80, rivela una tendenza alla stabilizzazione, derivante dal radicamento nei paesi di accoglimento delle seconde e terze generazioni.

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 del secolo appena passato l’emigrazione molisana sembra toccare il suo approdo e il suo punto di conversione. Comincia allora «un flusso di “emigrazione silente” che non presenta la drammaticità e l’evoluzione dei grandi cicli del passato, ma che porta con sé il carico di una grave precarietà di prospettive, di accoglimento e di stabilizzazione». Questa volta i trasferimenti extraeuropei sono sporadici. Più consistenti i trasferimenti nelle aree del nord Italia, nei cantieri edili, soprattutto tedeschi, «in condizioni di incerta copertura contrattuale ed assicurativa e nella diffusa rete dei servizi commerciali, luogo di coltura di ogni forma di precarietà, che gli italiani hanno creato nelle città europee, soprattutto nel campo alimentare»4

Molise, terra di immigrazione

Mentre i fenomeni di emigrazione non sono ancora cessati, il Molise incomincia ad essere interessato anche da processi di immigrazione. Il fenomeno immigratorio risulta in Molise di recente avvento5, anche se in continua ascesa. Esso comincia ad avere una certa consistenza a partire dagli anni novanta del secolo appena passato, accrescendosi sempre più anno dopo anno. Si consideri, per esempio, che nel decennio tra il 1991 e il 2002, i permessi di soggiorno concessi a cittadini stranieri sono più che raddoppiati passando da circa 1.000 a circa 2.400. Tra gli aspetti emergenti di maggior rilievo, va sottolineato l’affermarsi di processi di stabilizzazione, dovuti all’aumento di matrimoni misti e ai continui ricongiungimenti familiari: la motivazione principale dell’insediamento è sempre più quella del soggiorno accompagnato da progetti migratori di lunga durata. Alla luce dei nuovi profili che vanno delineandosi, si rende pertanto necessario elaborare attività che favoriscano il processo di inserimento dei nuovi arrivati, che garantiscano pari dignità di vita e che promuovano una convivenza pacifica, scevra da pregiudizi e discriminazioni. “Ricordando la lunga storia dell’emigrazione molisana in tutto il mondo”, è auspicabile “che la nuova immigrazione in Molise abbia un trattamento equo e solidale” (3ª Conferenza Regionale Molisani nel Mondo, 7-10 Giugno 2005).

La presenza complessiva della popolazione straniera sul territorio molisano si avvia ormai verso le 5000 unità. Si tratta in ogni caso di  una piccola percentuale (circa lo 0,2%) sul totale della popolazione straniera presente in Italia.

L’analisi per nazione di provenienza mette in evidenza, per la provincia di Campobasso, la presenza di immigrati provenienti maggiormente dai Paesi dell’Europa centro-orientale e principalmente da: Albania, Romania, Ucraina. A questi si aggiungono immigrati provenienti dall’Africa, quasi esclusivamente settentrionale (e in particolare dal Marocco). Da alcuni anni è in aumento la presenza di comunità indiane e cinesi (però sempre in percentuali ancora basse).

Tra i motivi del soggiorno, il lavoro continua ad essere quello principale (lavoro subordinato, e solo in piccola parte lavoro autonomo), seguito dal ricongiungimento familiare. Per quanto concerne la provincia di Isernia, anche qui le aree continentali maggiormente rappresentate sono l’Europa dell’Est e l’Africa settentrionale. Qui la comunità numericamente più consistente è quella romena, seguita da quella marocchina. Tra le nazioni più presenti, in provincia di Isernia, troviamo anche Polonia, Ucraina, Albania.

In merito invece all’età, allo stato civile e al genere, si può affermare che la maggioranza degli immigrati in Molise è coniugato, che la fascia di età maggiormente rappresentata è quella tra i 19-40 anni, seguita da quella tra i 41-60. Vi è, poi, in Molise, una prevalente presenza di donne, legata ai ricongiungimenti familiari e ai flussi migratori al femminile (legati alle professioni di colf e badanti, in primis).

Per quanto concerne il lavoro degli stranieri, considerando i macrosettori, in regione, è il settore dell’industria, nello specifico le costruzioni, a rappresentare la principale opportunità lavorativa per gli immigrati. Gli ulteriori settori che presentano una elevata propensione all’assunzione di personale straniero sono l’agricoltura e il comparto alberghiero, con lavori di basso profilo professionale e carichi gravosi. Inoltre, si tratta prevalentemente di attività stagionali collegate alle aree turistiche e agricole, come quella di Termoli, che presentano in particolari periodi dell’anno una maggiore richiesta di manodopera6.

Di un certo interesse anche le considerazioni intorno al mondo della scuola, senza dubbio una delle istituzioni in cui incide di più ed è maggiormente riscontrabile il pluralismo, costituito dalla molteplicità di culture e nazionalità, che caratterizza la nostra società. I dati del Sistema Informativo del MIUR ci dicono che gli alunni con cittadinanza non italiana presenti in Molise costituiscono soltanto lo 0,13% del totale nazionale, ma non per questo il fenomeno è meno degno di essere valutato attentamente. Per entrare un po’ di più nel particolare, c’è da dire che la totalità della popolazione scolastica straniera è maggiore in provincia di Campobasso. L’incidenza degli alunni stranieri in Molise, inoltre, varia a seconda del tipo di scuole e la scuola primaria e la scuola secondaria di I grado registrano le quote maggiori. Tra i parametri più significativi per valutare il livello di integrazione, risulta di primaria importanza la riuscita scolastica degli alunni stranieri. Secondo i dati del MIUR, nell’A. s. 2003-04, per esempio, per quanto concerne la Scuola Primaria, in Molise, su 100 alunni con cittadinanza non italiana, risultano promossi  il 96% (sostanzialmente in linea rispetto al totale in Italia). Nella scuola secondaria di I grado, invece, su 100 alunni stranieri scrutinati, risulta promosso quasi l’81% (al di sotto della media nazionale).

Degno di essere analizzato è poi il rapporto tra immigrati e servizi socio-sanitari, che evidenzia alcuni nodi critici, tra cui: a) il problema della lingua, che spesso rappresenta una barriera; b) le indicazioni date dagli addetti ai lavori non sempre sono per loro di facile comprensione; c) spesso sono troppi i passaggi burocratici. Questi fattori non favoriscono certo l’accesso degli stranieri sia ai servizi sociali sia a quelli sanitari. Anche in risposta alle problematiche si qui enucleate, nel corso del 2005, il Distretto Sanitario di Isernia ha elaborato il progetto “Salute senza frontiere”, un vero e proprio “Spazio Salute Immigrati”. La ASL n.2 “Pentria” di Isernia (sulla scia di direttive sia a livello nazionale sia regionale, ossia a norma del D. Lgs. 286/1998; D.P.R. 324/1999; D.G.R. Molise 517/2005) è stata tra le prime in Italia ad attivare un tale servizio ed è unica, al momento, in Molise. Si tratta di uno sportello pubblico di informazione e assistenza di carattere sanitario per tutti gli immigrati (regolari e non) presenti in provincia di Isernia. Da rilevare è la ‘diffusione capillare’ del servizio, attraverso protocolli operativi con altri enti (Consultorio familiare, Sert, Reparti ospedalieri, Strutture sanitarie ubicate sul territorio, Associazioni di volontariato) al fine di creare una rete di sostegno e di tutela dei diritti dei cittadini stranieri.

In effetti, il successo delle politiche di intervento in campo immigratorio dipende anche, e soprattutto, dalla creazione di una rete ben articolata di rapporti e di interazioni mirati al coinvolgimento di tutti i settori interessati dal fenomeno. A livello istituzionale, per favorire tale sviluppo, è stata promossa una struttura organizzativa denominata “CIRM - Centro Immigrazione Regione Molise”, con sede presso l’Assessorato alle Politiche Sociali.

Come anche a livello nazionale, non manca in Molise l’apporto del privato sociale e del mondo dell’associazionismo. In tal senso, ricordiamo, tra le altre, la onlus denominata A.N.O.L.F (Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere) sez. Molise (nata nel 2002, con sedi ad Isernia  e Termoli). A Campobasso si segnala l’Associazione “Dalla Parte degli Ultimi”, costituita nel 1987 per volontà di alcuni professionisti, operatori sociali e giovani sensibili alle tematiche dell’interdipendenza e della solidarietà tra i popoli.

 

 

1 N. Lombardi, «Dalle “piccole patrie” al “grande Molise”», in A. Carbone, Le cento patrie dei molisani nel mondo, Isernia, Iannone, 1998, p. 7

2 Dal numero degli espatri, per altro, mancano quelli precedenti al 1876, non pochi; quelli clandestini che, considerato il carattere “a catena” dell’emigrazione molisana, non devono essere a loro volta irrilevanti, soprattutto nella fase di freno tra le due guerre mondiali, e quelli realizzati nella forma di visite temporanee, trasformate poi, con artifici più o meno legali, in insediamenti permanenti

3 Cfr. per esempio, a tal riguardo, il racconto biografico di F. Colantonio, Nei cantieri di Toronto (traduz. di G. Iacobucci), Isernia, Iannone, 2000

4 N. Lombardi, «Dalle “piccole patrie” al “grande Molise”», in A. Carbone, Le cento patrie dei molisani nel mondo, p. 18

5 Va tuttavia ricordato che in Molise sono presenti alcune comunità provenienti da Paesi esteri  inserite nel tessuto sociale locale da secoli, e quindi ben prima delle recenti ondate migratorie. Ci riferiamo alle comunità albanesi e croate (presenti soprattutto nell’area costiera e del Basso Molise) e a quelle Rom

6 Cfr. Caritas/Migrantes, Immigrazione. Dossier Statistico 2005. XV Rapporto, Roma, Idos, 2005, p. 435