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Famiglia migrante: Tema della Giornata Migrazioni 2007 (PG.Saviola)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/06


FAMIGLIA MIGRANTE: TEMA DELLA GIORNATA DELLE MIGRAZIONI 2007

 

Piergiorgio Saviola

 

Nelle Giornate Mondiali e Nazionali delle Migrazioni il tema della famiglia è un tema ricorrente quasi a ritmo decennale, tema sempre della massima urgenza e attualità, mai ripetitivo e sempre nuovo. Sempre nuovo perché, anche se la famiglia nel disegno originario del Creatore rimane sempre la stessa, cambia però la società, la cultura, il complesso di valori o pseudovalori in cui essa, anche la famiglia migrante, viene a collocarsi.

Qualche decennio fa, quando erano gli italiani i grandi protagonisti della migrazione, essi partivano da famiglie povere, rurali, di scarsa cultura ma ben radicate in una solida tradizione  impostata sui più solidi valori umani e cristiani. Benedetto XVI ne ha reso atto a Valencia, l’8 luglio scorso, al termine della solenne celebrazione eucaristica che concludeva l’Incontro Mondiale delle Famiglie. Il S. Padre, in altra occasione, rivolgendosi alle famiglie italiane ha espresso l’elogio che “in ogni parte del mondo gli italiani sono stati sempre stimati per il loro forte legame alla famiglia e ai suoi valori” ed esprimeva l’auspicio che “Questo patrimonio spirituale, morale e sociale possa essere difeso anche di fronte alle sfide dell’epoca attuale”. Oggi queste sfide sono anche per le famiglie italiane impetuose e rischiano di travolgere; basta porsi di fronte allo spettacolo dell’esaltazione pubblica delle unioni di fatto, comprese quelle omosessuali che reclamano diritto di cittadinanza anche nel nostro ordinamento giuridico, del dilagare del divorzio e dell’aborto, del rifiuto di un impegno irreversibile che leghi per tutta la vita, del matrimonio come sperimentazione fino ad esaurimento; si aggiunga poi il rinvio del matrimonio ad un’età troppo adulta ed una programmazione che riduce all’estremo il numero di figli quando non li esclude del tutto. La situazione generale, già in se stessa seria, viene enfatizzata e propagandata con accanimento dai mass media, da movimenti ideologici e politici, che alzano forte la voce nelle campagne elettorali e perfino nelle aule del Parlamento.

La famiglia migrante o il singolo emigrante, che viene da lontano  e da contesti culturali ancora più lontani, non può non avere un impatto traumatico con quanto si vive oggi  tra noi quanto a istituto familiare e, respirando quest’aria così diffusa ed inquinata, non può non risentirne il contagio. Vi fa allusione il piano triennale di pastorale familiare della diocesi di Milano dal titolo: “Famiglia, ascolta la Parola di Dio”. Vi si porta l’attenzione anche sulle famiglie immigrate, spesso colpite da “non poche situazioni di disagio e di povertà materiale e spirituale: famiglie divise, coniugi abbandonati, nuove unioni in Italia pur in permanenza di legami familiari nel paese di origine, lavoro saltuario e irregolare, ricorso all’aborto per situazioni di insostenibilità economica o per paura di perdere la precaria occupazione”. A questi  disagi e indici negativi se ne possono aggiungere altri, quali lo squilibrio fra i sessi ancora molto forte all’interno di singole etnie, il rinvio in patria dall’Italia dei bambini ancora in tenerissima età, l’esercito delle colf provenienti dall’Est europeo in età matura con coniuge e figli lasciati al paese di origine, l’incertezza del progetto migratorio per cui la famiglia non pianta radici in Italia e vive malamente quelle native nel paese che ha lasciato. Non parliamo poi delle straniere schiavizzate e soggette alla tratta della prostituzione, perché anche quando non hanno una loro famiglia da lacerare, portano lacerazione all’interno di tante famiglie italiane.

Non tutto però è negativo tra le famiglie immigrate. Aumentano i ricongiungimenti familiari giunti ormai a quota di centomila all’anno, aumentano i figli che nel corrente anno scolastico oltrepassano il mezzo milione, aumentano le nascite da matrimoni misti e soprattutto da ambedue e coniugi stranieri, attestandosi a livello nazionale sul 10%, ma in diversi centri urbani fino al 20%, col picco di oltre il 30% in città come Prato. Il processo di integrazione per la maggioranza dei tre milioni di stranieri regolari per soggiorno va avanti speditamente: il lavoro anche se precario non manca, anzi sta sorgendo una fungaia anche di piccole imprese che hanno per titolare uno straniero; altrettanto si può dire per l’alloggio e in molti casi si è acceso un mutuo per l’acquisto di una casa propria; va vertiginosamente crescendo anche l’importo delle rimesse e così via.

Il quadro è ovviamente molto più complesso, ma già questi tratti pongono pressanti interrogativi per le nostre Chiese locali, per tutta la comunità cristiana. Che fare, dunque? Tentiamo una rapida risposta che si traduce in proposta a tre livelli.

In primo luogo è già buona opportunità avere una Giornata in cui riflettere su questo mondo migrante mettendo al centro la famiglia. Tanto più se alla riflessione si aggiunge la preghiera, perché allora la riflessione si traduce in interesse, simpatia, vicinanza, coinvolgimento personale nella situazione altrui. Francamente sembra troppo poco se la celebrazione della Giornata si riduce a inserire un’intenzione particolare nella preghiera dei fedeli. Qualcosa di più? Vedasi quanto viene fatto per la Giornata Missionaria Mondiale. Le problematiche sollevate dalle migrazioni non sono di minore portata per la vita della Chiesa.

Si è accennato poi al coinvolgimento personale. Già, per chi ha occhi, soprattutto quegli “occhi del cuore” di cui parla Benedetto XVI, non mancano le occasioni piccole e grandi; preziose anche le piccolissime, come il “buon giorno” con un bel sorriso non convenzionale alla famiglia straniera della porta accanto, il sedersi vicino in chiesa e stringere forte la mano al segno di pace, invitare per quella domenica a pranzo e, gesto ancora più elegante, accettare l’invito, compiacersi che i propri bambini giochino e litighino assieme  senza accorgersi che il colore della pelle  o i tratti del volto siano diversi. Che lezione per i grandi!

E infine la parrocchia, la comunità parrocchiale nel suo insieme: anche sul piano dell’assistenza può fare qualcosa di significativo, ad esempio facilitando l’accesso all’asilo nido o all’alloggio, incoraggiando i  ragazzi a frequentare l’oratorio, segnalando alla Caritas particolari necessità, ecc.  La parrocchia poi porrà grande attenzione perché anche le famiglie immigrate possano usufruire alla pari delle famiglie italiane di quei servizi che sono offerti da strutture socio-pastorali di consolidata efficienza come i Consultori familiari, i Centri di aiuto alla Vita, i Gruppi di spiritualità familiare. Essa inoltre avrà occhio per avvertire che quel periodico brulichio di bambini attorno  a un circo o ad una carovana lascia intendere che lì dentro vive una famiglia o un gruppo di famiglie, alle quali chi opera nello stile del Buon Pastore si premura a dare il benvenuto ed eventualmente anche qualcosa di più.

Insomma è affascinante la prospettiva che gli stranieri vedano nella Parrocchia “una casa lontano da casa” ed è salutare rinfrescare la memoria, almeno in occasione della Giornata del Migrante, che la storia della salvezza ha avuto il suo inizio con Abramo emigrato da Ur con tutti i suoi familiari ed ha il suo compimento in Gesù dentro alla “Exsul Familia Nazarethana”.