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Presentazione del Convegno Ecclesiale di Verona (R. Iaria)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/06


presentazione del convegno ecclesiale DI veronA

 

di Raffaele Iaria

 

“Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”: è questo il tema del IV Convegno Ecclesiale della Chiesa Italiana che si svolgerà a Verona dal 16 al 20 ottobre prossimo.

Il primo convegno si è svolto a Roma dal 30 ottobre al 4 novembre 1976 ed ha avuto come tema “Evangelizzazione e promozione umana”, nell’intento di “imprimere una spinta vigorosa all’azione apostolica e missionaria della Chiesa in Italia”. I lavori si aprirono con tre relazioni generali, seguite da quattro comunicazioni, da una tavola rotonda sulla mediazione culturale e dalle sedute delle dieci commissioni in cui si sono suddivise i partecipanti. Il Convegno fu presieduto dal Card. Antonio Poma, allora Presidente della CEI, affiancato da mons. Luigi Maverna, da padre Bartolomeo Sorge e da Giuseppe Lazzati. Gli interventi fondamentali furono affidati a mons. Giovanni Nervo, Paola Gaiotti, Achille Ardigò, Giuseppe De Rita e mons. Filippo Franceschi.

Il secondo appuntamento è a Loreto dal 9 al 13 aprile 1985 sul tema “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”. A delineare il quadro storico, culturale e pastorale, tre relazioni affidate al teologo Bruno Forte (oggi Vescovo di Chiesti-Vasto), al filosofo Armando Rigobello  e al Card. Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo.

Cinque gli ambiti di riflessione al centro del convegno: la coscienza personale, luogo primario della riconciliazione; la mediazione educativa; la riconciliazione nella Chiesa, il ministero della riconciliazione; la Chiesa e il Paese in un cammino di riconciliazione.

Il terzo appuntamento undici anni fa a Palermo, dal 20 al 24 novembre 1995 con la partecipazione di 2.300 delegati e di oltre quattrocento giornalisti accreditati. Il tema al centro dei cinque giorni di lavori è stato “Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia” affrontato dai delegati divisi in cinque ambiti: cultura e comunicazione sociale, impegno sociale e politico, amore preferenziale per i poveri, famiglia, giovani. Il senso globale di questa scelta - spiegarono i vescovi italiani - “è che la verità dell’uomo, manifestata pienamente dal Vangelo della carità, si traduce in una cultura della responsabilità e della solidarietà nelle molteplici dimensioni della vita”.

Le relazioni fondamentali vennero affidati al Card. Giovanni Saldarini, al sociologo Franco Garelli e al teologo Piero Coda.

Il frutto più maturo del Convegno di Palermo fu il “Progetto Culturale orientato in senso cristiano” come sintesi tra la pastorale ordinaria, la vita e il lavoro quotidiano delle comunità, e la dimensione cosiddetta “alta” della cultura e della ricerca intellettuale.

Nel 2006 è la volta di Verona che vuole porre al centro dell’attenzione delle nostre comunità cristiane - spiega il Card. Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano e presidente del Comitato nazionale preparatorio di Verona - la virtù teologale della speranza. Si è, infatti, consapevoli che “non è cosa facile, oggi, la speranza. Non ci aiuta il suo progressivo ridimensionamento: è offuscato se non addirittura scomparso nella nostra cultura l’orizzonte escatologico, l’idea che la storia abbia una direzione, che sia incamminata verso una pienezza che va al di là di essa”.

Concetti ribaditi nella Traccia di riflessione al Convegno che, a partire da Cristo Crocifisso e Risorto, propone la scoperta dell’identità del cristiano come testimonianza coraggiosa, la concretizzazione dell’annuncio della speranza attraverso le “opere meravigliose”, l’esplicitazione dei luoghi fondamentali dell’esistenza in cui si incarna la speranza.

Il cammino di preparazione ha visto le 226 diocesi italiane impegnate con varie iniziative locali e con cinque appuntamenti nazionali: dal 24 al 27 novembre a Palermo sul tema “Ricorda, Racconta, Cammina”, dal 10 al 19 febbraio a Terni sul tema “Solo l’amore fa vivere”, dal 24 marzo al 7 aprile a Novara sul tema “Una fragilità salvata”,  dall’8 al 14 maggio ad Arezzo su “Le voci della Città” ed infine a Rimini, dal 19 al 25 giugno, sul tema “Lavoro in festa”. In questi cinque incontri sono stati, di volta in volta, affrontati i temi relativi ai cinque ambiti del convegno e proposti nella traccia di riflessione: vita affettiva; lavoro e festa; fragilità; tradizione; cittadinanza. Si tratta di  un percorso che chiede di superare  il rischio della frammentazione puntando a quella “pastorale integrata” che guarda alla persona e alla comunità nel loro insieme, nella loro unità”. 

Nelle Chiese particolari l’approfondimento della traccia terminerà alla fine di maggio mentre a giugno inizieranno i lavori dei gruppi regionali di coordinamento che, entro il 31 luglio, consegneranno una sintesi dei lavori alla Giunta del Comitato preparatorio.

L’emblema grafico delle giornate di Verona, per descrivere meglio il tema dell’intero convegno, sarà un Cristo stilizzato, che con le braccia aperte forma degli archi che richiamano quelli dell’Arena di Verona. Lo ha realizzato la società Filodesign e riprende nel disegno i quattro termini che formano il titolo guida dell’incontro, che è, come abbiamo detto, “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”. Passando dalle parole alle immagini, il Cristo risorto che forma la figura nel suo insieme pare liberarsi nell’aria. I testimoni sono le braccia del Risorto stesso, che assumono, infatti, quasi le sembianze di corpi autonomi. La speranza è simboleggiata dal fatto che l’intera composizione è leggermente sbilanciata in avanti, quasi ad abbracciare con sguardo fiducioso il futuro. Infine, il mondo, una porzione del quale è ritagliata dallo spazio che viene creato proprio dalla dinamicità delle braccia.

Il convegno di Verona rappresenterà  un momento centrale per la vita della Chiesa Italiana: un momento che “ci chiama” - ha detto il Segretario Generale della CEI, Mons. Giuseppe Betori - a “prendere coscienza che evangelizzare è anzitutto annunciare una Parola che deve collocarsi all’interno di un atteggiamento che comporta stili di vita, modalità di esposizione, coinvolgimento di persone, penetrazione in ambienti diversi, e anche problemi di rapporti istituzionali”. Questo significa che non basta solo aggiornare i programmi pastorali, i linguaggi, gli strumenti della comunicazione o aumentare le attività caritative: serve piuttosto una società di uomini e donne nuovi, “immersi nel mistero di Dio e inseriti nella società, santi e santificatori”.