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Natale in cielo per Mons. Luigi Petris (PG. Saviola)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/06


E una dolorosa perdita per la Chiesa italiana e in particolare per la Fondazione Migrantes, organismo della Conferenza Episcopale Italiana, la morte di Mons. Luigi Petris, avvenuta dopo lunga malattia e sofferenza la notte tra il 20 e il 21 dicembre ad Ampezzo, in provincia di Udine.

Profilo biografico

Mons. Petris era nato nel 1939. Entrato in giovane età in seminario arcivescovile di Udine, vi compì gli studi classici, quindi i corsi di filosofia e di teologia che lo portarono al sacerdozio, ricevuto a 25 anni nel 1963. Dopo appena tre anni di ministero parrocchiale svolto nella sua diocesi parte o meglio è inviato dal suo Vescovo fra gli italiani che a grandi ondate in quegli anni emigravano verso la Germania.

Come prima destinazione gli viene assegnata la direzione della Missione Cattolica Italiana di Saarbrücken e, come direttore, si dedica in primo luogo a tutti i servizi pastorali che un buon parroco in Italia svolge verso i suoi fedeli. Un carico notevole si aggiunge per i servizi socio-assistenziali, dato che l’emergenza emigrazione provoca una quantità di bisogni e di richieste cui il giovane missionario cerca di rispondere anche a titolo di supplenza, date le inadempienze o i ritardi in questo campo delle Istituzioni pubbliche, Consolati compresi. Esempio tipico di questo prezioso servizio sociale è la rete di doposcuola, di cui in quindici anni hanno usufruito 1.300 ragazzi italiani della Saar.

Per quindici anni appunto don Luigi ha lavorato in quella missione, fino a quando nel 1981 la Conferenza Episcopale Tedesca, su indicazione di quella italiana, l’ha nominato Delegato Nazionale di tutti i 130 sacerdoti italiani che allora erano impegnati in 90 Missioni Cattoliche al servizio degli oltre 500.000 emigrati italiani. La Delegazione, che ha sede in Francoforte, non è una diocesi né il delegato un vescovo, ma l’area di azione affidata a don Luigi aveva le dimensioni, la popolazione e il cumulo di impegni d’una diocesi di non modeste dimensioni. A Francoforte assume la presidenza anche del locale EPI (Ente pro Italis) che è anche editrice del “Corriere d’Italia” che a tutt’oggi è il settimanale dei nostri connazionali in Germania. Rimane in questo incarico per dieci anni, stimato e benvoluto da parte italiana e tedesca.

Un ulteriore passo avanti nel servizio alla Chiesa italiana e alle migrazioni dovrà fare nel 1991 quando è chiamato a Roma quale Direttore Nazionale per la pastorale degli emigrati italiani nella Fondazione Migrantes: il suo raggio di azione si allarga oltre la Germania, oltre l’Europa, in ogni continente dove è ancora viva la presenza italiana, calcolata oltre i quattro milioni. Il suo dinamismo apostolico ha qui libero sfogo e in cinque anni di servizio visita, stimola, sostiene centinaia di missionari italiani impegnati nei più svariati campi di azione.

Lo attende però nel 1996 un ultimo passo, perché la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana lo designa a succedere a Mons. Lino B. Belotti, eletto a Vescovo Ausiliare di Bergamo. Don Luigi ha ora davanti a sé o, piuttosto, si trova tuffato dentro a tutte le forme di mobilità umana seguite dalla Migrantes: rom e sinti, circensi e fieranti, gente del mare e gente dell’aria, emigrati italiani ed immigrati in Italia.

Non si tratta di un titolo formale né di una onorificenza, ma di una grossa responsabilità, che egli affronta con decisione e lo porta senza sosta  fuori Roma in tutte le direzioni; non c’è un convegno o celebrazione di un qualcuno di questi settori che non lo veda partecipe. E non c’è settore della vita ecclesiale od anche civile che riguardi in qualche modo le migrazioni che non diventi per lui un impegno perché la Migrantes si faccia presente. Si può ritenere emblematica la sua assidua attenzione, si direbbe la passione, perché il bimestrale “Servizio Migranti” esca con puntualità e ricchezza di contenuti, così da rendersi voce autorevole della Migrantes anche di fronte al grande pubblico. Svolge con dedizione e competenza singolari questo suo compito, così che allo scadere del quinquennio non ha fatto meraviglia a nessuno che sia stato riconfermato nell’incarico.

Tratti della sua personalità

“Offro le mie sofferenze per la famiglia, per la Migrantes, per tutti i nostri fratelli della mobilità umana”. Queste le ultime parole che Mons. Piergiorgio Saviola - nominato dalla CEI Direttore Generale Aggiunto durante gli ultimi mesi di malattia e di forzata assenza dalla Migrantes di don Luigi - ha raccolto dalla sua bocca al capezzale del dolore. Queste brevi parole dicono chiaro che la testimonianza delle virtù umane e cristiane offerte durante tutta la sua vita si è prolungata fino al momento della sua morte.

Tutti l’hanno conosciuto come uomo di forte tempra, carattere deciso e talora perfino irruente, ma di profonda onestà e di corretto rapporto umano, per cui anche quando prendeva posizioni motivate ma ferme, rimaneva sempre disponibile all’ascolto, con pieno rispetto dell’interlocutore e sempre disposto a rivedere la sua posizione. Non era l’uomo delle seconde intenzioni; insomma piena trasparenza.

Aggiungi la grande laboriosità, anzi la passione al lavoro, si parla del lavoro relativo alle crescenti responsabilità che la fiducia della Chiesa italiana e dei confratelli del sacerdozio gli ha attribuite: un lavoro anche sul piano organizzativo e amministrativo ma sempre in funzione del servizio pastorale specifico nell’ambito delle migrazioni. Trascinava veramente e con ritmo incalzante più con la validità delle proposte e con l’autorevolezza del suo esempio che con la forza della sua autorità.

Non era poi nel suo stile la faccia corruscata o lo sfogo per le immancabili preoccupazioni, insomma attorno a lui non creava un’aria tesa e pesante, anzi il clima abituale era la serenità e perfino il gusto del lavorare assieme. E in questa logica rientrava l’agape  fraterna con i suoi collaboratori e per questo momento di distensione era lui a cercare l’occasione opportuna e ritagliare il tempo necessario.

Sono alcuni tratti della sua personalità umana. Altrettanto ricca quella presbiterale. Mons. Saviola pone in risalto, come sua prima caratteristica, “l’essere stato un uomo di fede, che ha creduto fino in fondo”, anche nel momento della prova, soprattutto nella prova suprema passata bisbigliando preghiere fino al momento della morte. Altra caratteristica è l’amore schietto per gli altri, per i migranti soprattutto, fatto non di parole ma di dedizione completa senza risparmi. E l’amore alla Chiesa, fino in fondo “servo della Chiesa”, quella che per lui era sempre Santa Madre Chiesa anche quando la vedeva nei suoi limiti e difetti.

Del caro don Luigi in chi l’ha conosciuto da vicino rimane questa immagine, immagine che non si cancellerà, sempre viva e affascinante, che spinge sullo stesso sentiero di vita.