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Dossier: Servizio pastorale del Direttore diocesano Migrantes (I)
Il testo del documento ecclesiale

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/05


SERVIZIO PASTORALE DEL DIRETTORE DIOCESANO MIGRANTES

 

IL TESTO DEL DOCUMENTO ECCLESIALE

 

 

La figura del Direttore Diocesano Migrantes

Il Direttore diocesano della pastorale migratoria, ordinariamente denominato Direttore Migrantes, assume nella propria diocesi i compiti pastorali che la Chiesa italiana ha assegnato in sede nazionale alla F. Migrantes, organismo della Conferenza Episcopale Italiana, col quale si tiene in reciproco e stretto contatto.

Nello Statuto della Migrantes si dice che “il Vescovo è invitato a nominare un incaricato diocesano per i problemi pastorali della mobilità” (art. 4). Anche la recente Istruzione pontificia Erga migrantes caritas Christi dà una simile indicazione: “Se risulta necessario, il Vescovo diocesano… nomini un Vicario episcopale con l’incarico di dirigere la pastorale relativa ai migranti, oppure costituisca un ufficio speciale per i migranti stessi presso la curia vescovile” (art. 16, § 1).

Sono parole sobrie, rispettose della responsabilità del vescovo cui spetta discernere e decidere se questa figura e questo ufficio nella sua diocesi risultino effettivamente necessari; ma, posta questa necessità, ad essi è rivolto il richiamo del Decreto conciliare Christus Dominus, che al n. 16 enuncia in forme generica: “Si mostrino premurosi verso tutti, di qualsiasi… nazionalità: siano essi del paese, o di passaggio o stranieri”, mentre al n. 18 – sempre in riferimento ai vescovi – raccomanda “particolare interessamento per quei fedeli che, a motivo delle loro condizioni di vita, non possono godere dell’ordinario ministero dei parroci o sono privi di qualsiasi assistenza, come sono moltissimi emigrati, gli esuli, i profughi, i marittimi, gli addetti a trasporti aerei, i nomadi ed altre simili categorie di uomini”. La stessa raccomandazione viene ripetuta alle Conferenze Episcopali perché “dedichino premurosa attenzione” e, “in concordia di intenti e di sforzi, provvedano accuratamente “ secondo le “varie situazioni dei tempi, dei luoghi e delle persone”.

E evidente che il vescovo non può sistematicamente assolvere in prima persona questo dovere del Buon Pastore verso una porzione del gregge che a titolo particolare può identificarsi alle “pecore sperdute senza pastore”; dovrà perciò scegliersi altro pastore, un collaboratore che con altrettanto “premurosa attenzione” e “particolare interessamento” lo aiuti ad assolvere a questo suo “munus episcopale”. Questo  collaboratore è il Direttore Diocesano Migrantes ed è significativo che l’Istruzione pontificia per questa figura parli, in prima istanza, di Vicario episcopale.

Il Direttore diocesano della pastorale migratoria ha dunque una giustificazione ecclesiologica profonda: nella misura in cui la massa dei migranti, che interessa la diocesi, provoca un problema pastorale, anzi – come si esprime il Santo Padre – costituisce “una priorità pastorale”, è la missione stessa della Chiesa locale ad esigere questa figura; senza di essa si creerebbe un vuoto molto serio nell’organigramma del servizio pastorale diocesano. Si può anzi aggiungere che, mentre il Direttore nazionale o regionale rinviano a una organizzazione ecclesiale rispettabile, ma di istituzione storica, ecclesiastica, il Direttore diocesano collabora col vescovo, partecipa al suo “munus episcopale”, ricevuto per via sacramentale da Cristo per la cura pastorale di “una porzione del popolo di Dio…con la cooperazione del presbiterio” (cf. can. 369). Il Direttore diocesano ha un suo posto specifico, ben definito, in questo presbiterio.

I compiti specifici del Direttore Migrantes nella diocesi

Nell’ambito della pastorale migratoria, mentre alcuni compiti sono condivisibili con diversi operatori e organismi diocesani, altri compiti sono di competenza specifica, benché non rigorosamente esclusiva, del Direttore Migrantes. Vanno indicati in particolare i seguenti settori:

1. L’attenzione a tutti i settori della mobilità umana e non soltanto ai grandi flussi degli italiani all’estero o degli stranieri in Italia; in molte diocesi si registra una forte mobilità nel settore marittimo, in altre il passaggio o l’insediamento di nomadi, di rom e sinti o di operatori dello spettacolo viaggiante: tutta gente marginale, che troppo spesso non è oggetto di interesse, anche se in buona parte cattolica, delle nostre tradizionali parrocchie, che stentano ad assumere un volto missionario. La necessità di una pastorale specifica per queste categorie, anche se ribadita con tanta chiarezza e insistenza da parte della Chiesa, non è adeguatamente conosciuta e talora viene di fatto negata o ridimensionata anche tra il clero. è dunque importante creare convinzione e consenso, appellandosi sia alle chiare direttive del magistero, sia alla secolare esperienza della Chiesa italiana. Il Direttore diocesano, potrà avere occasioni di intervenire personalmente, sempre però avrà occhio vigile per favorire l’intervento di operatori pastorali con specifica competenza e missione per questi settori della mobilità.

2. Per quanto riguarda gli italiani all’estero, i Direttori diocesani possono fare opera concorde di sensibilizzazione, soprattutto presso le rispettive Conferenze Episcopali Regionali, perché venga garantita – con l’invio di qualche sacerdote della regione – la continuità delle Missioni Cattoliche Italiane all’estero, almeno nelle città dove persiste una grande concentrazione di connazionali. Inoltre in un momento in cui lo Stato, le Regioni, le istituzioni culturali, i mass–media cercano di ridare dignità, protagonismo e un più stretto collegamento con la madre patria ai nostri italiani all’estero, viene spontaneo domandarsi se anche le nostre Chiese locali possano attivare forme di contatto con i “fedeli” lontani, ad esempio attraverso la corrispondenza, inserti sui fogli parrocchiali o diocesani, il risveglio continuo della “memoria storica”; non è sufficiente la festa annuale dell’emigrante. Inoltre si segua e si promuova l’impegno delle consulte regionali e delle associazioni.

3. Per gli immigrati cattolici in Italia vanno moltiplicandosi le comunità pastorali ed iniziative varie, la cui efficacia molto dipende dal Direttore diocesano. Queste comunità nella maggioranza dei casi non godono di erezione canonica, perché non sono parrocchie personali, missioni con cura d’anime o cappellania; sono sorte per iniziativa spontanea di qualche operatore pastorale straniero o italiano o dello stesso Direttore Migrantes, comunque sotto il suo stimolo o consenso; è opportuno pertanto che egli stesso provveda perché questi Centri abbiano in diocesi una certa ufficialità, come raccomanda la stessa Istruzione Pontificia EMCC (n. 92). A lui spetta fare il rilievo delle forze pastorali già disponibili in diocesi soprattutto fra i sacerdoti sia stranieri che italiani (i “fidei donum” e missionari rientrati), ma anche fra religiose e laici impegnati. Quanto ai sacerdoti stranieri inseriti stabilmente in diocesi per un servizio di pastorale ordinaria, c’è da domandarsi con scrupolo se non debbano essere autorizzati, anzi sollecitati a interessarsi degli emigranti della medesima nazione o etnia presenti sul territorio.

4. Un ruolo sempre più importante vanno assumendo i Coordinatori nazionali della pastorale etnica, i quali, come si esprime il citato documento pontificio, svolgono “funzioni di fraterna vigilanza, di moderazione e di collegamento fra le varie comunità” (n. 72; cf. art. 11). Mentre si “raccomanda con viva insistenza ai coordinatori e a quanti collaborano con loro che per prima cosa essi prendano contatto col responsabile diocesano della pastorale migratoria, con lui ne concordino contenuto e modalità e nulla in tale materia intraprendano o modifichino di sola propria iniziativa”, si “esprime fiducia che il servizio del coordinatore sia apprezzato e favorito in diocesi” grazie alla mediazione del Direttore Migrantes, sollecito nel dimostrare a questo operatore che viene da fuori diocesi fraterna e cordiale accoglienza.

5. La pastorale dei circensi, dei lunaparchisti e dello spettacolo in genere rientra nei compiti del Direttore diocesano e dei suoi (eventuali) collaboratori in questo particolare settore. Essi avranno cura in particolare di animare l’attività dei parroci direttamente interessati alle loro soste; coordinare la propria attività pastorale con quella degli incaricati diocesani della stessa Regione; mantenersi in comunione con l’Ufficio nazionale per armonizzarsi nelle scelte e nella prassi pastorale locale.

6. Per la pastorale dei Rom e Sinti il Direttore diocesano, a parte ciò che gli potrà suggerire la sua esperienza sul posto, terrà come punti fermi del suo servizio in questo settore:

– monitorare il territorio per quanto riguarda sia le presenze di Rom e Sinti sia le persone interessate a un rapporto con loro sul piano sociale o religioso;

– proporre ai medesimi operatori incontri per scambiare esperienze e analisi sui comportamenti che pongono interrogativi e dei quali vano cercate le motivazioni; per raccontarsi inoltre le buone prassi;

– sensibilizzare, col sostegno dell’Ufficio nazionale, all’accoglienza le diocesi e le comunità ecclesiali,  tenuto presente che i nostri gesti andranno a buon fine e la loro efficacia sarà centuplicata solo se incontrano il convinto consenso delle nostre comunità.

7. Marittimi, pescatori, aeroportuali e loro famiglie: dobbiamo ricordare che esiste un’attenzione “personale” per questa gente destinata a vivere una vita di famiglia anomala e colma di assenze. Ogni città ha decine ed a volte migliaia di marittimi e famiglie coinvolte. Il Direttore diocesano sappia riconoscere come migranti anche quelli che vivono il duplice dramma della lontananza da casa e della assenza forzata di un familiare. L’attenzione ecclesiale per questi ultimi deve essere di tuta la Chiesa italiana presa nel suo insieme e non solo nei maggiori porti ed aeroporti. Si cerchi di creare gruppi di famiglie sensibili anche questa categoria e non omettere di includerla nella preghiera comunitaria, di diffondere capillarmente i notiziari messi a disposizione dalla Direzione nazionale, di organizzare qualche incontro con i sacerdoti, religiosi, seminaristi e laici per sensibilizzare concretamente sulle emergenze sociali e missionarie connesse con questo tipo di Apostolato.

8.            Un’azione insistente e persuasiva verso i parroci è un altro compito importante del Direttore diocesano, anche richiamando la formula chiara e insolitamente forte della precedente Istruzione Pontificia DPMC: “L’assistenza spirituale di tutti i fedeli e quindi anche dei migranti… ricade soprattutto sui parroci, che dovranno un giorno rendere conto a Dio del mandato eseguito. Essi perciò sappiano condividere un compito tanto grave col cappellano o missionario, quando questi si trova sul posto” (n. 30,3) o viene da fuori diocesi. L’esperienza conferma che anche ottimi parroci, non per insensibilità o per presunzione si saper fare tutto da sé, di fatto sono presi da tante altre cose da trascurare “un compito tanto grave”. è squisita opera di carità del Direttore diocesano se aiuta il parroco e tutto il presbiterio diocesano a prendere atto della propria inadeguatezza per “un compito tanto grave” e della provvidenziale opportunità di poter disporre di un coordinatore e di un cappellano etnico.

9.            L’esigenza di una progressiva integrazione dei migranti nella Chiesa locale è l’altro polo di attenzione che deve sempre accompagnare la già affermata esigenza di una pastorale specifica e armonizzarsi con la medesima. Il cappellano etnico e la sua comunità possono essere così presi dalla preoccupazione di conservare anche sul piano religioso la propria identità da rallentare il percorso di integrazione nelle parrocchie del territorio, con il pericolo di costituire un po’ alla volta chiese parallele e ghetizzanti. Il Direttore diocesano, è nella condizione culturale e spirituale di mediare fra queste due legittime esigenze, cercando non tanto un compromesso quanto una vera armonizzazione, a vantaggio di tutti.

10.      La rilevazione quantitativa e statistica della popolazione migrante, e la disaggregazione di questi dati secondo paese di origine, età, occupazione, stato civile, appartenenza religiosa, ecc., è requisito previo ad una efficace azione socio–pastorale;. Il Direttore diocesano s’impegna ad acquisire questo quadro obiettivo a livello diocesano o almeno provinciale e farlo conoscere a quanti vi possono essere interessati.

11.      La Giornata delle Migrazioni, dal 2005 denominata non più Nazionale ma Mondiale, rimane uno degli impegni qualificanti del Direttore diocesano. É difficile che i parroci, le altre istituzioni ecclesiali e la stessa Curia diocesana prendano a cuore questa Giornata se non c’è qualcuno che fa da memoria e da stimolo.

Compiti da condividere con le altre realtà diocesane

La “Lettera alle comunità cristiane: migrazioni e pastorale d’insieme”, per i suoi contenuti e per l’autorevolezza del Consiglio Episcopale Permanente che l’ha fatta pervenire a tutte le Chiese locali, può essere considerata un passo decisivo verso una stretta intesa e collaborazione fra tutte le forze vive che all’interno della diocesi sono attente e operanti in campo migratorio; di questa convergenza, che comporta una sintonia di spirito e di azione, molte diocesi danno già bella testimonianza, altre stanno attendendo suggerimenti e stimoli per mettersi all’opera o per accelerare la corsa. Per cogliere lo spirito e il metodo che caratterizzano questa pastorale unitaria rinviamo alla prima parte della Lettera dov’è presentato “L’orizzonte missionario delle migrazioni” con esplicito riferimento alla Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Qui ci si limita a riassumere dalla seconda parte i vari ambiti in cui questa collaborazione può essere particolarmente intensa e feconda, offrendo al Direttore della pastorale migratoria un vasto campo di azione e di animazione. Questi i principali ambiti:

a) Cura pastorale dei cattolici: a quanto già detto nel paragrafo precedente la Lettera aggiunge che “al Direttore diocesano della Migrantes spetta di mantenere vivo il collegamento fra le varie figure che interagiscono nella cura pastorale degli immigrati”, in particolare il parroco o i parroci interessati, il cappellano, il coordinatore, ma pure altri operatori che sono a contatto con i migranti e possono orientare i cattolici al loro centro pastorale o alla parrocchia locale.

b) Dialogo ecumenico per il quale nella diocesi esistono già specifiche competenze ed iniziative, come la Settimana di preghiere per l’unità delle Chiese.

c) Rapporto con i non cristiani e la “missione ad gentes”, in cui è impegnato l’Ufficio missionario e il Centro missionario diocesano che tiene il collegamento con i tanti centri missionari sparsi nella diocesi. Le molteplici forme di dialogo e di annuncio portano ormai un buon numero di immigrati a interessarsi della nostra fede e avviarsi in quel percorso che li porterà al battesimo: per questi non cristiani in tante diocesi è attivo il Servizio del catecumenato.

d) Carità e promozione umana sono un vastissimo campo di azione, che rivela a cristiani e non cristiani il vero volto di Cristo e della Chiesa, hanno già in sé una penetrante efficacia salvifica, una forte carica di evangelizzazione. La Migrantes in molte diocesi gestisce direttamente opere caritative, assistenziali, promozionali; in altre collabora od è in contatto con la Caritas ed altre realtà attive in questo campo. Alcune coppie di italiani all’estero sono di mista religione: è opportuna un’attenzione appropriata. I connazionali che rientrano richiedono sostegno per un sereno inserimento in un paese che è cambiato.

e) Le famiglie immigrate o miste crescono continuamente di numero grazie soprattutto al persistere dei ricongiungimenti familiari. L’Ufficio pastorale della famiglia ed altre istituzioni come il Centro per la Vita e i Consultori familiari cattolici fanno molto per queste famiglie che presentano situazioni e difficoltà particolari; cresce l’efficacia di questo servizio quando interviene la mediazione del Direttore Migrantes. Connesso col problema della famiglia è quello della casa, della salute, del rispetto della vita nascente, delle donne sole e a rischio, tutti ambiti da cui il Direttore Migrantes non deve sentirsi estraneo. Molte famiglie italiane all’estero fanno ancora riferimento alle loro parrocchie in Italia per i sacramenti: è utile conoscere e rispettare la linea pastorale delle MCI all’estero.

f) Minori e giovani, la seconda generazione che avanza, più facilmente dei genitori si integra attraverso la scuola, lo sport, l’associazionismo, l’offerta di strutture educative come gli oratori gestiti dalle parrocchie. A parte il serio problema dei minori non accompagnati, tanta gioventù  appartenente al mondo migrante è particolarmente esposta a varie forme di devianza, soffre di acute crisi di identità, trova difficile inserirsi nel lavoro e portare a termine il curriculum scolastico. Non va poi dimenticata la situazione difficile degli studenti universitari provenienti dall’estero.

g) Formazione professionale e lavoro. Non fa meraviglia che gli stranieri si trovino in particolari difficoltà per i lavori loro riservati, spesso in nero, poco qualificati e poco gratificanti; per l’essere soggetti a varie forme di sfruttamento, per la stessa precarietà che ormai caratterizza tante forme di impiego. La Pastorale del lavoro si fa carico di queste situazioni, ma insieme li stimola ad essere attivi e responsabili, assieme ai lavoratori italiani, nel rivendicare i loro diritti e, se cristiani, ad associarsi ad iniziative per l’evangelizzazione del mondo del lavoro.

h) Altri ambiti in cui il Direttore diocesano può associare la sua opera a quella di altri gruppi e organismi addetti a specifici campi, come quello della visita e assistenza negli ospedali, nelle carceri, nei campi di accoglienza o di permanenza temporanea, del contrasto alle straniere vittime della tratta. Vi si può aggiungere l’azione concorde per l’incontro annuale col Vescovo in Cattedrale in occasione dell’Epifania o della Pentecoste, per le Feste dei popoli, per la Giornata della Pace, per una partecipazione agli organismi di rappresentanza, come le Consulte o i Consigli territoriali per l’immigrazione, per i contatti con la pubblica amministrazione.

Si potrebbe proseguire nella elencazione di questi ambiti di impegno pastorale e socio–pastorale in cui è importante, per non dire indispensabile, questa convergenza e collaborazione delle tante forze ecclesiali e di ispirazione cristiana. Per garantire efficacia e stabilità a questa azione concorde la Lettera suggerisce la costituzione di una forma di coordinamento, che può prendere il nome di Commissione o Segretariato aperto a quanti sono convinti della bontà di questa causa. La Migrantes diocesana accoglie la proposta con piena convinzione e disponibilità e s’impegna a promuovere l’adesione anche degli altri gruppi e organismi. Essa non si attende di avere un ruolo particolare in questa struttura, ma se il Vescovo le propone di fare da capofila, non declina la proposta.

Questo lavorare assieme non compromette l’identità propria delle singole realtà associate e la loro libertà di iniziativa; ciò che preme è l’abituale l’informazione reciproca, l’incontro periodico e l’attenzione d’inserire, per quanto possibile, le varie attività in un programma comune e concordato. In tal modo la pastorale specifica per i migranti rientrerà nella pastorale ordinaria della diocesi.

Il servizio ai migranti, quanto più proseguirà su questa strada, tanto più diventerà emblema e stimolo per una pastorale unitaria anche in altri settori della vita diocesana; tanto più, inoltre, finirà per coinvolgere, oltre gli addetti ai lavori, anche l’insieme della comunità cristiana.

L’obiettivo proposto potrà sembrare ambizioso e utopico; non sarà così se il “Duc in altum” non ci lascia dubbiosi o indifferenti, se anzi induce a prendere nella nostra barca anche il Maestro.