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Inserto SM 5-2005 - Sussidio Liturgico
Giornata Mondiale delle Migrazioni

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/05


GIORNATA MONDIALE DELLE MIGRAZIONI

 

“MIGRAZIONI, SEGNO DEI TEMPI:

CIELI E TERRA NUOVA IL SIGNOR DARà”

(cfr. Is 65,17)

 

15 gennaio 2006 - II Domenica del tempo ordinario

 

«I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. Ma egli rispose: “Quando si fa sera, voi dite: Bel tempo, perché il cielo rosseggia; e al mattino: Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo. Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi? Una generazione perversa e adultera cerca un segno, ma nessun segno le sarà dato se non il segno di Giona”. E lasciatili, se ne andò» (Matteo 16,1-4).

Non è cosa cattiva chiedere o cercare segni dal cielo, però, come per i farisei e i sadducei del vangelo, questa richiesta è motivata dal fatto che non riusciamo a vedere quei segni che ci sono già dati, perché attendiamo segni che corrispondano all’idea di Dio e del progetto della storia che noi ci siamo fatti. Eppure Dio con generosità ‘moltiplica’ i segni dei tempi sotto i nostri occhi.

L’espressione “segni dei tempi” ha perso un po’ del suo significato originario, il suo uso è diventato quasi generico e banalizzato. Tutto tende ad essere considerato “segno dei tempi”: dalla diffusione dilagante del cellulare agli incidenti del “sabato notte”, dalla passione per il pettegolezzo (ribattezzato gossip) al fast Food, e così via. Per Gesù, invece, “segni dei tempi” sono segni caratterizzati da valori forti, collegati con il Regno di Dio che lui ha inaugurato e che si sta realizzando nella storia di oggi.

Sono segni gli “eventi” pieni di liberazione e di salvezza che si rendono evidenti nella storia e nei quali è possibile leggere l’opposizione tra il peccato dell’uomo e la Grazia di Dio. I “segni dei tempi” rendono più  visibile il peccato che altrimenti sarebbe difficilmente intravisto e valutato e il dono di Dio che anticipa la redenzione definitiva. L’invito di Gesù a riconoscere i segni dei tempi è rivolto agli esseri umani di tutte le generazioni ed a noi in particolare, che di fronte alle immani sfide del nostro tempo ci ostiniamo a cedere alla tentazione pessimistica (“si stava meglio prima!”), o a quella individualista (“a me va bene così!”), o ancora a quella dettata da ideologie integriste e giustizialiste (“bisognerebbe fare pulizia di...”).

Una delle preoccupazioni maggiori delle Comunità ecclesiali è il processo di secolarizzazione inteso come progressivo affrancamento della società dai sistemi religiosi e sacrali che comporta anche una disaffezione e allontanamento dei singoli dalla istanza religiosa (culto, etica, valori). Questa preoccupazione mette in moto progetti di recupero di una visibilità che sembra stia svanendo. Occorre fare attenzione a non leggere la nostra realtà ecclesiale con i nostri modelli occidentali, se cediamo alla tentazione di assolutizzarli e di universalizzarli si corre il rischio di diventare etnocentrici.

L’occidente non è più di un quarto dell’umanità mentre i restanti tre quarti vivono in una condizione di sub-umanità, di povertà estrema, di oppressione, di guerra, di carestia, di fame, di distruzione di intere etnie. Siamo perciò responsabili e colpevoli se ci limitiamo a discernere i segni dei tempi, senza leggerli alla luce dell’unico solo segno: Cristo Gesù.

Gesù si è incarnato in “questa” storia, in “questo” tempo: un tempo ed una storia che dobbiamo imparare a leggere con “simpatia”, perché “luogo” in cui Dio non ha esitato a “mandare” suo figlio. E Lui, il Gesù storico, lo “specifico” cristiano. Nonostante tutte le contraddizioni noi crediamo che Dio sia presente e riveli il cammino di salvezza nelle esperienze della storia - sacra e profana allo stesso tempo.

Il fenomeno migratorio è tipico di ogni epoca, anche se con connotazioni diverse e diverse letture; in genere ci si sofferma sulla situazione di “espulsione” generata dalle condizioni di vita di chi parte o sul potere di “attrazione” generato dai paesi occidentali. A noi cristiani è chiesto, invece, di fare una lettura diversa, a porci qualche domanda non sul fenomeno storico-umano ma su cosa Dio ci sta suggerendo con questi fatti, quali pagine del Vangelo sono rimaste sopite nel nostro mondo e devono essere risvegliate. Quale “terra”  e quale “cielo” nuovo Dio sta mettendo nella nostra prospettiva. Significative sono le Parole di Papa Benedetto XVI: “Sperimentiamo proprio qui a Colonia quanto sia bello appartenere a una famiglia vasta come il mondo, che comprende cielo e terra, il passato, il presente e il futuro”.

 

PRIMA LETTURA (1Sam 3, 3-10.19)

Samuele, colui che sarà grande sacerdote e grande profeta in Israele, è chiamato in modo personale e diretto a servire Dio. Domandiamoci: “Un’illusione? Un sogno?”. E Dio a prendere l’iniziativa e si compiace a scegliere i piccoli che ancora non lo hanno “conosciuto”. Dalla disponibilità all’ascolto Dio fa conoscere la sua volontà su Samuele che è per tutto il popolo.

 

SALMO RESPONSORIALE (Sal 39, 2.4ab; 7-8a; 8b-9;10)

Il Salmo annuncia la vocazione del futuro Messia per portare al mondo la salvezza. La risposta “Ecco, io vengo” risuona di tutte le risposte dell’uomo che si mette al servizio della Volontà di Dio. Solo una risposta decisa in questo senso diventa rottura con le reiterate abitudini cultuali senza prospettiva.

 

SECONDA LETTURA (1Cor 6, 13c-15a.17-20)

Il corpo non è il contenitore disprezzabile dell’anima, ma è “membra di Cristo”, “tempio dello Spirito Santo”, destinato alla risurrezione con il Signore. Il tema fondamentale della lettera di san Paolo ai Corinzi è l’unità della Chiesa del Cristo. Essa si rompe non solo con le discordie, ma anche attraverso l’uso sbagliato della libertà personale.

 

VANGELO (Gv 1,35-42)

Giovanni ci racconta l’incontro con il Signore, una specie di passaparola, dal Battista ad Andrea e Filippo per poi raggiungere Simone e Natanaele. E un incontro umano: la condivisione di una giornata e di una casa. Il racconto esprime l’attesa e la ricerca degli israeliti e la disponibilità del Signore a farsi trovare. Ma l’incontro non è privo di una prospettiva, di una vocazione specifica: “ti chiamerai Cefa” (che vuol dire Pietro).

 

SPUNTI DI RIFLESSIONE PER L’OMELIA

Il Vangelo di oggi racconta che un giorno Giovanni Battista fissò lo sguardo su Gesù dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio”, attirando così l’attenzione di due suoi discepoli. Per i due discepoli inizia un cammino nuovo: lasciano il Battista e “seguono” Gesù, gli chiedono dove “abita”, vanno a “vedere” e “restano” con lui quel giorno. Andrea, subito cerca suo fratello e lo porta da Gesù, che “posa il suo sguardo su di lui” e lo chiama “Kefa”; Filippo fa conoscere la sua scoperta a Natanaele.

L’incontro casuale, la conversazione, le parole, lo sguardo hanno determinato in qualche modo la vita di questi uomini. Non possiamo ancora parlare di una effettiva chiamata, piuttosto l’inizio di una storia orientata ad una Vocazione specifica a servizio del Regno di Dio.

Si parla spesso di vocazione come di una “voce” sentita nelle profondità del proprio essere, a volte in sogno, incomprensibile come nel caso del giovane Samuele. Questa chiamata può giungere anche in molti altri modi: gli avvenimenti della storia personale ci portano a prendere decisioni che sono impegnative per la nostra vita e che corrispondono, anche inconsapevolmente, ad un progetto di Dio che ci coinvolge o coinvolge altri. Ha scritto S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) : “... la strada della vita fa maturare la vocazione di ciascuno e la fa comprendere chiaramente agli altri uomini. La natura di un essere umano, però, e lo svolgersi della sua vita non sono semplice gioco del caso, ma - considerati con gli occhi della fede - sono opera di Dio”.

Il fenomeno migratorio (ed in genere quello della mobilità umana) lo possiamo e lo dobbiamo ridurre semplicemente ad un fatto motivato da necessità, disagio, desiderio di miglioramento, da tradizione familiare (come nel caso dei Circhi e Lunapark), da esigenze di lavoro (come per i naviganti), da motivi etnici (come per i Sinti e Rom), oppure possiamo dargli il senso di una vera e propria vocazione?

Noi apparteniamo a Dio e non a noi stessi. Paolo lo ricorda ai Corinti per esortarli a comportarsi da cristiani nei riguardi del loro corpo, ma il discorso deve farsi più ampio… è nella nostra corporeità, nella nostra realtà concreta, storica che ci è possibile offrire a Dio il nostro “culto spirituale” (Romani 12,1). E la nostra vita, la nostra storia che parla del nostro rapporto con Dio, che costruisce il suo Regno, che può diventare segno od ostacolo del piano di Salvezza.

Ora, se i fenomeni della mobilità umana sono una vera vocazione, allora significa che Dio dona all’umanità il sacrificio di queste persone per la costruzione del suo Regno; la loro storia diventa un “segno dei tempi”, non per l’impatto che crea, ma per l’esigenza di riflessione e conversione che provoca.

La multietnicità delle nostre città non ci provoca forse la ricerca di una più autentica identità? La multiculturalità non è forse occasione di scambio e di ricchezza? La partecipazione di immigrati alle nostre liturgie non è richiamo forte alla universalità (cattolicità) della chiesa? La freschezza e la semplicità della loro fede non ci chiede di scuoterci la polvere e le ragnatele che vi abbiamo fatto crescere? La presenza islamica non ci richiama la necessità di una più chiara testimonianza? I bisogni di tanti non ci provocano alla solidarietà e condivisione? La provvisorietà della loro esperienza non ci è di pungolo rispetto al senso di eccessiva stabilità delle nostre prospettive?

Ma ancora di più: lo sforzo degli uomini, il sacrificio nell’abbandono di certezze di affetti, di cultura e di religione, la ricerca di prospettive nuove in terra straniera non è di richiamo al fatto che su questa terra siamo tutti stranieri e di passaggio in attesa di “cieli e terra nuova” che il Signore Dio ha preparato per l’umanità?

 

PREGHIERA DEI FEDELI

Celebrante: Signore, tu sei un Dio che agisce in mezzo a noi e ci chiami a costruire il tuo Regno. Il tuo Spirito è all’opera per far crescere la giustizia, l’amore, l’unità e la pace. Con libertà e speranza, nonostante le nostre debolezze, ti invochiamo dicendo: “Donaci, Signore, cieli e terra nuova!”.

- Tu hai fatto di tutti i popoli la tua  Chiesa: aiutaci a guardare il mondo alla luce del Vangelo, colmaci dei tuoi doni di santità e  sostieni il nostro cammino e i nostri sforzi per  vivere le meraviglie dell’unità e della pace in comunione con tutti coloro che ti cercano con cuore sincero.  Preghiamo:

“Donaci, Signore, cieli e terra nuova!”

- Tu ci hai chiamato con il soffio leggero della tua Parola: fa’ che diventiamo capaci di dar  gloria al tuo nome con il nostro lavoro  quotidiano, con le nostre parole, con le nostre  attività, con i nostri atteggiamenti, con le nostre relazioni, con il nostro servizio ai fratelli e alla  Chiesa. Preghiamo:

“Donaci, Signore, cieli e terra nuova!”

- Tu bussi alla nostra porta nel volto dei fratelli: apri i nostri occhi e squarcia la nostra indifferenza, rendici capaci di guardare al di là dei nostri piccoli confini, fa’ scorgere in loro un segno forte della tua benevolenza che ci richiama a vivere nella verità e nella autenticità. Preghiamo:

“Donaci, Signore, cieli e terra nuova!”

- Tu chiami tutti noi a seguire il tuo Figlio,  Colui che ci hai inviato: liberaci da ogni odio e rancore,  rendici disponibili alla tua volontà e aiutaci a  soccorrere i poveri, difendere i perseguitati  ed essere compassionevoli con tutti quelli che sono provati dalla vita. Preghiamo:

“Donaci, Signore,  cieli e terra nuova!”.

- Tu ancora oggi chiami per questa umanità donne ed uomini per essere profeti e testimoni: accresci lo stupore riconoscente con cui li accogliamo e non permettere che l’abitudine della vita tolga la gioia della grandezza di questo dono. Preghiamo:

“Donaci, Signore,  cieli e terra nuova!”.

 

Celebrante: Padre, tu sei un Dio sempre fedele  nell’amore. Ti rendi presente nella nostra quotidianità e la colmi della tua grazia donandoci l’uno all’altro. Dacci la volontà di “seguire” il Figlio tuo, il desiderio di “abitare” con lui, la capacità di “vedere” il tuo Regno che sta crescendo nella storia degli uomini perché un giorno possiamo “rimanere” nei cieli nuovi e terra nuova che ha preparato per noi fino dalla fondazione del mondo. Che tu sia benedetto, con lo Spirito Santo e con il Tuo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore, per tutti i secoli dei secoli.