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Rom e Sinti: giustizia e innocenza (Pinuccia Scaramuzzetti)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/05


ROM E SINTI: GIUSTIZIA E INNOCENZA

 

di Pinuccia Scaramuzzetti

 

Perseguire la giustizia

Il titolo di questa Giornata delle Migrazioni: “Cieli e terra nuova il Signor darà” richiama subito la frase successiva: “In cui la giustizia sempre abiterà”. La giustizia…! Bisogna onestamente dire che la vita di molte donne e uomini viene spesa per raggiungere traguardi giusti,  molte energie vengono impegnate e la meta da raggiungere sembra così chiara ed evidente da giustificare ogni sforzo. Il cammino della giustizia si rivela però a volte tortuoso, ha delle implicazioni che ne offuscano la limpidezza e portano a chiedersi se ne valeva la pena, se realmente le persone per cui avevamo chiesto giustizia l’hanno ottenuta  o se abbiamo raggiunto soltanto una affermazione personale.  Nella migliore delle ipotesi c’è sempre un risvolto, una componente amara, qualcuno che paga per  un aspetto che non avevamo considerato.

Ingiustizie nella giustizia: tre esempi in meno di un anno

Mi vengono in mente le auto che accolgono gli sposi alla fine della festa: ben addobbate davanti e con le lattine legate al parafango posteriore. Davanti è la giustizia e dietro… il frastuono dei ciottoli.

1) Il processo contro la Lega Nord

Faccio un primo esempio per chiarire, anche se in misura parziale. Alla fine dello scorso anno si è concluso a Verona un processo in cui alcuni Sinti si erano costituiti parte civile contro membri della Lega Nord che nel 2001 avevano esposto cartelli con scritto: “Via gli zingari da casa nostra” e promosso a questo scopo una raccolta di firme. Queste persone sono state di conseguenza condannate per istigazione all’odio razziale. Neppure due mesi dopo, in una manifestazione promossa dallo stesso partito in città  per esprimersi contro la sentenza, il sentimento razzista, che in genere serpeggia nascosto, ha  acquistato una visibilità violenta. Successivamente, uno dei condannati ha avuto un grosso successo elettorale.

Quindi: i Sinti hanno avuto giustizia da un tribunale, forse per la prima volta; questo episodio ha catalizzato in un unico momento le ostilità, anche quelle in genere inespresse, acquistando una grossa visibilità anche mediatica;  personaggi politici potenti, avversari per cultura, hanno identificato personalmente un gruppo di Sinti e possono rendere loro la vita ancora più difficile negando spazi per sostare, creando difficoltà in ambito di assistenza sanitaria agli stranieri, ecc. Confesso che questo ci tiene in una posizione di ansia. 

Non è una rivendicazione dell’immobilismo, ma una presa di coscienza che oggi, qui, mentre camminiamo, il traguardo della giustizia si sposta sempre un po’ più in là e che proprio dove la società si mostra globalmente più ingiusta il suo conseguimento è più complesso ed ha maggiori implicazioni negative.

2) Accuse di pedofilia

Inizio dell’estate, ancora Verona. Questa volta fra gli indagati ci sono stati dei Rom e dei gage pedofili; vittime: bambini rom. Anche in questo caso, nell’operazione di giustizia, la generalizzazione coinvolge degli innocenti. Da un lato vi sono i Sinti che avevano vinto il processo a fine novembre,  che, in dichiarazioni rese ai giornali da alcuni dei leghisti condannati per istigazione all’odio razziale, vengono accostati a questi Rom creando confusione nei lettori. Dall’altro lato vi sono i nomi di alcuni operatori, accusati  di concussione (ma l’accusa non è stata provata), che nella confusione mediatica vengono elencati di seguito a quelli dei pedofili, generando l’ambiguità che si può immaginare e un forte senso di ingiustizia fra gli interessati e i loro amici. Nel caso dei Sinti, ma soprattutto in quello degli operatori, c’è stata una vera levata di scudi in difesa, ma, si sa, la stampa è un tribunale che non perdona e quello che è stato scritto resta scritto.

è anche un tribunale dove non esiste un difensore d’ufficio, quindi viene difeso chi ha “un avvocato competente”, cioè chi ha degli amici che sanno tenere la penna in mano. Circa sei mesi prima, ad esempio, un Rom, Nistor, venne accusato di stupro. Da nessuna parte è stata scritta la notizia che è risultato innocente, forse perché il colpevole era un altro Rom e un Rom vale l’altro.

3) L’occupazione della Chiesa

Questa umanità che ci rende a volte vittime e a volte colpevoli, o anche vittime e colpevoli insieme, percorre il nostro quotidiano e questo ci porta a considerare il terzo episodio. I Rom rumeni, ospiti del Comune in un’area demaniale, devono venir trasferiti in un’area comunale entro agosto. Alcune famiglie non avranno il permesso di entrare nel nuovo accampamento, sembra perché non siano in regola con il permesso di soggiorno,  probabilmente anche perché ritenute non idonee al progetto educativo in corso, anche se questa ipotesi non viene mai espressa. Dopo  trattative inconcludenti, i Rom, guidati da membri dei centri sociali, occupano la chiesa per acquistare visibilità e poter trattare. Le numerose persone coinvolte hanno portato successivamente in evidenza diversi livelli di verità dette o taciute e soprattutto tante domande che riguardano: il Comune e l’Associazione da lui delegata, i Rom, i gage che  hanno occupato la chiesa, la relazione fra i mezzi usati e lo scopo, la scelta di “quella chiesa” tradizionalmente accogliente verso ogni gruppo di stranieri, le trattative con la questura, le forze politiche, la ricerca di visibilità per i Rom e per le altre persone implicate.

La conclusione è che, dopo tre giorni, la questura promette la regolarizzazione ai Rom che ne hanno diritto, la chiesa viene lasciata libera e tutti i Rom vengono trasferiti nell’area comunale. Questo ha in un certo senso legittimato l’uso di certi mezzi come l’occupazione, si è ottenuta la mediazione della chiesa locale anche se con metodi un po’ coercitivi, gli operatori sociali sono stati delegittimati, l’accampamento allestito dal Comune, criticabilissimo rispetto alla logistica, appare un luogo ambito. Qualche giorno dopo la bomba: al controllo delle impronte digitali, tre Rom fra quelli ritenuti regolarizzabili vengono incarcerati perché già in possesso di mandato di espulsione. La situazione si rovescia: risalgono le quotazioni degli operatori comunali e scendono quelle dei centri sociali. Le alleanze eo i rancori si sprecano. Globalmente si percepisce che le istituzioni non si lasceranno più cogliere in fallo, ma questa è una spada di Damocle appesa sulla testa dei Rom che sono in una situazione precaria: non è detto che chi ha un permesso di salute ad esempio per gravidanza, se lo veda rinnovare. Anche in questo caso si può dire che la giustizia sia stata perseguita in modo “approssimativo” e incerto, lascia dietro di sé molti punti interrogativi. è una giustizia molto terrena ed è diversa da quella che ci è promessa nei nuovi cieli e nella terra nuova.

Gli innocenti

Questi episodi hanno a che fare con una giustizia che si misura, che si pesa: non è un caso che il simbolo della giustizia in tribunale sia la bilancia. Lì la parola innocente significa “non colpevole”.

Nella chiesa che è fra i Rom e i Sinti però ho conosciuto molti cui non tornavano i conti, amici con un altro sentire, che, di fronte ad alcune persone che pure avevano esperienze di alcolismo e di carcere, avevano una percezione altra, la percezione di un animo pulito, di bambino, di un animo innocente. E’ anche la sensazione trasmessa dall’autore di quel libricino che è “La leggenda di un santo bevitore” o da certi personaggi dei film di Fellini. Anch’io ho davanti agli occhi delle immagini: una donna non più giovane, vagamente ebbra, che volteggiava con i capelli sciolti e i tacchi a spillo, protesa ad accogliere e ad  entrare in relazione;  un uomo, con una storia pesante alle spalle, la cui massima aspirazione però è avere amici alla propria tavola, che non rifiuterebbe mai un prestito a chi è nel bisogno e che riacquista uno sguardo smarrito quando sul suo volto ricompare il suo sorriso di bambino; un’altra donna in cui l’essere madre e moglie risucchia tutto il suo essere, ma non rifiuta a nessun estraneo la sua compassione, il suo cibo, la sua casa...; un’altra donna ancora che in preda al vino, seduta su una panca prega: “Dio, non ti dimenticherò mai…”. è la purezza del cuore che trasborda oltre le azioni e nonostante le azioni, una vita vissuta, donata e patita. Una vita, in questo senso, giusta.

Rom e Sinti, dono di Dio

Credo che sia la percezione di questa innocenza, di questa prospettiva altra, il vero dono che abbiamo ricevuto nella chiesa nomade: è come stare in silenzio per sentire il vento, lo stormire delle foglie…  Non servono tanti discorsi, bisogna farne l’esperienza. Penso alle persone che Gesù incontra nel Vangelo: la Samaritana, Zaccheo ed altri…Sono due le letture: si può pensare che Gesù incontra questi peccatori e li converte oppure che Gesù, che ascolta il soffio della brezza leggera, avverte in queste persone  un sentire diverso da quello che gli altri attribuiscono loro e crea l’occasione dell’incontro. Anch’essi sono degli innocenti  e questa esperienza non è giustificare l’errore, precisare ipotesi e tesi, far quadrare i conti “del sociale”, ma è assaporare il futuro e anticiparlo,  loro sono i cieli nuovi qui, oggi.