» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Catechesi Mons. Forte 17/8/05


Servizio Nazionale per la pastorale giovanile - RICERCARE LA VERITA', SENSO PROFONDO DELL'ESISTENZA UMANA


RICERCARE LA VERITA´, SENSO SPROFONDO

DELL´ESISTENZA UMANA

“Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella” (Mt 2,2)

Mons. Bruno Forte – Arcivescovo Metropolita di Chieti–Vasto

 


 “Siamo venuti per adorarlo” (Mt 2,2): così affermano i Magi alla vista del Bambino. Nella notte del mondo, nella notte del cuore, essi si sono fatti pellegrini, guidati da una stella, per andare alla ricerca di Colui, che dà senso alla vita e alla storia. Giunti alla Sua presenza – la presenza tenerissima di un Bambino – hanno fatto l’unica cosa degna dell’incontro con la Verità in persona: lo hanno adorato. Proprio così, i Magi rappresentano tutti i cercatori della verità, pronti a vivere l’esistenza come esodo, in cammino verso l’incontro con la luce che viene dall’alto, a cui aprirsi nell’adorazione, che cambia il cuore e la vita.

 1. Nella notte del mondo… I Magi pellegrini nella notte rappresentano tutti i cercatori della verità, non solo chi crede e credendo ama l’invisibile Amato, attendendo nella speranza l’incontro della gloria futura, ma anche chi cerca non avendo il dono della fede. Il cosiddetto ateo, quando lo è non per semplice qualificazione esteriore, ma per le sofferenze di una vita che lotta con Dio senza riuscire a credere in Lui, vive in una medesima condizione di ricerca, di viva e spesso dolorosa attesa. La non credenza non è la facile avventura di un rifiuto, che ti lasci come ti ha trovato. La non credenza seria – non negligente e banale – è passione e sofferenza, militanza di una vita che paga di persona l´amaro coraggio di non credere. Lo mostra il celebre aforisma 125 della Gaia Scienza, dove Nietzsche racconta del folle che nella chiara luce del mattino andò sulla piazza del mercato, tenendo accesa la lucerna e gridando: «Cerco Dio, cerco Dio». «Dov´è Dio? Si è addormentato o si è perso come un bambino?» – domandano gli altri, prendendosi gioco di lui. E lui grida le parole, che segnano il destino di un´epoca: «Dio è morto... e noi lo abbiamo ucciso!» Ma subito dopo quelle parole aggiunge: «Saremo noi degni della grandezza di questa azione?» E denuncia la verità del dolore infinito di non credere, il senso di una notte che è sempre più notte, di un abbandono, che è percezione di un’infinita orfananza.
Lo stesso senso di lacerazione profonda si trova nella pagina, che segna l´inizio del tema della morte di Dio nella coscienza europea, il Sogno del Cristo morto, scritto sul finire del XVIII secolo da Jean Paul Richter, poeta romantico tedesco. E un racconto, che parla con la forza della metafora: «In una sera d´estate me ne stavo disteso su un monte in faccia al sole, finché mi colse il sonno. Ed ecco che sognai di svegliarmi in un campo di morti. Tutte le ombre erano disposte intorno all´altare e a tutte, invece del cuore, tremava e pulsava il petto. Ed ecco che precipitò sull´altare una nobile figura atteggiata a un dolore senza fine. E tutti i morti gettarono un grido: “Cristo, Cristo, esiste un Dio?”. L´ombra di ogni defunto fu scossa da un sussulto e a cagione di quel tremito l´uno si trovò disgiunto dall´altro. Cristo parlò: “Andai per i monti, entrai nei soli e nelle vie lattee, percorsi i deserti del cielo, ma non esiste alcun Dio. Scesi nell´abisso, scrutai nella voragine e gridai: Padre dove sei? Ma udii solo l´eterna procella che nessuno governa e lo sfavillante arcobaleno di esseri che stava lassù senza un sole che lo avesse creato...tutto, tutto era un grande vuoto”. I fanciulli defunti che si erano destati nel cimitero si gettarono dinanzi all´alta figura presso l´altare e gridarono: “Gesù, non abbiamo noi un padre?”. E lui prorompendo in lacrime disse: “Noi siamo tutti orfani, io e voi. Non abbiamo alcun padre”. E tutto si fece angusto, tetro angoscioso. Un battaglio enormemente grande stava per battere l´ultima ora del tempo per frantumare l´universo, quando mi ridestai. La mia anima piangeva dalla gioia di poter ancora adorare Dio». Questa pagina mostra come il non credere sia indissociabile dall´infinito dolore dell´assenza, da un senso di solitudine e d´abbandono, quale solo la morte di Dio può creare nel cuore dell´uomo, nella storia del mondo.
Il non credente pensoso, come il credente non negligente, è perciò un uomo in ricerca, che lotta con Dio: proprio così alla ricerca della verità, pellegrino nella notte, attratto e inquietato da una misteriosa stella. «Mi religion es luchar con Dios», dirà di sé Miguel de Unamuno, il testimone del «sentimiento tragico de la vida»: la mia religione è tutta qui, «lottare con Dio». E poichè «vivir es anelar la vida eterna», il vivere è inesorabilmente segnato dalla tragicità di dover sostenere l´impari lotta. E questa l’altissima dignità del cercare la verità da parte di ciascuno, credente o non credente che sia. E la sola, vera notte del mondo è quella di chi non si riconosce in esodo, pellegrino verso una patria desiderata, ricercata e attesa…

S.E. Mons. Bruno Forte - Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto