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Il Beato G.B. Scalabrini e la pastorale d'insieme nelle migrazioni (B. Mioli)
Centenario della morte del Beato G.B. Scalabrini

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/05


centenario della morte del beato g.b. scalabrini

 

iL BEATO G.B. SCALABRINI E LA PASTORALE D’INSIEME NELLE MIGRAZIONI

 

di Bruno Mioli

 

Pioniere e profeta

Pastorale d’insieme: una parola nuova, ma l’esigenza che essa sottende è molto antica e non mancano nelle passate generazioni forti testimonianze di pastorale unitaria, ricercata e realizzata, anche in campo migratorio. E qui il Beato Scalabrini può essere ritenuto un pioniere, oltre che un profeta. In fatto di pastorale, la sua passione perché nella Chiesa italiana, anzi nella Chiesa cattolica, si raggiungesse il più possibile unità d’intenti, di metodi e di programmi appare con chiara evidenza ed è stimolante anche per i nostri giorni. E una passione del resto che non si limita al campo migratorio, ma si estende ad ogni altro settore: si estende, ad esempio, al suo impegno per il catechismo nazionale unico in Italia, alla sua insistente e sofferta mediazione fra transigenti e intransigenti per affrettare il giorno della conciliazione fra Chiesa e Stato. Tuttavia è l’emigrazione italiana il campo privilegiato della sua azione all’insegna di una pastorale unitaria e integrata. Fa una meraviglia che un fenomeno assolutamente nuovo qual era a quel tempo l’emigrazione di massa sfuggisse all’attenzione del mondo ecclesiale, facile nelle lamentose denunce di quella incontenibile emorragia di sangue italiano, ma lontano dall’affrontare il problema concretamente con una adeguata azione pastorale come fece Scalabrini cercando di coinvolgere, assieme alla sua diocesi di Piacenza, le altre diocesi d’Italia, anzi tutta la Chiesa presa nella sua dimensione di cattolicità.

Fra i molteplici ambiti in cui si è esplicata la sua instancabile opera per una pastorale d’insieme per gli emigranti, ci limitiamo a indicarne tre posti a livelli nettamente diversi l’uno dall’altro.

Ambiti di azione

Il primo è su un piano strettamente pastorale, posto anzi al vertice della pastoralità perché riguarda i confratelli nell’episcopato. Tra i Vescovi infatti in primo luogo era necessario suscitare l’attenzione per un’azione concorde e convergente, cosa non facile a quel tempo quando le diocesi italiane non erano collegate tra loro a modo di Conferenza Episcopale, ma dipendevano direttamente dalla S. Sede. Il Vescovo di Piacenza ha messo anzitutto in moto i suoi rapporti personali con diversi Vescovi, ad esempio con quello di Cremona, Mons. Geremia Bonomelli cui lo legava una stretta amicizia o con quello di Udine, al quale nel febbraio 1889 scriveva: “Si contano, Monsignore veneratissimo, a milioni in America, i nostri poveri connazionali, costretti a vivere ed a morire come bestie ed ogni Vescovo italiano, qual più qual meno, conta ivi un gran numero di figli emigrati!”. Per un’azione più allargata ed efficace Scalabrini indusse l’Arcivescovo di Genova, il Beato Tommaso Reggio, a scrivere nel 1894 a tutti i Vescovi dell’Alta Italia, i cui diocesani in partenza per l’America si imbarcavano quasi tutti al porto di Genova; due anni prima, nel 1992, si adoperò perché pervenisse a tutte le diocesi una lettera firmata dai Metropoliti di varie regioni e sottoscritta da altri 34 vescovi; in quello stesso anno scrisse egli stesso a tutti i vescovi italiani richiamando con accenti accorati che tutte le loro diocesi fornivano “un contingente più o meno largo a questo esodo doloroso”; l’anno precedente, su sua insistente sollecitazione, la stessa Santa Sede era intervenuta per due volte con circolare a tutti i Vescovi italiani.

A che cosa miravano tutte queste stimolazioni? Ad aiutare i Vescovi a prendere coscienza del grave problema e dare il proprio contributo alla sua soluzione in forme concrete, ad esempio mettendo a disposizione sacerdoti da inviare in America, istituendo in diocesi un comitato permanente e una apposita giornata di sensibilizzazione e di solidarietà. Allo stesso tempo, con un lavoro più delicato ma altrettanto tenace, egli si dedicò a sensibilizzare i Vescovi d’oltreoceano sia degli Stati Uniti che del Brasile. Sua preoccupazione era che in Italia e in America il problema dell’assistenza religiosa venisse affrontato in modo concorde nei singoli Paesi e che ai sacerdoti italiani inviati in forma ufficiale e concordata in quelle Chiese fosse riservata buona accoglienza e concessa la necessaria autonomia di azione. Autonomia di azione, ma in piena comunione col Vescovo locale, come spesso raccomandava: “Obbedienza prima di tutto ai venerandi Pastori delle diocesi americane… Guardatevi bene dall’intraprendere mai cosa alcuna senza il beneplacito di colui che lo Spirito Santo pose a reggere la diocesi nella quale vi trovate”. Analoga raccomandazione di fraterna comunione viene ripetuta nei confronti degli altri sacerdoti diocesani o stranieri, addetti essi pure alla cura pastorale dei loro connazionali.

Altro obiettivo, di fondamentale importanza per Scalabrini, era la promozione di un laicato bene organizzato nell’assistenza agli emigranti. Molto si dette da fare con l’Opera dei Congressi perché gli emigranti fossero fra le sue attenzioni primarie; cercò contatti anche con la benemerita Associazione Nazionale di Firenze per soccorrere i missionari italiani all’estero; ma il suo impegno si concentrò sulla “Società di Patronato per la emigrazione italiana” il cui scopo, come diceva lo Statuto (art. 2) era quello “di cooperare a mantenere vivi nel cuore degli italiani emigrati, insieme colla fede, il sentimento di nazionalità e l’affetto verso la madre patria e di procurare il loro benessere morale, fisico, intellettuale, economico, civile”, ambito specifico dei laici. Allo scopo dovevano sorgere, e di fatto sono sorti, gruppi o comitati in diverse città italiane, nei porti d’imbarco e di sbarco e in alcune grandi città del Nord America. Si noti quel cooperare che viene meglio precisato nell’articolo successivo con coadiuvare i missionari nella loro specifica attività pastorale “in armonia con essa”. Dunque anche qui la preoccupazione per un lavoro unitario sintonizzato sul fondamentale compito dell’evangelizzazione condotta anche attraverso le tante opere di promozione sociale e caritativa.

Non era estraneo a Scalabrini anche quanto si agitava sul piano politico, per quanto riguardava l’emigrazione. è un punto molto importante e complesso, sul quale vale la pena ritornare più diffusamente nella prossima puntata. Basti qui ricordare la parte da lui avuta personalmente, grazie a diretti contatti con uomini del parlamento e del governo, e attraverso i suoi missionari e la Società S. Raffaele, che hanno messo a disposizione tutta la loro esperienza maturata in quegli anni cruciali: tale contributo ebbe risultato deludente in riferimento alla legge del 1888, non altrettanto per la legge del 1901, soprattutto perché pose un freno alle speculazioni invadenti degli agenti e sub-agenti di emigrazione. L’interesse di Scalabrini si portò anche su altri problemi scottanti, come quello della trasmissione delle rimesse dagli USA all’Italia e della scuola in Brasile per i figli di italiani, a proposito della quale fece la proposta di sostituire per i chierici i tre anni di servizio civile con quattro anni di insegnamento nelle scuole aperte dai missionari per i coloni italiani.

Il suo “testamento pastorale”

Può veramente essere considerato come un testamento la sua proposta, rivolta a Papa Pio X pochi mesi prima di morire, mentre era in Brasile, profondamente scosso dalle condizioni in cui versavano gli emigrati non solo italiani ma pure di altre nazionalità: costituire a Roma, a fianco della Congregazione Pontificia De propaganda fide, un’altra Congregazione Pro emigratis catholicis, che si prendesse cura dei migranti cattolici di qualunque lingua e nazionalità. La proposta venne formulata in modo dettagliato al suo ritorno in Italia, nel maggio 1905, nelle settimane che hanno preceduto la sua morte. Questa proposta di centralizzazione del problema migratorio dice chiaramente quanto per lui le migrazioni dovessero maggiormente trovar posto nel cuore della Chiesa, come evento da accostare alla grande opera di evangelizzazione. Un pioniere dunque Scalabrini nella pastorale delle migrazioni e insieme un profeta perché il seme da lui gettato in questi ultimi cinquant’anni ha cominciato a germogliare fino a diventare spiga matura con l’istituzione dell’organismo centrale che oggi si chiama “Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti”.