la cEI PER LA PASTORALE DELLE migrazioni
di Silvano Ridolfi
“Con il coraggio della fede e l’audacia della carità vogliamo riconoscere che l’intenso e multiforme migrare di così tante persone è in primo luogo per le nostre comunità un vero areopago di evangelizzazione” (Lettera del Consiglio Permanente CEI alle comunità cristiane su migrazioni e pastorale d’insieme, 2004, n. 1).
è una affermazione pregnante e conclusiva del Convegno di Castelgandolfo (febbraio 2003) sulle migrazioni, progettato e gestito congiuntamente da tre Uffici CEI: fede e annuncio, cooperazione tra le Chiese, migrazioni.
Un cammino guidato dalla fede, la quale esige da parte sua un riscontro nella testimonianza, che si concretizza in servizi di fraterna accoglienza e di preciso sostegno. Pre-evangelizzazione, quindi, ed annuncio di nuova evangelizzazione si intrecciano e vanno coniugati insieme nell’agire cristiano. Cioè, se è vero che la missione è venuta a noi, è importante sapere che noi siamo missione.
Sono considerazioni preliminari e propositi successivi maturati in un Convegno davvero innovativo nel metodo e nelle prospettive che non può insabbiarsi nell’entusiasmo di un gradito incontro, ma deve avere un seguito operativo e costituire una svolta nel metodo (la concertazione) e negli sviluppi (la cooperazione).
E allora se questo Convegno dei tre ricordati Uffici CEI con il dovuto e pronto recupero della Caritas rappresenta un positivo sviluppo nella strategia di sinergie pastorali, i primi frutti che ne sono scaturiti sono di notevole importanza: il “Messaggio alla Chiesa che è in Italia” prima, firmato dai tre Presidenti delle rispettive Commissioni Episcopali, e poi la “Lettera alle comunità cristiane” del Consiglio Episcopale Permanente della CEI su “migrazioni e pastorale d’insieme”. Quest’ultimo documento rappresenta un traguardo ecclesiale di notevole rilevanza che deve avere ora una ricaduta di metodo e di contenuti nelle Chiese locali d’Italia. Vi viene infatti individuato nelle migrazioni “un vero kairos, un fattore qualificante di rinnovamento per la parrocchia, se questa saprà valorizzare e sviluppare nei confronti dei migranti le potenzialità missionarie già presenti, anche se in forma latente, nella pastorale ordinaria” (n. 1).
Ed è proprio questo inserimento della pastorale per i migranti nella pastorale ordinaria, che coinvolge parrocchie, organismi e gruppi ecclesiali e di ispirazione cristiana, l’importante ulteriore indicazione del Consiglio Permanente: “una pastorale d’insieme di ampio respiro missionario” (n. 1). Ne consegue la necessità di una “conversione pastorale”. Ma è la Chiesa stessa che viene interrogata e provocata a “continua conversione” con la presenza dei migranti (n. 2).
Cammino ecumenico, dialogo interreligioso, primo annuncio del Vangelo, “nuova evangelizzazione”, esercizio della carità e pratica della giustizia sono alcune conseguenze e concreti ambiti di azione pastorale legati alla nuova situazione interculturale ed interconfessionale della nostra società. Il Consiglio Permanente ci spinge ad indicare alla diocesi italiane alcuni settori prioritari di una “pastorale d’insieme”.
Queste poche e fugaci osservazioni non intendono sostituire, bensì invitare alla lettura e orientare nella comprensione della “Lettera” per riflettere sugli approfondimenti necessari per una sua attuazione nel territorio. Avendo l’avvertenza di seguire il metodo già sperimentato positivamente a Castelgandolfo, di instaurare, cioè, e/o consolidare “forme di coordinamento agile e snello, ma stabile e riconosciuto” (n. 5) tra le varie strutture ecclesiali, eventualmente a livello diocesano o interparrocchiale.
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