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Convegno di Bellaria: Messaggio finale (L. B. Belotti)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 3/05


convegno di bellaria

 

MESSAGGIO FINALE

 

di Lino Bortolo Belotti

 

Carissimi, vi accontenterete di alcune mie riflessioni anche se non sono stato presente a tutto lo svolgimento del convegno.

Un convegno ricco e stimolante

Il tema “L’operatore pastorale in contesto migratorio: tra memoria e futuro” è stato sviluppato e approfondito con ricchezza di riflessioni e di significative esperienze. Ad esempio, hanno fatto chiaramente riferimento alla loro esperienza di emigrazione Padre Graziano Tassello e il Vescovo Gianfranco Todisco. Esperienze certamente ricche dove la collaborazione con la Chiesa locale, il contatto con i migranti, la convivenza, il rispetto delle diverse culture vanno armonicamente rispettate e valorizzate. Possiamo dire che le due esperienze sono lo specchio di altrettante esperienze vissute da voi.

Una allusione al tema abbastanza chiara è stata fatta da un Delegato con le tre immagini: della stazione che richiama l’accoglienza, della piazza che personifica la condivisione e l’incontro col diverso, della comunità pastorale dove i migranti si sentono Chiesa.

Anche il richiamo ai due discepoli di Emmaus è stato occasione per analizzare a fondo il fenomeno migratorio e la figura degli operatori pastorali, come pure le tre piste: quella del del buon samaritano come risposta di emergenza; di Sichem o dialogo dell’amicizia; dell’areopago o della evangelizzazione, ma il discorso s’è fermato lì, meritava uno sviluppo.

Bella veramente la relazione del biblista che ci ha presentato la memoria vicina con i ricchi e profondi documenti conciliari e postconciliari nonché le note pastorali della Chiesa italiana; la memoria lontana col commento al cap. 3 e 4 della II lettera di Paolo a Timoteo che ci chiama a mettere la Parola di Dio a base della nostra attività pastorale. Su di essa saremo giudicati.

Brillante poi la seconda lezione del teologo Staglianò che ci ha con forza rassicurato che Dio non è una dottrina, ma incontro salvifico, rapporto personale, compagno di strada, amore all’uomo… un Dio che si fa vicino e persona in Gesù Cristo crocifisso.

Queste e tante altre idee e principi devono informare e stimolare iniziative pastorali nel mondo migratorio. Gli operatori pastorali non possono ignorarle e non pochi sacerdoti, suore e laici hanno offerto la loro testimonianza al riguardo.

L’identikit dell’operatore pastorale

A questo punto tento di tracciare un identikit dell’operatore pastorale in migrazione.

Dalla memoria l’operatore pastorale deve trarre:

- disponibilità ed adattamento: servizio con molta generosità, ma anche con atteggiamento da volontariato, forse per l’abbandono cui erano stati lasciati gli operatori pastorali;

- atteggiamento di chi riceve più di chi dà.

In forza dell’esperienza l’operatore pastorale deve sentirsi:

- inviato dalla terra di origine e non a titolo personale;

- accolto e motivato dalla terra di arrivo: non isolato;

- capace di mediare: le due chiese, le due sponde.

Infine l’operatore pastorale nutre il desiderio e l’attesa:

- che inculturazione non significhi solo lingua ma anche affetto e sensibilità;

- che ci sia ricambio (preti, suore, laici);

- che la Chiesa di arrivo si responsabilizzi, non si ritiri, relegando alle strutture locali il tutto;

- che le comunità migranti siano componente dell’unica Chiesa locale. La frase “non ci sono stranieri” non significa livellamento, annullamento della propria identità, assimilazione.

Richiamo a Giovanni Paolo II

Non so se voi sapete che “i giapponesi quando pregano chiudono gli occhi”. A un certo punto anch’io ho chiuso gli occhi e mi sono messo a riflettere, più che a pregare, su quanto in questi giorni trascorsi dopo la morte del Papa ho visto, ascoltato, interiorizzato. Mi sono accorto che l’esempio, l’esperienza, l’insegnamento di Giovanni Paolo II potevano dar luce, concretezza alla nostra tematica e all’operatore pastorale in contesto migratorio.

1) Chi non ha ricordato le sue fatiche quotidiane, la sua sollecitudine pastorale per la Chiesa, il suo desiderio di perfezione nella preghiera e nella conformazione a Cristo? Chi non l’ha visto come un fratello, un amico, un padre? Chi non ha constatato in lui la bontà dell’uomo che ha seguito Cristo trafficando fino in fondo i suoi numerosi talenti? Sono tratti di una personalità che dovrebbero essere assunti anche dall’operatore pastorale nei vari ambiti della nobiltà umana. Un operatore come lui non può non risvegliare da una fede stanca, dal sonno dei discepoli di ieri e di oggi. “Alzatevi andiamo” non è solo il titolo di un suo penultimo libro, ma il grido col quale spesso ci ha risvegliato e stimolato.

2) Ci siamo mai chiesti il motivo di tanto amore e di tanta ammirazione per una persona sola? Abbiamo difatti vissuto giorni straordinari, irripetibili, commoventi, di stupore, di emozione, di grazia. Perché? Non ha voluto salvare la propria vita, tenerla per sé. Ha voluto dare se stesso senza riserve a Cristo e all’uomo per il quale Cristo è un amico, compagno di strada che c’entra con tutto: con la preghiera, col lavoro, con la domanda di libertà, con la sofferenza ecc.... Abbiamo visto in lui una persona capace di vivere una fede integralmente umana, non rattrappita, ma capace di sfidare il mondo.

Anche il cuore dei migranti attende l’incontro con qualcuno (prete, suora o laico che sia) dal quale possa sentirsi accolto, compreso, amato. Ed è stando con lui… non attraverso regole e burocrazia che la vita cambia. è stando con lui che nascono persone di ogni cultura e ceto sociale capaci di stimolare anche le tonache della gerarchia lenta nel cogliere le novità e a cambiare rotta. Quanti esempi anche nella storia delle nostre missioni che fotografano quanto qui descritto.

3) Giovanni Paolo II fu il Papa che amò tutti senza fare discriminazioni di colore, razza e religione; che predicò la pace ovunque nel mondo; che stette sempre dalla parte della verità e la proclamò sempre ad alta voce; che seppe perdonare l’uomo che aveva attentato alla sua vita; che seppe riunire in preghiera rappresentanti di diverse religioni intorno al tavolo della pace…

Questi accenni, che ci fanno rivivere momenti di storia o visioni mediatiche, anche se non stanno a fondamento della nostra fede, la possono ravvisare; possono ricondurci alla nostra vocazione di operatori pastorali, vocazione vista non come ruolo di onore, di potenza e di gloria, non per raggiungere obiettivi ambiziosi ma per donarci totalmente agli altri così come il Signore ci ha insegnato… “non sono venuto per essere servito ma per servire. Seguimi (parole ricordate per cinque volte nell’omelia dal Card. Ratzinger) …per servire”.

L’augurio che sgorga spontaneo da questo convegno su “l’operatore pastorale in emigrazione” è di non ritenerci per nulla degli arrivati anche se vantiamo decenni di esperienza. Le aperture segnalate da tanti interventi meritano attenzione anche se mettono in discussione i nostri progetti e metodi pastorali.

Per terminare ho trascritto la preghiera dalla quale Giovanni Paolo II ha tratto il suo motto papale: “Totus tuus ego sum, o Virgo gloriosa, super omnia benedicta; ponam te ut signaculum (suggello) super cor meum, quia fortis est ut mors dilectio tua” (preghiera S. Bonaventura fatta sua da S. Luigi Maria G. de Monfort).

Doverosi ringraziamenti

Passiamo ai ringraziamenti:

Un grazie cordiale fraterno alle Chiese di partenze e di arrivo perché siano sempre “madri” di accoglienza e di rispetto da una parte, di generosità e di comprensione dall’altra. Ad ambedue un grazie perché non abbiamo paura di peccare di “profetismo” anche se può costare…

Siamo riconoscenti coi rappresentanti delle varie Chiese europee. Un grazie a don Luigi Petris, perché la salute lo sostenga. Chi lo conosce sa quale sacrificio gli costa disertare questi incontri. Un grazie ai Vescovi presenti per tutta la durata o per breve tempo e per il loro contributo dato. Un grazie a quanti hanno lavorato per noi, i collaboratori della Migrantes con i rispettivi direttori nazionali.

Su don Domenico Locatelli è gravata la maggior parte dei lavori di preparazione e di gestione: gli siamo riconoscenti.

Il grazie più “grosso” a tutti voi, preti, suore, laici per la presenza, amicizia, entusiasmo, contributi, allegria, comprensione per eventuali adattamenti. Grazie anche al Delegato Padre Gabriele Parolin per il lavoro fatto in questi anni di servizio come Delegato e auguri per il prossimo impegno nella famiglia scalabriniana a livello europeo.

Non riesco a dire grazie in tutte le lingue… di voi qui presenti… Tornando alle vostre Missioni, al vostro lavoro, vi accompagni la benedizione del Signore e la riconoscenza della Chiesa italiana.

Dico sempre ai nostri preti “Ricordiamoci a vicenda, con “un memento ad invicem al Signore”. Lo ripeto a voi con fraternità e cordialità.