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La speranza non delude (S. Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 3/05


LA SPERANZA NON DELUDE

 

di Silvano Ridolfi

 

Intendiamoci subito. La “speranza che non delude” (Fil 1,20) è quella riposta nella promessa del Cristo di avere la vita eterna, la vita del Padre, attraverso Lui e con questo la sicurezza di una gioia eterna nell’amore infinito del Padre e un cammino sereno e sicuro in questa vita. “Io Sono” è fedele ieri con il Popolo della Promessa, oggi con il nuovo Israele. Ma è appunto in questa speranza fondamentale che noi viviamo le speranze progressive che in questa vita ci sostengono ed animano all’azione. è una riflessione che sorge nella lettura del Rapporto annuale, arido nelle cifre, vivace nello spirito.

Per noi che operiamo pastoralmente nel sofferente e creativo mondo della mobilità umana è quanto mai spontaneo, direi diviene connaturale, essere guidati dalla speranza, protesi verso un mondo di migliore giustizia, di maggiore solidarietà: i migranti ci sono, infatti, maestri, capaci come sono di andare incontro a difficoltà e incertezze con la sola sicurezza della speranza e del proprio sforzo. Anche la comunità ecclesiale è chiamata a porsi in questo atteggiamento. Agganciare la speranza umana alla promessa evangelica è nuova evangelizzazione. Dando una scorsa, anche superficiale, alle attività Migrantes del 2004 si avverte questa convinzione, che è quasi ostinatezza. Infatti, è ulteriormente diminuito il numero dei sacerdoti al servizio della ancora numerosa collettività italiana all’estero, quattro milioni gli italiani di passaporto, almeno il triplo quelli ancora legati alla cultura e mentalità italiane. Vecchiaia, mortalità, rientri sono una caratteristica fisiologica, per tutti gli operatori pastorali, cui non corrisponde purtroppo il dovuto ed atteso ricambio. Pur riconoscendo le difficoltà in cui si trovano le diocesi e congregazioni religiose italiane, la Migrantes continua a ritenere che una “programmazione pastorale missionaria” permetterebbe qualche ulteriore disponibilità, che tornerebbe poi a vantaggio della stessa Chiesa locale, oltre a mantenerla in fecondo contatto con i suoi fedeli che spesso non intendono rompere definitivamente con la Chiesa di partenza. Certo, la valutazione del ruolo dei laici, delle religiose, del volontariato, è presente e viene seguita nelle riflessioni e nell’azione pastorale all’estero. Come anche il doveroso e fecondo inserimento nella Chiesa locale sulla base del principio della comunione. Dispiace, però, che certe tendenze a ridimensionare le Missioni Cattoliche Italiane avvengano per un prevalente calcolo economico, come pare stia succedendo in Germania e Svizzera. Di riscontro va evidenziata con soddisfazione l’aumentata sensibilità e disponibilità ecclesiali verso gli immigrati. Ne è un indice la crecita dei Coordinatori pastorali nazionali, divenuti dodici al servizio di specifiche nazionalità o etnie. Anche gli altri settori pastorali della mobilità umana – Rom e Sinti, circensi e lunaparchisti, marittimi e aeroportuali – si sentono ancora confrontati con la insufficienza di operatori pastorali e con le difficoltà del dialogo con le Chiese locali.

Questo numero non si limita al Rapporto, ma informa anche sull’importante e molto partecipato Convegno europeo degli operatori pastorali (Bellaria, 11–14 aprile 2005) che ha evidenziato quanto sopra indicato, speranza ed impegno nonostante le difficoltà, propositi e collaborazioni contro ogni chiusura.

E l’Anno Scalabriniano, in occasione del 100° anniversario della morte del grande apostolo degli emigrati, il Beato Vescovo di Piacenza Mons. Gian Battista Scalabrini, è occasione opportuna per confermare e migliorare il comune servizio pastorale nelle migrazioni.