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Il volto missionario delle nostre parrocchie in un mondo che emigra (B. Mioli)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/04


IL VOLTO MISSIONARIO DELLE NOSTRE PARROCCHIE IN UN MONDO CHE EMIGRA
di B. Mioli
Un pizzico di delusioneDa almeno tre anni si vive nella Chiesa Italiana in un clima di rinnovamento della parrocchia, un clima che ha accalorato anche le due ultime Assemblee dei Vescovi italiani ed ha portato nel maggio scorso alla pubblicazione della Nota Pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Alle riflessioni e proposte dei nostri Vescovi si sono accompagnati da parte di noti pastoralisti gli studi e indagini, quali “La parrocchia in un mondo che cambia” di S. Lanza e “La parrocchia oggi e domani” di F. G. Brambilla. Vi possiamo aggiungere “Ripensare la parrocchia” a cura del Servizio Nazionale per il Progetto Culturale: eccellenti studi, ma oserei dire che non allargano lo sguardo su tutto l’orizzonte della parrocchia. Manca qualcosa, anzi manca molto: non c’è un capitolo, non un paragrafo, non un accenno al fatto delle migrazioni, in particolare all’esodo dei milioni di italiani dalle nostre terre e nemmeno alla novità dell’immigrazione, che già si porta oltre la soglia dei tre milioni. Possibile che si continui ad affermare, e con convinzione, sul piano sociale, lavorativo, politico, culturale che l’immigrazione incide nel profondo della vita italiana in forma stabile e strutturale, che le nostre città, piccole e grandi, stanno cambiando volto, e non ci si accorga che anche le parrocchie nostre, voglia o non voglia, stanno cambiando volto? E proprio a causa di questa marea montante di gente che parte dalla Penisola per terre lontane e di gente che viene da lontano per insediarsi all’ombra del campanile? Ci domandiamo se questo silenzio indica l’incoscienza di quanto sta succedendo o rivela addirittura una recondita paura che questo fatto nuovo venga a rendere più complesse le cose, già molto complicate, delle nostre parrocchie e venga, anzi, a deformarne il volto.Si comincia a riprendere fiatoPer fortuna, spuntano promettenti spiragli di luce. Già qualche anno fa, nel giugno 2001, il COP (Centro di Orientamento Pastorale) dedicava la sua 51a Settimana nazionale di aggiornamento pastorale al tema “Gli immigrati interpellano la nostra comunità cristiana”. Comunità cristiana qui è quasi sinonimo di parrocchia, non perché questa abbia il monopolio della pastorale migratoria, ma perché vi gioca, di natura sua, un vero ruolo di protagonismo. Come diceva nel suo intervento conclusivo l’allora Vicepresidente del COP, mons. Domenico Segalini, “la parrocchia per molti immigrati è la Chiesa che dispiega il volto della sua umanità, è il luogo in cui si stabiliscono relazioni semplici, ma vere…, gli slanci di un’adesione quotidiana al progetto di Dio; è un tessuto vivo di esperienze, è il luogo in cui si dispiegano risorse impensabili, è uno spazio educativo concreto, un crocevia di varia umanità, è il luogo dell’ascolto della Parola…”; e altre bellissime parole che egli, diventato ora Presidente del COP (e gli giungano i complimenti della Migrantes), in un’intervista ad Avvenire del 7 novembre 2004 ripete le stesse cose e aggiunge un particolare non da poco: “la presenza di molti preti di altre nazioni con servizio stabile nelle parrocchie italiane”.Altra bella sorpresa: “Via, Verità e Vita”, la rivista monografica di approfondimento pastorale-catechistico, dedica il suo ultimo numero del 2004 alla Parrocchia, Chiesa che vive tra le case degli uomini. Fra i tanti interessanti capitoli, l’attenzione si ferma su Parrocchia e immigrazione. Non sorprende che la rivista, che in occasione del grande Convegno sulle migrazioni celebrato nel febbraio 2003 a Castelgandolfo ha dedicato un numero speciale a “Immigrati: accoglienza e annuncio”, torni ora in modo così attento sull’argomento e ne affidi lo sviluppo a mons. Vittorio Nozza, che in qualità di Direttore della Caritas Italiana, immette nel suo breve esposto tutta l’esperienza di questo benemerito organismo ecclesiale nel servizio agli immigrati fin dagli inizi della loro comparsa in Italia. L’articolo termina con alcune indicazioni di carattere anche strettamente pastorale che la Migrantes condivide in pieno e completa con altre indicazioni che essa ritiene di fondamentale importanza perché la parrocchia diventi effettivamente la “casa comune” di tutti i figli di Dio anche di quelli “ovunque dispersi”.Le dodici tesi della MigrantesMa quali i percorsi e le condizioni perché si realizzi sempre più la casa comune di questo popolo di Dio dove non c’è più distinzione fra “greco e barbaro” cf Col 3, 11), dove non c’è più ragione di chiamare alcuni “stranieri e ospiti”, perché tutti “familiari di Dio” (cf Ef 2, 19)? Quando i Vescovi italiani si sono radunati in assemblea straordinaria nel novembre 2003 per proseguire la loro riflessione sul rinnovamento della parrocchia “in un mondo che cambia”, la Migrantes ha inserito nella cartella dei presuli un promemoria dove, con dodici tesi, si cercava di dare risposta alla domanda, delineando i tratti fondamentali di una parrocchia che grazie alle migrazioni è connotata sempre più da un pluralismo etnico, culturale, linguistico ed anche religioso. Ci sembrava che qualcosa fosse stato recepito nella bozza di documento uscita a seguito di quell’assemblea.La Migrantes allora si è fatta coraggio e nel maggio seguente ai Vescovi riunitisi nuovamente per dare veste definitiva alla Nota Pastorale già citata all’inizio, hanno nuovamente consegnato quei dodici punti chiave, ma inseriti in un fascicolo contenente quanto, sul rapporto migrazioni-parrocchia, era già stato detto dalla Santa Sede e dalla Chiesa Italiana.A leggere il documento definitivo ci sembra che la fatica della Migrantes non sia stata spesa invano: in cinque punti si parla di questa presenza straniera nelle parrocchie ma ciò che più conta è che tutta la Nota Pastorale può essere letta in chiave missionaria e migratoria.E ora la “Lettera alle comunità cristiane”Non c’è spazio in questo breve articolo per scorrere sui singoli punti, sia sufficiente ricordare il dodicesimo dove si auspica nelle singole diocesi e parrocchie la convergenza e collaborazione di tutte forze pastorali maggiormente interessate al fatto migratorio su un piano comune di azione, promosso e garantito da un apposito segretariato o commissione. L’auspicio sta per diventare una felice realtà in questo scorcio del 2004, perché sta per essere pubblicata dalla CEI una “Lettera alle comunità cristiane” dal titolo Migrazioni e pastorale d’insieme, lettera approvata dal Consiglio Episcopale Permanente della CEI nella sua ultima riunione di settembre.La Lettera prende ispirazione dal “volto missionario” che in questi anni si vuole maggiormente evidenziare nelle nostre parrocchie e si sottolinea che lo stimolo più forte e concreto per dare slancio missionario alle nostre comunità cristiane sono appunto le migrazioni. Dunque una pastorale d’insieme attorno ai migranti all’insegna del “Guai a me se non evangelizzo!”. L’appello viene fatto anzitutto ai parroci, sui quali ricade la prima responsabilità verso tutti coloro che vivono o transitano nell’ambito della loro parrocchia. Questa responsabilità deve però indurre i parroci a prendere coscienza dei loro limiti verso questa porzione del loro gregge tanto diversa per origine, lingua, cultura, tradizione dagli altri fedeli; li aprirà perciò, con piena disponibilità e gratitudine, all’aiuto che loro viene offerto dai cappellani ed altri operatori pastorali etnici, che operano in diocesi nei centri pastorali specifici già istituiti, o si fanno periodicamente presenti da altre diocesi attraverso il sistema delle missioni volanti. è anzitutto fra parroco e gli operatori pastorali etnici che va ricercata questa profonda sintonia e collaborazione, nella certezza che in tal modo saranno loro a dare impulso a una vera pastorale d’insieme anche con le altre realtà pastorali presenti sul territorio. E si è convinti che tale stile di azione concorde è testimonianza forte e convincente di accoglienza e convivenza pacifica che non mancherà di avere positive ricadute anche fuori dell’ambito ecclesiale.