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Un discorso non finito e promettente: la parrocchia (S. Ridolfi)
Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/04
DISCORSO NON FINITO E PROMETTENTE: LA PARROCCHIA di Silvano Ridolfi In questo ultimo numero della rivista nell’anno 2004 è lecito - e forse doveroso - fare una riflessione generale sul cammino fatto nella nostra ricerca di coniugare parrocchia e mobilità umana stimolati dall’ampia ed approfondita analisi fatta dalla Chiesa italiana nell’ultimo biennio e culminata nella Nota pastorale della CEI “Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia” (maggio 2004).Abbiamo cercato di capire come la parrocchia sia la “casa di tutti” e quindi anche la “loro casa”, il luogo ossia di naturale e territoriale riferimento per coloro che hanno con la territorialità un rapporto particolare, certamente non equivalente a quella dei fedeli residenziali, e cioè gli immigrati, gli zingari, i circensi, i marittimi e gli aeroportuali.E la parrocchia è stata descritta come “luogo di accoglienza e di confronto” (SM 1/04 e SM 4/04) in cui sentire la materna sollecitudine della Chiesa, dove trovare comprensione, sostegno, consiglio e nella quale esperimentare la “cattolicità” della stessa Chiesa in una comunione che non annulla ma compone in armonia le diversità (convivialità delle culture).Abbiamo visto che questo non è un traguardo acquisito (SM 2/04), ma un processo in parte avviato e in parte da sollecitare, forti della nostra secolare esperienza migratoria (SM 5/04). Ed in questo numero cerchiamo, tra l’altro, di riassumere le proposte della Chiesa italiana sulla parrocchia, sempre nell’ottica della mobilità umana (Mioli).Speriamo che il “non poco” che abbiamo scritto ci faccia perdonare il tanto che avremmo voluto e che sarebbe stato utile esporre o discutere.Il discorso sulla parrocchia comunque resta aperto e ci auguriamo, anche in seguito alla riflessione più generale sviluppatasi in Italia, di poter ospitare esperienze e proposte significative.Certo, la coscienza di essere “Chiesa pellegrina” deve togliere rigidezze ai fedeli residenziali e la situazione di precarietà più o meno duratura deve spingere il migrante ad appoggiarsi sulle strutture periferiche della Chiesa locale.Se le difficoltà economiche, evidenti anche in Chiese già di solida sicurezza come quelle del Centro Europa, pongono problemi di adattamenti anche nella pastorale migratoria, la crescita di centri pastorali o parrocchie personali per immigrati in Italia apre legittimamente alla speranza di un fecondo rapporto di comunione ecclesiale.Anche il recente Convegno nazionale dei Direttori diocesani Migrantes e loro collaboratori (Chianciano T., 27-30 settembre) ha riconosciuto la centralità della parrocchia come immediato approccio alla Chiesa locale nella inderogabilità dell’accoglienza per fare Chiesa.Di “luci ed ombre” nella parrocchia si è parlato fin dal primo inizio (SM 1/04): ambedue vanno tenute presenti alla fine di un anno particolarmente dedicato a questa articolata presenza della Chiesa locale nel territorio. Anzi, dovranno ancora più essere presenti d’ora in poi perché sostenuti dalle riflessioni e confortati dalle esperienze fatte, si possa proseguire e migliorare nel cammino di dialogo e comunione, rispettivamente metodo e traguardo ineludibili e certamente validi per rinnovare la Chiesa e la società.
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