» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Abusi. Mons. Baturi: "Mai quieti finché esisterà anche un solo caso"
Convegno

La Chiesa non si limita, sul tema degli abusi, “alle denunce previste dal canone 1398 del Codice di Diritto Canonico, ma assume una responsabilità congiunta per tutti i casi relativi a minori o a situazioni di violenza, ampliando l’efficacia della prevenzione e collaborando proficuamente con le autorità civili”. A ribadirlo è stato Mons. Luis Manuel Alí Herrera, Segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, intervenendo il 29 maggio al Convegno “Abusi sui minori. Una lettura del contesto italiano (2001-2021)”, organizzato dalla CEI a Roma in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Nel suo intervento, Mons. Herrera ha ricordato le “buone prassi sviluppate nelle diverse diocesi della Conferenza Episcopale Italiana” e, in particolare, “le iniziative di cooperazione con le autorità civili, anche in collaborazione con le procure della Repubblica, i tribunali, le forze dell’ordine e i servizi sociali del territorio”. “Diverse regioni – ha osservato – hanno articolato progetti molto interessanti, che meritano di essere studiati e condivisi”.
Secondo il Segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, “un altro esempio di attività che avete intrapreso e che rappresenta una saggia prospettiva, nella nostra esperienza, è costituito dai sistemi di ricezione delle denunce che sono arricchiti da robusti programmi di formazione in materia di safeguarding e prevenzione”.
“I Servizi Diocesani per la Tutela dei Minori – ha aggiunto – sembrano essere ben integrati in numerose fasi strategiche della formazione e selezione dei seminaristi, toccando però anche aspetti formativi continui coi giovani sacerdoti, quelli provenienti da altre diocesi e/o paesi e per la formazione dei nuovi parroci”. Mons. Herrera ha evidenziato infatti che “con la pubblicazione delle linee guida del 2019 della Conferenza Episcopale Italiana si è dato inizio allo sviluppo sul territorio italiano dei centri per la ricezione delle segnalazioni”.
In quest’ottica, ha voluto sottolineare “quanto di buono è stato fatto, considerando anche che i lavori per la costituzione dei centri di ascolto sono cominciati poco prima dell’avvento del Covid e nonostante le difficoltà, oggi il 77% delle diocesi italiane possiede, secondo i dati forniti dalla CEI, un luogo in cui le vittime possono essere accolte ed assistite da personale qualificato ed esperto”. L’impegno della Chiesa in Italia si è consolidato con l’aggiornamento delle Linee guida nel 2024 con cui la “Conferenza Episcopale ha perfezionato il proprio approccio alla materia”.
Di qui l’importanza di “continuare a lavorare insieme, offrendo il totale appoggio della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori alla Conferenza Episcopale Italiana”. “Insieme – ha assicurato – possiamo promuovere ulteriormente la cultura della tutela, in modo che le vittime possano riacquistare la fiducia perduta e sentirsi libere di denunciare quanto loro accaduto senza la paura di non essere ascoltati”.
Sul percorso dei casi che cadono sotto la competenza del Dicastero per la Dottrina della Fede, dal momento in cui arrivano fino alla loro chiusura e l’archiviazione della pratica, si è soffermato Mons. John Joseph Kennedy, Segretario del Dicastero per la sezione disciplinare. “Sarebbe impossibile indicare degli elementi tipicamente ed esclusivamente italiani perché questi delitti non conoscono frontiere o limiti geografici. Sono crimini internazionali e le nostre statistiche indicano che il fenomeno è come un’onda che tocca una costa dopo l’altra”, ha spiegato sottolineando che “ogni caso è urgente”.  “Il nostro lavoro – ha continuato – è quello di aiutare il Santo Padre nella sua missione universale e di essere uno strumento nelle sue mani”. L’obiettivo, ha detto, è “offrire soluzioni e formare il personale in base all’esperienza che abbiamo raccolto in seguito alle Norme Sacramentorum sanctitatis tutela del 30 aprile 2001”.
“Non saremo quieti finché esisterà anche un solo caso”, gli ha fatto eco Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, mettendo in luce “lo sforzo importante per radicare sul territorio degli strumenti efficaci per il riconoscimento e per il contrasto alla pedofilia e agli abusi”. I dati (da 7700 persone incontrate nelle diverse iniziative promosse sul territorio nel 2020 a 23188 nel 2022; da 48 contatti presso i Centri di ascolto nel 2020 a 374 nel 2022) testimoniano che “il contrasto agli abusi passa attraverso la promozione di una cultura”. Per questo, ha rilevato Mons. Baturi, “è fondamentale la partecipazione di tutte le componenti del popolo di Dio e la collaborazione con le autorità e i soggetti della società civile”.
Quello della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili è “una priorità, un tema che ci tocca, che vede la Santa Sede e l’Italia vicine e alleate”, ha affermato Francesco Di Nitto, ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede che, nel suo saluto, ha voluto ringraziare “la CEI per aver organizzato questa importante occasione di approfondimento”.
“Siamo impegnati in un percorso comune per realizzare luoghi sicuri”, ha detto Emanuela Vinai, coordinatrice del Servizio nazionale per la tutela dei minori, che ha moderato il Convegno. Durante la giornata di studio si sono accesi i riflettori sul fenomeno degli abusi che, ha precisato Vinai, “riguarda tutta la società e chiede una collaborazione a ogni livello e in qualunque ambito”. A confermarlo sono i dati forniti da Ketty Vaccaro, responsabile dell’Area welfare e salute del Censis: dal 2007 al 2022 si registra un aumento del 23% dei reati sessuali. Un incremento che si evidenzia anche nell’ambito degli abusi che hanno Internet come teatro. In questo settore, le vittime sono in prevalenza (83%) ragazze, 5 volte di più dei maschi. Gli autori dei reati sono adulti maschi (oltre il 93%), sebbene nell’ambito della pedopornografia un autore di reato su quattro è a sua volta un minore. Per quanto riguarda l’adescamento sui social, la maggior parte delle vittime hanno un’età compresa tra i 10 e i 13 anni.
Un grande lavoro di contrasto viene svolto, insieme ad associazioni impegnate sul campo, dalla Polizia Postale, “attraverso i 18 centri di sicurezza cibernetica e le 82 sezioni operative per la sicurezza cibernetica”, ha spiegato Barbara Strappato, direttore della I Divisione del Servizio Polizia Postale e per la sicurezza cibernetica. “Nel 2023 sono stati trattati 2700 casi, 1239 sono state le persone indagate, 927 le perquisizioni e 2739 i siti inseriti in Black list”, ha continuato Strappato chiarendo che “gli autori di reato sono adulti con meno di 50 anni, mentre le vittime sono sempre più giovani”.
“Se è vero che 302 milioni di minori sono stati abusati sessualmente online abbiamo fallito. È un dato spaventoso”, ha commentato don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione Meter, citando la ricerca “Childlight”, appena pubblicata dall’Università di Edimburgo. “Alla luce di questi studi – ha proseguito – va detto che i sistemi messi in atto non stanno agendo nel migliore dei modi perché non riusciamo a dare una risposta”. La sfida alla pedopornografia “non è un gioco”, evidenzia il fondatore di Meter, da anni in prima linea nel contrasto alla pedofilia e alla pedopornografia online. Il cyberpedofilo, ha avvertito, va dove sono i bambini, anche sui social: “un minore lasciato solo sui social – ha detto don Di Noto – è il più adescato. È per questo che dico che abbiamo tanti bambini orfani con genitori vivi”.
“Bisogna cambiare paradigma: per comprendere e contrastare adeguatamente il fenomeno degli abusi sui minori nello sport, per vedere le persone che sono dietro le parole del diritto, le regole, le policy, i modelli organizzativi e i codici di condotta, dobbiamo superare la nostra naturale riluttanza ad affrontare la realtà e avere il coraggio di ascoltare l’indicibile, ascoltare le vittime”, ha affermato Francesco Cacace, avvocato amministrativista e di diritto sportivo, per il quale “la giustizia sportiva non deve rimanere confinata nella dimensione del procedimento disciplinare che persegue il responsabile dell’illecito e non vede la vittima”.
“Ascolto e confidenzialità, che si declinano in riservatezza e fiducia, sono aspetti fondamentali che caratterizzano da tempo l’operato di Telefono Azzurro”, ha osservato Michele Riondino, responsabile del Centro studi e ricerche di Sos Telefono Azzurro, secondo il quale occorre lavorare “a livello internazionale in un network che si impegna a tutelare l’infanzia”.
Al termine del Convegno, Chiara Griffini, neo Presidente del Servizio per la tutela minori della CEI, ha annunciato l’avvio di una ricerca multidisciplinare che avrà come oggetto i casi accertati o presunti di abusi sessuali su minori commessi da chierici in Italia, segnalati e trattati nelle singole Diocesi tra il 2001 e il 2021. Lo studio pilota verrà svolto da due Istituzioni, riconosciute a livello internazionale: l’Istituto degli Innocenti di Firenze e il Centro interdisciplinare di ricerca sulla vittimologia e sulla sicurezza dell’Università di Bologna. La prima fase analitica di raccolta dei dati su un campione significativo sarà seguita da una fase sapienziale che consisterà nella lettura evangelica e nell’assunzione di quanto emerso in termini di riflessione, discernimento, percorsi di rinnovamento, concreti e verificabili. Gli obiettivi sono quelli di migliorare le misure di prevenzione e contrasto agli abusi commessi da chierici negli ambienti ecclesiali e accompagnare con più consapevolezza le vittime e i contesti comunitari. “Questa lettura ecclesiale – ha concluso – permetterà di definire i criteri per ulteriori ricerche che consentano di intercettare il fenomeno e ampliare il periodo preso in esame”.