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Una chiesa al mese
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In effetti le celebrazioni possono avvenire anche all'aperto, come usano gli scout...   versione testuale

La celebrazione è un luogo in sé: gli elementi che la circondano devono essere coerenti, ma è l'azione che anzitutto rende la verità del luogo. Riguardo al celebrare all'aperto, ricordo le processioni del Corpus Domini officiate dal card. Lercaro a Bologna. Un anno indossò i paramenti di papa Lambertini, Benedetto XIV, auguste e risplendenti. Attraversò la città tenendo alta la pisside, mentre il sole del tramonto esaltava l'oro dei paramenti. Tutta la città restava come rapita, trasfigurata nella preghiera. Lo spazio sacro si apriva e stendeva la sua benedizione su tutto l'abitato. Erano processioni indimenticabili. Le strade che percorrevano erano tutte addobbate. Vi partecipava una folla immensa, come se Bologna la rossa, fosse una grande chiesa. Il parroco dove abito e lavoro, mons. Luciano Gherardi, già direttore di “Chiesa & Quartiere”, vedeva quelle strade porticate come se fossero una chiesa a tre navate, con quella centrale coperta dall’infinito del cielo. Non è solo questione di immagine, è questione di ritrovare un'identità, la verità fondativa delle comunità.
Se in città vi sono persone di altra fede, o persone non interessate, basta che non partecipino: nessuno le obbliga.  Ma le città nostre sono tutte intessute, nel loro essere storico, di questi eventi. Sono gli eventi fondativi della società. Andrebbero ritrovati. La processione parte dalla chiesa e ritorna nella chiesa: manifesta la presenza della Chiesa nella città. E la  città deve manifestarsi nella chiesa,  ritrovando le sue chiese.
Ed è movimento, dinamismo spirituale che unisce, non quella frenesia illusoria che spinge alla separazione, all'isolamento, all'atomizzazione oggi ovunque diffusa. (Beninteso, senza con questo dimenticare che a volte si sente la necessità della solitudine per ritrovarsi nella spiritualità del luogo).

 
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