Si tratta di una tematica forse meglio discutibile da un urbanista. Dal mio punto di vista di sociologa, tuttavia devo dire di concordare sul fatto che una corretta architettura non deve intendersi come gesto artistico atto a manifestare la creatività dell‘autore - come spesso sembrano intendere gli architetti - bensì come servizio atto a donare bellezza allo spazio costruito così che questo risulti accogliente e armonico, coerente con la necessità di benessere globale dell‘abitare. Personalmente mi sono interessata recentemente, in quanto delegata del Sindaco di Milano al tema della parità di genere, a indagare sul modo in cui gli spazi urbani siano, o non siano, coerenti con le necessità delle donne. Ho visitato città quali Melbourne e Sidney, dove si riscontra una condizione che si potrebbe chiamare a misura delle donne. Anche in Europa vi sono alcune esperienze di pianificazione urbana indirizzata a favorire la condizione femminile, e Vienna è la prima città dove questo problema è stato preso in considerazione, sia riguardo alle donne singole, sia riguardo alle madri di famiglia. Hanno anche preso in considerazione i bisogni diversificati delle giovani famiglie e degli anziani.
Mentre ad Amsterdam da diversi anni hanno implementato progetti atti a rendere alcuni ambienti urbani meglio funzionali alle necessità della popolazione: penso per esempio al modo in cui sono stati riconfigurati alcuni luoghi pubblici, quali le gallerie con i negozi nei grandi complessi abitativi di inizio ‘900 o diversi spazi verdi che erano pieni di cespugli dietro ai quali era facile occultare attività illecite. Le ristrutturazioni di questi ambienti mirano alla trasparenza assoluta, così da eliminare i nascondigli usati dalla piccola criminalità e rendere più sicuri gli spazi pubblici.