Certo, ma non solo per questo. Nelle chiese, o almeno in quelle meglio elaborate, l‘architettura consente di comunicare, sia al fedele, sia al visitatore occasionale, non solo il senso di appartenenza alla comunità, ma anche il sentimento vicinanza con l‘ordine cosmico: penso all‘esperienza che personalmente ho provato a Trømso in Norvegia.
C‘è una grande chiesa costruita negli anni ‘60 con una duplice serie di elementi lamellari in cemento bianco, in forma triangolare e dalle dimensioni crescenti verso l‘ingresso da un lato e verso la parete di fondo dall‘altro, così da presentarsi con una duplice strombatura che da un lato accoglie il visitatore e dall‘altro esalta il luogo dell‘altare. Le facciate e gli scarti tra gli elementi triangolari sono costituiti da vetrate, così che dentro quella chiesa l‘esperienza della luce è assolutamente unica. Ricordo gli effetti donati attraverso le vetrate dal sole di mezzanotte, in pieno luglio: un‘esperienza di grande intensità, che si può provare solo in un edificio che ha finalità spirituale. Tanto che è l‘unica memoria vivida che m‘è rimasta di quel viaggio nell‘estremo nord del continente.