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Home page - Una chiesa al mese - Arcidiocesi di Napoli - Scheda completa | | Parrocchia Santa Maria della Libera
Portici, via Scalea 30
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Il territorio a nord della Reggia e del centro storico di Portici nei decenni finali del XIX secolo subisce una progressiva urbanizzazione, che nel secondo Dopoguerra si trasformerà in uno sviluppo dell’edificato sostanzialmente incontrollato. La cura pastorale di tale area è affidata alla parrocchia di Santa Maria della Libera: la sua sede storica originaria è posta lungo l’asse viario principale della città, via Garibaldi (strada statale 18). Si tratta di una cappella gentilizia di metà Ottocento, ricavata per iniziativa di Marianna Rubinacci nei rustici della propria residenza estiva; aperta al culto pubblico nel 1891 per supplire alla carenza di chiese nell’area, l’anno successivo viene donata alla parrocchia del Buon Consiglio come sede succursale, per essere elevata a parrocchia dal card. Alessio Ascalesi nel 1942. Una sede secondaria storica è la cappella di Santa Maria delle Grazie, anch’essa nata come cappella di un palazzo patrizio settecentesco e collocata lungo il medesimo asse viario principale. Alla fine degli anni Sessanta, durante l’episcopato del card. Corrado Ursi (1966-1987), la crescita degli abitanti dell’area pone il problema di realizzare finalmente una sede esplicitamente pensata come parrocchia, rispondente alle sfide conciliari e alle diverse esigenze sociali e pastorali. Il lotto destinato al complesso parrocchiale – donato al parroco don Raimondo Di Gennaro – viene ricavato all’interno della tenuta a valle di “Villa Mascolo” [6], una delle più ampie e prestigiose residenze settecentesche dell’area vesuviana, adiacente a un settore urbano coinvolto da fenomeni di urbanizzazione intensiva e da un piano INA casa, ai confini con San Giorgio a Cremano. L’incarico è affidato direttamente dal parroco ad Aldo Loris Rossi e Donatella Mazzoleni, architetti impegnati sia nel dibattito teorico internazionale sulla città contemporanea, sia nella pratica professionale (edilizia privata e pubblica, urbanistica). I progettisti – presto coinvolti (nelle parole di Aldo Loris Rossi) da “una comunità molto attiva e partecipativa” – sono interpreti di un approccio al tema ecclesiale impregnato della cultura architettoniche delle avanguardie storiche e attento al dibattito internazionale sul destino delle città. Il cantiere si sviluppa tra il 1972 e il 1979, fino alla dedicazione del maggio 1983. Un ampio complesso scolastico si insedia a ovest della chiesa solo in un secondo tempo, e gli vengono annessi gli spazi liberi inizialmente destinati alle attività parrocchiali all’aperto. La parrocchia ha attualmente una popolazione di circa 10mila abitanti, e la cura pastorale resta articolata sulle tre sedi. Villa Mascolo è stata recentemente restaurata per uso culturale e ricreativo.
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L’aula liturgica ha forma circolare, con l’obiettivo di esplicitare la tensione post-conciliare verso il coinvolgimento spaziale dell’assemblea, con una declinazione attenta agli aspetti sociali per “dare voce alla comunità” (nelle parole di Donatella Mazzoleni). La forma circolare non è tuttavia assunta come soluzione rigidamente geometrica: l’edificio assume valenze fortemente scultoree, e nella sua dissimmetria testimonia l’articolazione dell’assemblea liturgica e la pluralità dei possibili sensi di appartenenza ecclesiale. Numerosi, e apparentemente contraddittori, i riferimenti culturali da cui deriva lo studio del rapporto tra centralità e partecipazione, tra esterno e interno, tra autoaffermazione e relazionalità: dal policentrismo barocco, alle prime avanguardie internazionali (futurismo, costruttivismo, espressionismo, neoplasticismo), per arrivare all’atteggiamento organico, riformulati in modo originale, orientato al tema liturgico ed ecclesiale. Nell’assetto iniziale, tuttora conservato nei suoi principi ispiratori, l’assemblea si dispone a ventaglio , rivolta verso la pedana presbiteriale circolare; l’altare, ritagliato a forma di semicerchio, è affiancato dall’ambone cilindrico. La sede del presidente e la panca per i ministranti seguono il perimetro curvo dell’abside , sul fondo dell’aula; il crocifisso storico ligneo è sospeso sopra la mensa dell’altare, con una scelta spaziale esplicitamente voluta dai progettisti per la sua forza plastica. Nello spazio vuoto a sinistra dell’altare è sistemato il fonte battesimale a calice, mentre a destra, addossato al pilastro triangolare concavo, è collocato il tabernacolo, realizzato con materiali barocchi di recupero dai magazzini della curia. Il cilindro cavo sul fianco sinistro dell’assemblea, aperto verso l’aula e verso l’alto, ospita la statua mariana dell’Immacolata. Una galleria superiore avvolgente, utilizzata come loggia per le cerimonie più affollate e come collegamento con la casa parrocchiale, è accessibile mediante una scala a forma di mandorla, estradossata rispetto al guscio circolare dell’aula; la loggia, alla sua testata absidale, forma una sorta di pulpito, affacciato sopra l’ambone , e copre lo spazio del Santissimo con una curva che richiama il tema del baldacchino eucaristico. Lo spazio per il confessionale è previsto nel deambulatorio destro, tra la porta laterale e la scala per la loggia superiore. In concomitanza con le opere di risanamento del pavimento, la parrocchia ha ritenuto opportuno nel 2006 provvedere a una parziale risistemazione liturgica dell’aula , coerente con la logica iniziale, ma sensibile alle interpretazioni della topografia liturgica maturate nei decenni post-conciliari. A fianco della pedana circolare e del relativo abside viene riarticolata la parete di fondo, ricavando due ulteriori spazi, a cilindro aperto verso l’aula : nel volume sinistro viene collocato l’ambone , mentre a destra viene riallestito lo spazio per la custodia eucaristica che, pur con una maggiore articolazione spaziale, resta in stretto contatto con l’assemblea, con una soluzione ancora di ripiego in mancanza di luoghi più adatti. La riconfigurazione del corpo absidale consente di eliminare la connessione diretta tra la sacrestia e il presbiterio – che limitava fortemente le possibilità di ingresso processionali – e viene soppresso anche il passaggio a vista al livello della galleria, che determinava il rischio di un’interferenza visiva e funzionale con il sottostante presbiterio. La sede del presidente , affiancata da scanni per i presbiteri concelebranti e i ministranti, resta al fondo dell’abside, cui viene anche addossato il crocifisso (inizialmente sospeso sulla mensa). L’intervento riutilizza poi il volume cilindrico cavo, aperto verso l’aula: inizialmente usato come luogo devozionale mariano, è ora allestito come spazio specifico per un fonte battesimale stabile [23], ben visibile dall’assemblea e agibile da genitori e padrini (anche se, purtroppo, privato dell’originario pozzo di luce superiore).
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L’aula nasce come spazio sostanzialmente aniconico, in cui è la figuratività stessa dell’assemblea avvolgente in rapporto ad altare e ambone che costruisce l’immagine ecclesiale fondativa, sottolineata anche a riposo – ossia in assenza di celebrazioni – dall’individualità degli schienali dei posti a sedere per i fedeli. La principale immagine iconica è il crocifisso del tardo Cinquecento (attribuito a Michelangelo Noccherino), posto dapprima sulla mensa, ora in fondo all’abside . L’attuale immagine mariana, a destra del presbiterio, è la ripresa dell’immagine tradizionale collocata nella sede parrocchiale storica principale. Il primo tabernacolo era realizzato con marmi barocchi di recupero: in occasione della risistemazione interna è stato realizzata una nuova custodia eucaristica , staccata dalla parete e poggiata su un basamento di pietra (con forma chiaramente distinta da quella della mensa d’altare), con portella raffigurante il pellicano – simbolo eucaristico – e il monogramma cristologico, realizzata da Giovanni D’Urso. Il precedente tabernacolo barocco è stato montato nella sede storica della parrocchia . Il riallestimento liturgico complessivo ha comportato non solo la ridefinizione degli spazi, ma anche la realizzazione di nuovi elementi. L’ambone ha una forma che non richiama né un leggio, né un pulpito chiuso, e nemmeno una tribuna di sala congressi: riprende invece sobriamente la forma della mensa, echeggiando il tema conciliare delle ‘due mense’ (la mensa del Pane, l’altare, e la mensa della Parola, su cui può troneggiare il libro delle Scritture). La mensa d’altare quadrilatera è appoggiata su un supporto semplice, ed è staccata sia dal synthronon absidale, sia dalle prime file dei fedeli; la parte frontale può essere allestita con paliotti legati al tempo liturgico. Il fonte lapideo è ottagonale su base circolare: al suo interno la vasca è in forma di croce inserita nell’ottagono, con al centro “un pozzetto più profondo, nel cui fondo si trova una pietra nera: Cristo, pietra angolare, dalla cui morte e resurrezione abbiamo ricevuto la vita” (dalla relazione di progetto di Carotenuto). La via Crucis, già collocata sull’affaccio della loggia superiore, è ora ospitata sulle pareti del deambulatorio che avvolge l’assemblea a destra e sinistra della bussola d’ingresso.
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Il progetto iniziale proponeva un’interpretazione complessa, dinamica e asimmetrica della forma avvolgente dell’assemblea, proponendo un’organizzazione spaziale che nasceva “dall’interferenza fra matrici geometriche a espansione polare”, articolata da “superfici continue concavo-convesse e nodi strutturali originati dall’intersezione di matrici geometriche” (Locci 1997, p. 45). Uscendo quindi da uno stretto determinismo geometrico tra centralità dell’altare e circolarità dell’assemblea, i tagli di luce orizzontali (sotto il soffitto) e verticali (all’incontro tra le superfici curve), come pure i cannoni di luce e i volumi cilindrici aperti, disegnavano un originario progetto luministico e spaziale di grande varietà, traduzione di una pluralità di possibili approcci e atteggiamenti verso la celebrazione. Il disegno della nuova controsoffittatura, intesa come risposta alle esigenze di isolamento e climatizzazione, sottolinea invece piuttosto un’assialità longitudinale che si apre verso i poli liturgici ed è conclusa dall’abside. L’assetto della luce naturale originario è uscito significativamente modificato dall’intervento, in quanto il controsoffitto chiude alcune prese di luce superiori, e l’articolazione degli spazi liturgici viene sottolineata quindi dalla nuova illuminazione artificiale, appositamente progettata per la celebrazione. L’iniziale capacità di alcuni luoghi liturgici di plasmare la forma viene ripresa e amplificata, e conservano un ruolo decisivo le pareti curve che avvolgono l’assemblea e che “sono ‘scaricate’ di qualsiasi segno architettonico e/o iconografico, al fine di mostrare il loro essere secondarie rispetto ai fuochi liturgici, solo delimitanti in modo reale il recinto centrale. “Il colore e l’assenza di elementi di rilievo lungo il perimetro esterno sono finalizzati dall’esaltazione dell’unico vero protagonista dello spazio interno, ossia l’Assemblea celebrante” (relazione di progetto di Carotenuto).
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Il rapporto tra aula liturgica e opere pastorali è giocato su un sottile e raffinato rimando di assonanze e differenze. Il cerchio dinamico della chiesa viene estruso verticalmente nella torre , che si innalza a fianco dell’area absidale, e viene ripreso – in negativo – nella definizione degli spazi aperti antistanti il salone parrocchiale. Lo spazio interno del salone stesso a sua volta riprende la forma avvolgente, seppur con soluzioni e toni non sovrapponibili con la specificità dell’aula per il culto. Un percorso sopraelevato collega idealmente e materialmente tutto il complesso, dall’aula, alla loggia, alla passerella sopraelevata che unisce chiesa e opere pastorali, per ridiscendere con scala a chiocciola. Il ruolo della forma circolare e dei volumi cilindrici assume evidentemente una sottolineatura partecipativa e inclusiva, in quanto le forme restano aperte – mai autoreferenziali – e associate in modo asimmetrico, sostanzialmente imprevedibile nelle sue norme di aggregazione radiale e centripeta. Si può quindi leggere in filigrana una scelta di immagine ecclesiale complessiva coerente con il contesto pastorale e sociale dell’immediato post-concilio, in cui tuttavia la necessità di sottolineare la partecipazione non si trasforma deterministicamente in forme geometriche rigide, e la ricerca di essenzialità non si traduce in squallore, ma in ricchezza di spunti e prospettive. Anzi, forse proprio gli spazi per la casa canonica, la catechesi e le opere pastorali sono quelli più ricchi, rispetto al panorama coevo: affacci , balconi, aperture, scale e percorsi che rendono ogni spazio singolare e comunicativo, mai banale o scontato. In tali spazi hanno trovato ospitalità diverse attività, di tipo catechistico e sociale.
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I due “dischi” di chiesa e opere parrocchiali si collocano nel contesto non come due monoliti o come due asserzioni autoreferenziali, ma come due generatori di paesaggio urbano e di dinamismo. Il linguaggio e la poetica di Rossi trovano una delle loro più complete applicazioni: “L’edificio non si chiude né si conclude mai in vedute poli od omnicomprensive: il campo visivo, ad ogni variazione d’angolo o distanza, si rinnova per esclusioni o compresenze improvvise. L’iter, o il sistema progettuale, resta fissato con grande trasparenza, e come dichiarato, in ogni flessione e declinazione dei partiti architettonici, che nel loro succedersi fratto e sincopato per l’incostanza dei ritmi, la pluralità delle partiture, la varietà dei contorni, stabiliscono sequenze di grande effetto dinamico” (Santini 1981, pp. 24-25). La facciata dell’aula circolare non resta una superficie curva repulsiva verso la città, ma diventa un filtro delle tensioni tra esterno e interno, un involucro praticabile, tridimensionale, che genera ingressi , scorci e luci diverse per ogni sfaccettatura. Il fronte verso l’asse viario principale è tagliato dal setto che genera l’apertura principale , ai fianchi della quale una superficie concava genera uno specchio d’acqua vegetato , mentre una parete convessa definisce il passaggio verso la casa canonica. I volumi sporgenti dall’aula articolano poi i punti di riferimento urbano: non solo il “pinnacolo” su strada e la “torre” disegnano nuove mete visive, ma tutta l’articolazione della chiesa e della casa definisce protuberanze, affacci , absidi, sopralzi, cilindri aggettanti. Di notevole impatto la torre prossima al corpo absidale, che trascende i riferimenti tradizionali e locali all’architettura delle torri campanarie, per trasformarsi in scultura ascensionale, proiettata verso il cielo con toni che richiamano le avanguardie novecentesche. Il lotto avrebbe forse dovuto essere più attraversabile – sia con la passerella sopraelevata sopra richiamata, sia con l’articolato sistema di percorsi negli spazi aperti –, ma la recinzione della scuola e dei campi sportivi ha un limitato le potenzialità espansive ed espressive dei volumi del complesso parrocchiale.
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L’impegnativa conservazione delle superfici di calcestruzzo a vista costituisce un costante problema di manutenzione , cui la comunità deve periodicamente far fronte; l’intervento più recente per il risanamento delle superfici ammalorate è del 2002. La salubrità dello spazio interno è stata radicalmente affrontata con l’intervento del 2005-2007 (promosso dal parroco don Giuseppe De Crescenzo e sopra sinteticamente descritto), mediante la realizzazione di un vespaio sotto il pavimento dell’aula e l’inserimento di un controsoffitto sotto il solaio di copertura, in cui sono anche installati i nuovi impianti refrigeranti e il sistema di illuminazione artificiale. La revisione di altri aspetti, solo apparentemente marginali, ha anch’essa tentato di rispettare il disegno originario complessivo dei manufatti: le inferriate della chiesa , a profili metallici circolari coerenti con l’architettura, sono state recuperate e reinstallate nei nuovi serramenti (2005); la cancellata perimetrale esterna, circoliforme, è stata conservata, seppur trasformata nel basamento di una più alta recinzione anti-vandalica; la loggia interna è stata mantenuta accessibile, sopraelevando il parapetto con un profilo metallico per mettere in sicurezza l’affaccio sull’aula. Nonostante la crescita della vegetazione ad alto fusto circostante , la torre della chiesa e il vicino pinnacolo restano un Landmark riconoscibile, in un lembo di terra posto tra un paesaggio urbano frammentato e lo spazio aperto della villa Mascolo , ai piedi del Vesuvio .
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