Il grande e ineffabile sacramento della passione del Signore
Con grande solennità celebriamo oggi il sacramento grande e ineffabile della passione del Signore. Esso, per la verità, ci è presente tutti i giorni, sia all‘altare a cui partecipiamo, sia sulla nostra bocca e sulla nostra fronte; e questo perché, rievocato continuamente anche attraverso i sensi del corpo, resti sempre presente nel cuore.
(Agostino, Sermone 218/B, 1)
Nel Triduo pasquale del Signore crocifisso, sepolto e risorto, la Chiesa ritorna annualmente al mistero che lha originata e costantemente la sostiene nel cammino del tempo. Un mistero grande e ineffabile che, tuttavia, non resta inespresso sulle bocche dei fedeli o confinato nel semplice ricordo. Nella celebrazione della Chiesa levento della salvezza si attua nellhodie liturgico: linizio intimo della Cena, la dolorosa passione, la silenziosa sepoltura e la notte gloriosa e luminosa della risurrezione, tutto torna ripresentarsi in maniera efficace al popolo radunato nella fede e nella speranza.
Per utilizzare le espressioni di santAgostino, la passione del Signore, passione di dolore e di amore, gloriosa e beata, è celebrata solennemente nei giorni del Triduo e, tuttavia, è sempre presente alla Chiesa sposa. Anzi, questo grande mistero si ridona alluomo bisognoso di salvezza proprio nelle variegate forme della celebrazione liturgiche. È mistero che, grazie alla mediazione dei riti e alla partecipazione piena e attiva, corporea e cordiale dei fedeli, non si allontana mai dallaltare, dalle bocche e dalla fronte dei cristiani (probabile allusione al segno di croce sulla fronte nei riti battesimali).
Un mistero, certamente indicibile tanto è straordinario ed eccedente lamore di Dio per luomo peccatore, e al tempo stesso è un mistero che continua a donarsi e ad approssimarsi alluomo ogniqualvolta si accosta allaltare per celebrare e con i linguaggi della sua umanità rievoca levento di salvezza e ne invoca la grazia. Ciò che si imprime nel corpo, nei sensi, attraverso i linguaggi, trasforma lo spirito e le coscienze di coloro che credono.
Questa grande lezione agostiniana si traduce nella sapienza liturgica della Chiesa che osa gestire in modo simbolico la scansione del tempo, il rapporto veglia-sonno, luce-tenebra, il rapporto con il cibo, la dinamica tra vedere e non vedere, per ricomprendere se stessa alla luce del mistero pasquale. La sfida pastorale che il Triduo pone alle comunità cristiane non consiste soltanto in una celebrazione obbediente alle norme, ma innanzitutto nel saper cogliere tutta la ricchezza di grazia che scaturisce dalla liturgia.
Nellascolto prolungato della Parola che immette lassemblea nellevento celebrato, nella contemplazione della Croce gloriosa e nella celebrazione dei sacramenti della rinascita, il Signore Gesù non abbandona la sua Chiesa; anzi, la stringe a sé, la riempie dei suoi doni e la fortifica per renderla ancora una volta coraggiosa missionaria della Pasqua.