Nella domenica fra l’ottava di Natale i fedeli cristiani guardano alla Santa Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe, quale “vero modello di vita” (
Colletta) per la famiglia umana, per la Chiesa e per le singole comunità familiari. La famiglia ha la sua origine nella vita stessa di Dio, comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito, e tende alla pienezza dell’amore trinitario. «La relazione tra un uomo e una donna — relazione reciproca e totale, unica e indissolubile — risponde infatti al disegno originario di Dio» (Giovanni Paolo II, Lett. Ap.
Novo Millennio Ineunte, 47). Forti di questa provenienza e della loro vocazione ultima, i coniugi cristiani sono chiamati a rivestirsi “di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità” e sono in grado di “sopportarsi a vicenda e di perdonarsi scambievolmente”, essendo stati “rivestiti della carità che unisce in modo perfetto” (cf.
Col 3,12-14). Tutto ciò essi lo contemplano perfettamente realizzato nella Famiglia di Nazareth che ha vissuto in piena obbedienza alla volontà di Dio e ha accolto senza riserve il suo progetto di salvezza, anche quando si mostrava oscuro e richiedeva grandi sacrifici. In questo senso può essere compreso il significato dell’
Orazione dopo la Comunione che la liturgia propone in questa festa. Coloro che si sono appena accostati alla mensa dell’Eucaristia sono infatti inviati a pregare Dio dicendo: «Donaci di seguire gli esempi della santa Famiglia, perché dopo le prove di questa vita siamo associati alla sua gloria in cielo».
In questo orizzonte si comprende anche il significato di un’opera come quella realizzata dal Caravaggio quasi alla fine del ‘500 in cui vengono raffigurati Giuseppe, Maria e il bambino Gesù durante una sosta nel corso della loro fuga verso l’Egitto per scampare alla furia del re Erode. Nella scena, permeata da un senso di profonda intimità e pace, Caravaggio ha inserito oltre a un animale da soma, pure la figura di un bellissimo angelo che suona uno strumento musicale per rendere più leggera la fatica del cammino e per offrire un po’ di ristoro ai tre profughi. Giuseppe, stanco del viaggio e mesto, regge curiosamente uno spartito musicale, Maria con Gesù in braccio intanto dormono profondamente. Il tutto avviene in un paesaggio naturalistico in cui nessun elemento distrae l’osservatore dalla scena principale. Dallo sguardo di Giuseppe, dalla profonda tenerezza che esprime Gesù custodito in un abbraccio materno da Maria, ma anche dalla sensazione di assoluta calma e conciliazione che emana il paesaggio circostante, si percepisce la presenza delicata di Dio che guida gli eventi della storia e sostiene il giusto nell’ora della prova. La stessa famiglia cristiana tra le difficoltà della vita è chiamata ad accogliere la Parola di Dio che si è fatta carne, Cristo Gesù, e a farsene fedele annunciatrice e testimone nel mondo.
È chiamata, cioè, a divenire sempre più una “comunità evangelizzante” a servizio del Regno di Dio, prendendo parte alla stessa missione della Chiesa a favore dell’intera famiglia umana. Guidata dallo Spirito essa «partecipa così della vocazione profetica della Chiesa: con il suo modo di vivere “proclama ad alta voce le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata”» (LG 35). Confortata dallo stesso Spirito combatte “la buona battaglia della fede” (
1Tm 6,12) rendendo presente nel cuore mondo e nelle sue più estreme periferie la forza liberante del vangelo.