Sussidio Avvento 2013 - Il Tempo di Natale - Introduzione 
Il Tempo di Natale - Introduzione
Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci!
Non c'è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita,
una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità:
la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore,
vincitore del peccato e della morte,
non avendo trovato nessuno libero dalla colpa,
è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio;
gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono;
riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita.
(Dal Discorso I di san Leone Magno per il Natale,
cfr. Natale del Signore, Ufficio delle letture)
 
 
 
L’hodie liturgico, oltre a pervadere i testi di questa solennità, attesta la perenne novità e attualità del mistero dell’incarnazione. Colui che si fece uomo nella pienezza dei tempi colma anche “questo” tempo della sua presenza. Colui che è nato ieri nasce anche oggi in virtù della celebrazione liturgica. Il suo dono di amore è vivo e operante nel frammento della storia abitato dall’azione celebrativa e così nella storia fragile dell’uomo, grazie alla liturgia, «Cristo è sempre presente nella sua Chiesa» (SC 7). I testi biblici ed eucologici e le meditazioni dei Padri non cessano di ricordare il contrasto tra luce e tenebre, tra vita e morte, tra frammento e totalità che avviene nel Natale di Cristo e, quindi, oggi. E così la tristezza non può regnare quando nasce la Vita e tutti, a partire dai peccatori, sono chiamati a riacquistare coraggio perché la chiamata alla vita è per ogni uomo. Il testo di san Leone Magno, che risuona nell’Ufficio delle letture, di questo giorno santo, è pervaso da un grande dinamismo: l’invito alla gioia e alla consapevolezza di una nuova speranza per tutti, la corsa del santo verso la palma della vittoria, il gaudio del peccatore perché ottiene finalmente il perdono, la consolazione del pagano che approda alla luce e alla vita dopo le opere di morte.
La celebrazione del Natale è autentica celebrazione della vittoria di Cristo, Sole invincibile, sulle tenebre del peccato, dell’egoismo, della malignità. Ormai il giorno è vicino, anzi è già presente: il cristiano indossa le armi della luce e, nell’incontro con il Dio fatto uomo, abbandona ogni arma di morte (cfr. Rm 13,12). La breccia che la liturgia provoca nel tempo - l’hodie, appunto, delle antifone e delle orazioni - non è finzione e neppure artificio consolatorio in una storia segnata da guerre e divisioni, ma l’esperienza singolare grazie alla quale Dio incontra ancora il suo popolo nella memoria grata e stupita dell’evento accaduto a Betlemme.
 
Per questo la celebrazione liturgica spinge alla conversione. Chi ha fatto esperienza del mistero abbandona gli atteggiamenti delle tenebre e si comporta «come in pieno giorno» (Rm 13,13). Cristo è il giorno pieno e luminoso, il sole che illumina il popolo che cammina nelle tenebre e ammanta con il suo chiarore coloro che procedono in una terra buia (cfr. Is 9,1).
Liberare il canto della fede significa riconoscere con rinnovata meraviglia che «è apparsa la grazia di Dio che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2,11). Le assemblee che si formano nel primo mattino del giorno di Natale, per bocca di chi le presiede, riconoscono la luce che le pervade e domandano quel rinnovamento della vita che scaturisce dall’incontro con il Verbo: «Signore, Dio onnipotente, che ci avvolgi della nuova luce del tuo Verbo fatto uomo, fa’ che risplenda nelle nostre opere il mistero della fede che rifulge nel nostro spirito» (colletta della messa dell’aurora).
 
Così l’esperienza spirituale, compiutasi grazie alla celebrazione liturgica, diventa gesto e decisione nella vita concreta e davvero l’uomo può condividere la vita divina del Figlio che per lui ha voluto assumere la natura umana (Natale del Signore, colletta della messa del giorno).