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Una chiesa al mese
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per gli incaricati diocesani
Il contenuto   versione testuale

Tradizione e intenzioni del committente sono i due punti fermi sui quali può basarsi chi è chiamato a progettare chiese nuove, tenendo presente che il problema di fondo è quello del “senso” del costruire una chiesa, e tenendo anche presente che i cristiani “sanno benissimo che nulla verrebbe meno alla fede se le chiese non ci fossero”. Inoltre quei punti fermi implicano una complessa problematica, perché il richiamo alla tradizione non può ridursi a un citazionismo storicistico-architettonico né tanto meno a evocazioni di generici spazi “sacri” che nulla hanno a che vedere con la specificità del cristianesimo.
 
L'architettura è una via di comunicazione dell'evangelo, così come lo lo sono la parola, la prassi cristiana e la celebrazione liturgica, ed è una via di grande potenza evocativa e metaforica, poiché consente un'esperienza diretta e immediata attraverso la percezione dello spazio coinvolgente. Come racconta Paul Claudel parlando dell'importanza delle celebrazioni cui assisteva nella basilica di Notre Dame, nell'accadere della sua conversione: “Era la poesia più profonda e grandiosa, erano i gesti più augusti che mai fossero stati consegnati agli esseri umani”. E come spiega Hans Urs von Balthasar, all'inizio dell'esperienza di fede sta la percezione di una “forma” che è quella della rivelazione. Poiché la chiesa edificio immediatamente si rivolge bensì alla comunità dei credenti ma anche ai “lontani”, essa diviene uno strumento che può, e quindi deve, significare l'annuncio in tutte le sue parti: all'interno come all'esterno, a chi ne conosce il linguaggio e a chi non lo conosce, tenendo presente che l'edificio sempre esercita un influsso globale sul paesaggio urbano o non urbano, modificandolo.
L'analisi della genesi delle chiese cristiane, dalle sinagoghe e dalle domus ecclesiae consente di osservare come lo spazio rivesta sempre una notevole importanza in quanto luogo del “venire assieme” della comunità, senza mai peraltro giungere a una forma conclusiva e definitiva tale da riprodursi invariata nei diversi luoghi e nelle diverse epoche.
La comunicazione primaria nell'edificio avviene attraverso il senso che immediatamente si percepisce al di là della codificazione o della simbologia: qui si esercita il potere espressivo dell'architettura che può anzitutto dire “accoglienza” e “carità”. Ecco che importanti sono i segni, importante la congruenza tra edificio e azione liturgica che esso è chiamato a ospitare, ma importante è anche la sua bellezza, ovvero il potere estetico del manufatto nel quale si potrà ritrovare una qualità poetica in cui si possa riconoscere il senso del “cammino verso” un infinito che sotto i sensi non ricade. Su tale preminenza comunicativa dello spazio costruito, e nella sua complessità, si innesta la specifica espressione artistico-segnica, come anche la specifica conformazione spaziale, che ovviamente deve tenere conto della specifica comunità che lo spazio è destinato a ospitare. “Diverso è infatti il rapporto comunitario là dove l'appartenenza viene filtrata attraverso scelte di vita o cammini spirituali particolari o là dove, come nelle chiese parrocchiali e cattedrali, il criterio di appartenenza è determinato solo dalla comune adesione alla fede cattolica e il luogo è destinato a tutti i credenti e addirittura aperto a chiunque” (pag 133).
Un excursus storico sull'architettura delle chiese permette al lettore di notare come varino nel tempo i modi di intendere il rapporto tra i luoghi di culto e la città: dall'epoca paleocristiana, in cui molte chiese erano dotate di quadriportici o di narteci, alle chiese basso medievali e rinascimentali che non necessitavano di spazi di intermediazione tra una città decisamente permeata di cultura cristiana e luogo della celebrazione, all'epoca contemporanea in cui si ripresenta la “distanza” tra città e chiesa, richiedendo pertanto un ripensamento sulle soglie che segnano il passaggio da quella a questa.
Nella tradizione della Chiesa, che si esprime con la cultura del tempo corrente, al progettista si richiede la capacità di reinterpretare tale tradizione senza tradirla in una sua fissazione imbalsamata né in stravolgimenti. E vi sono, pur nel linguaggio contemporaneo della composizione architettonica, esempi che mostrano questa effettiva possibilità.

Ecco quindi che l'aspetto significativo dell'architettura della chiesa edificio del nostro tempo si ritrova nella sua capacità di esprimere il proprio essere al servizio della città, ma qualificandosi attraverso la propria distinzione dalla città: peraltro non intesa come separazione netta, bensì in quanto luogo aperto all'accoglienza e al dialogo.
Mentre la chiesa contemporanea inevitabilmente si apre alla pluralità espressiva tipica dei nostri giorni e tale intento incrementa la complessità della propria architettura nel variato articolarsi dei luoghi liturgici e dei loro rapporti, che vivono nella nostalgia di una “Presenza” cui il visibile potrà accennare, ma mai definire.
 


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