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Home page - Una chiesa al mese - Diocesi di Tursi-Lagonegro, parrocchia di San Nicola di Bari, Chiesa dell'Annunziata - Scheda completa | | Colobraro (MT), piazza Elena | |
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10/10/2012
L’ampio solco vallivo della Val Sinni si apre ad oriente verso la pianura litoranea ionica, ma gli insediamenti storici restano concentrati sui poggi e sui crinali, rilevati rispetto al fondovalle torrentizio, arroccati attorno alle emergenze monumentali. Anche Colobraro, ultimo centro della vallata, segue tale modello insediativo: i tessuti abitativi di origine medievale si avvolgono a spirale attorno al castello e alla chiesa madre di San Nicola, concentrati sulla parte sommitale di un poggio che domina la valle e i rilevi circostanti. Il “Casale” è la parte di borgo esterna al nucleo più denso, con una trama edilizia più aperta: in questa espansione, all’inizio dell’età moderna, viene realizzata la chiesa dell’Annunziata, rimasta in uso fino alla metà del Novecento . Lo spopolamento del paese, l’abbandono dell’edificio e la sottovalutazione del suo valore artistico determinano il rapido deterioramento della chiesa, diventata pericolante nei primi anni Sessanta. La popolazione e l’amministrazione comunale tentano dapprima un recupero dell’edificio, ma lo spontaneismo dell’intervento e le ormai gravi condizioni di fatiscenza fanno sì che – durante il cantiere – si verifichi un crollo, che determina l’abbattimento della chiesa per ragioni di sicurezza pubblica. Il comune, per rimediare allo scempio della chiesa storica e tentando di uscire da un periodo di conflitti e incertezze, prende l’iniziativa di convocare un architetto emergente – Nicola Pagliara, attivo nell’università di Napoli – per realizzare una nuova architettura, in grado di riqualificare il centro storico e ricucire il suo squarcio. L’opera riceve il contributo dello Stato ed è approvata dal Genio Civile, ma il cantiere si protrae nel tempo, non senza dibattiti e conflitti in seno alla comunità. È il parroco don Francesco Guarino che si fa carico di conciliare le tensioni, trovare finanziamenti e concludere l’opera: “volando su ogni difficoltà ha riammagliato screzi e rancori, intolleranze e timori” (Pagliara 1980, p. 104). Nel frattempo, anche la chiesa madre di San Nicola è divenuta inagibile, per cui le attività pastorali iniziano a gravitare sulla nuova chiesa dell’Annunziata, che diventa di fatto la sede principale della parrocchia, più prossima al baricentro della vita sociale del paese. Sebbene la chiesa matrice di San Nicola sia stata successivamente restaurata, la vita parrocchiale resta tuttora legata all’Annunziata, mentre le opere pastorali sono state recentemente rilocalizzate in un ampio ex-asilo, in una zona di più recente urbanizzazione.
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10/10/2012
La nuova Annunziata sorge sul medesimo sito della precedente chiesa storica, nello spazio aperto a raccordo tra la parte più alta del paese e il crinale proteso verso la Val Sinni: l’andamento tortuoso dei tessuti storici lascia spazio a una trama più regolare, aperta sull’ampia piazza affacciata sulla valle e dominata dai ruderi del castello . Il fascino del contesto e dei materiali da costruzione tradizionali ha certamente costituito un elemento decisivo nella ricerca di Nicola Pagliara, nella cui riflessione è centrale il rapporto tra materialità e consistenza dei risultati; l’architettura non è immaginario puro o pura forma artistica, come pure non è solo un’esperienza interiore: la “consistenza costruttiva” è ciò che caratterizza l’architettura stessa. Il metodo progettuale muove dall’analisi funzionale, letta nel suo rapporto con le trasformazioni sociali (il “concetto sociale”), cui l’architetto è chiamato a dare una soluzione strutturale “costruibile”. Il sito della chiesa storica, segnato da un masso cui si era legata la devozione, viene conservato, e viene anche riproposta la materialità costruttiva della struttura lapidea (sebbene realizzata con pietra non locale, ma di Castellaneta), sbozzata e lavorata in cantiere: l’opera fa parte della cosiddetta “età della pietra” nell’attività di Pagliara (Eronico 1987). L’impronta topografica e materica non viene tuttavia semplicemente perpetuata: i temi dell’osmosi tra chiesa e paese, dell’intreccio tra trame viarie ed edifici domestici, della continuità tra spazio pubblico e spazio liturgico costituiscono alcune delle chiavi di lettura più innovative del progetto, sviluppati a partire dalla trama serrata e dal tessuto sociale dei borghi della Lucania, assiduamente e faticosamente frequentati da Pagliara durante i lunghi anni del progetto e del cantiere. Il tema della memoria del luogo è decisivo “Il mio rapporto con la memoria è forse il centro di ogni possibile analisi del mio lavoro”, e anche “il luogo è il materiale dell’architettura: se questo concetto non è chiaro, tutto il percorso progettuale è incomprensibile” (intervista in Priori 2000, pp. 12 e 18). Nel momento in cui la Modernità è intesa ancora da molti come strappo rispetto al passato e ai suoi retaggi ideologici, la critica non manca di segnalare la “ambiguità profonda” di un edificio la cui immagine “partecipa contemporaneamente al passato e al futuro” (Sennato, Regni 1979, p.8), per arrivare all’attacco durissimo di Melito Saclà, dalle pagine di “L’Architettura”, che stigmatizza l’idea stessa che si possa proporre la costruzione di una chiesa nel rinnovato contesto socio-politico dei primi anni Settanta; rivolgendosi a Pagliara, il critico scrive: “tutta la tua cultura è una nostalgica presenza-assenza del passato prima prossimo, ora remoto, rimasticato come se fingessi una reale partecipazione ‘hic et nunc’, in un improbabile revival della nostalgia”, e prevedendo che la chiesa sarà travolta dalla nuova cultura di massa (Saclà 1980).
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10/10/2012
Lo spazio interno della chiesa ha un impianto assembleare longitudinale, reso fortemente coeso dalla spazialità concentrata e dall’altezza dell’ invaso centrale dell’aula . La pianta non è simmetrica: al fondo si dispone la pedana, rialzata di un solo gradino, con i principali poli liturgici (altare, ambone, sede) opportunamente distinti tra di loro; sul fianco sinistro dell’assemblea il vano della chiesa è scandito da una sequenza serrata di pilastri cilindrici, che lasciano filtrare abbondante luce e che modellano la consistenza plastica del vano; il lato destro è invece più lineare, aperto da ampie finestrature . Sulla pedana presbiteriale, l’altare occupa la posizione centrale e l’ambone è collocato all’estremità sinistra, verso il colonnato interno. Le collocazioni di altare e ambone non sono state alterate nei decenni successivi, ma i singoli arredi sono stati sostituiti o riadattati. Il primo altare (consacrato il 14 aprile 1979), disegnato nei suoi dettagli costruttivi , era stato offerto dal progettista stesso per consentire il completamento dell’opera. L’ambone previsto dal progetto, a destra dell’altare e proteso verso l’aula, non è mai stato realizzato, ed è ora sostituito da un arredo ligneo . Le vicende di ‘topografia liturgica’ più interessanti sono però quelle relative al tabernacolo. Inizialmente pensato per l’abside asimmetrica terminale (una sorta di ‘antro’ nella massa lapidea ), viene collocato dapprima all’esterno del presbiterio, incassato nella tessitura di pietra della parete frontale, a destra dell’altare, rivolta all’assemblea; successivamente viene inserito nella muratura di fondo della parete presbiteriale (dove è attualmente disposta la sede), mentre ora il luogo della custodia eucaristica è ricavato nello spazio laterale orientale del presbiterio, tra due dei pilastri perimetrali . La bassa abside, posta in posizione non assiale e con curvatura asimmetrica, è attualmente inutilizzata. Lo spazio previsto per il fonte battesimale è riconoscibile a sinistra del portale principale, in una nicchia nella parete di fondo, ma non è stato probabilmente mai utilizzato per la sua funzione originaria, preferendogli soluzioni mobili. Anche il luogo per la confessione non ha una sua sistemazione stabile.
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10/10/2012
Se la forza comunicativa dello spazio è affidata soprattutto all’essenzialità del materiale lapideo, la memoria iconografica del luogo non è stata abbandonata: le superfici dell’ invaso della chiesa sono ‘abitate’ da una schiera di santi, raffigurati in opere pittoriche provenienti dalla chiesa distrutta e da altre chiese succursali della parrocchia. L’intercolunnio sinistro è invece ‘popolato’ da statue, che paiono quasi affacciarsi verso l’assemblea – discretamente – per partecipare della comunione ecclesiale, piuttosto che proporsi invasivamente come oggetti di devozione. Più in dettaglio, sulla parete che sovrasta l’altare e il presbiterio, sono presentate tre tele di soggetto mariano; nei registri superiori delle pareti laterali troviamo santi (tra cui l’arcangelo Gabriele) e altre raffigurazioni della Vergine. A fianco del tabernacolo è collocato un crocifisso processionale secentesco . Nello spazio inizialmente destinato al battesimo è ospitata, stabilmente, un gruppo scultoreo della Natività, a segnare che l’inizio del percorso cristiano avviene nel mistero dell’Incarnazione. L’unica opera figurativa contemporanea è lo sportello del tabernacolo, che raffigura su lamina a sbalzo la scena evangelica della guarigione del paralitico.
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10/10/2012
La ricerca sui materiali e sul loro impiego è rivolta al “tentativo di armonizzare fra loro tradizione e contemporaneità, attraverso tecniche costruttive improntate ad una modernità rispettosa delle origini dell’architettura e delle suggestioni degli stili derivanti dal passato” (Pagliara 2007, p. 91). Secondo tale approccio vengono specificandosi le scelte ambientali della chiesa, relative alla qualità delle superfici e all’illuminazione naturale. Il rapporto tra superfici vetrate e pareti lapidee offre occasioni diversificate per articolare la qualità dello spazio liturgico: le aperture che danno profondità al colonnato costituiscono un’efficace soluzione controluce per sottolineare le masse lapidee cilindriche della navatella laterale, ma anche per dare animazione – attraverso un discreto anonimato abbagliante – alle statue dei santi. Le finestre superiori animano le pareti scabre di pietra e calcestruzzo bocciardato, con luci radenti e indirette, mutevoli nell’arco della giornata; non è stato mantenuto, probabilmente per difficoltà manutentive, il solaio in vetro-cemento sopra l’altare, previsto in progetto. Il forte sviluppo verticale dell’aula – che culmina nel solaio solcato da un camminamento sospeso – è sottolineato sia dall’affermazione di perentoria solidità delle masse murarie, sia dalle ampie bucature aperte verso l’esterno e verso il cielo. Resta ineludibile il problema delle condizioni climatiche estreme, ossia il freddo rigido invernale e il caldo torrido estivo: l’alto spazio dell’aula , la sua ventilazione e i materiali utilizzati consentono infatti una buona fruizione durante i mesi caldi, mentre seri problemi di riscaldamento e coibentazione permangono durante il periodo più freddo e ventoso.
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10/10/2012
Il contesto in cui maturano la demolizione e la ricostruzione della chiesa dell’Annunziata è probabilmente segnato più dall’attenzione civile e sociale che da quella strettamente ecclesiale. Tra l’aula liturgica , le pertinenze della chiesa e i tessuti circostanti viene stabilito un rapporto che intende essere osmotico, di reciproca visibilità, quasi di compenetrazione. È questo il senso dei percorsi pubblici che salgono ai livelli superiori della chiesa, grazie alle scalinate in facciata e alla rampa elicoidale che distribuisce i ballatoi e le logge; si prevede addirittura che una galleria vetrata, radente al soffitto, attraversi diagonalmente l’aula liturgica stessa, e con un percorso continuo conduca fino al campanile-belvedere . Nonostante la massa lapidea quasi primigenia, la chiesa diventa sostanzialmente ‘trasparente’, e la vita liturgica viene condivisa – o almeno osservata, se non quasi spiata – dalla comunità civile, grazie a una serie di logge e finestre aperte sull’aula. Anche il rapporto fisico con la piazza è segnato da tale tensione osmotica: il pavimento della chiesa richiama il pavé di uno spazio pubblico, e non intende proporre cesure in corrispondenza del portale. La porta stessa era prevista dotata di un’ampia fessura libera, che consentisse un contatto visivo diretto tra lo spazio interno e quello esterno, ma l’espediente è stato annullato per ragioni climatiche. Gli spazi per le opere pastorali sono di dimensioni ridotte (l’edificio era, ed è, di fatto una chiesa succursale), ma sono “amalgamati sia strutturalmente che architettonicamente” con la chiesa (Sennato, Regni 1979), del tutto integrati nel volume e nelle geometrie del complesso, a confermare la continuità tra le diverse funzioni pastorali e sociali. In termini complessivi, la ricostruzione della chiesa sottolinea la specificità non solo ecclesiale, ma anche civica dell’edificio: il campanile marca sia il paesaggio della valle, sia il paesaggio urbano ; i percorsi scoperti e coperti che si avvolgono attorno al volume della chiesa manifestano la simbiosi tra vita civile e monumento religioso; la complessa struttura di ingresso, con il portale affiancato dalle articolate modanature scalari e dalle rampe di salita ai livelli superiori, è il nodo catalizzatore dello spazio della piazza. In particolare, la scalinata a destra del portale , fin dalle prime intenzioni del progettista , è intesa come spazio pubblico per la sosta, il dialogo e l’incontro della popolazione del paese, secondo una rinnovata interpretazione monumentale delle modalità tradizionali di aggregazione delle borgate lucane. In sintesi, l’architettura della chiesa è pensata per una “fruizione dinamica”, nella quale “l’interno è matrice dell’esterno e gli elementi compositivi appaiono fermati nell’attimo fuggente piuttosto che staticamente definiti in un equilibrio non modificabile” (Pagliara 2007, p. 91)
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10/10/2012
L’ideale progettuale di ricucitura di un tessuto insediativo e sociale lacerato non viene probabilmente del tutto concretizzata dalla nuova chiesa dell’Assunta: i percorsi di attraversamento e gli affacci sulla chiesa non vengono solitamente fruiti dagli abitanti del paese, e la loro stessa praticabilità viene di fatto abbandonata e poi preclusa. Resta invece evidente il ruolo identitario e paesaggistico della chiesa, che con la propria articolata architettura, asimmetrica e imprevedibile, segna in modo sempre diverso ogni punto di vista sul borgo: le pieghe del volume , le prospettive suggerite, gli spigoli vivi , gli sporti , i doccioni e le ampie aperture continuano a stabilire un dialogo costruttivo con i tessuti adiacenti e con lo spazio della piazza, di cui la chiesa non è rimasta semplicemente ‘fondale’, ma è diventato volume costitutivo. La tensione tra l’organica trama storica e i ‘tagli’ del volume della chiesa resta un tratto distintivo dell’intervento. Certamente il sottile equilibrio tra modernità e tradizione non si è facilmente accreditato presso la comunità locale che, sebbene avesse lasciato colpevolmente deperire un monumento storico e identitario, ne avrebbe forse paradossalmente preferito la semplice ricostruzione. L’opera è però ormai diventata parte integrante del contesto urbano, della vita sociale del paese e del paesaggio della valle . La comunità parrocchiale, attualmente, è di circa mille anime, in parte concentrate nel nucleo storico, in parte disperse su un ampio territorio pedemontano: come accennato in apertura, per incentivare le attività aggregative, soprattutto di giovani e anziani, la parrocchia ha recuperato tra il 2006 e il 2008 un asilo dismesso, in un’area di più recente urbanizzazione ma ancora prossima al centro storico. Dal punto di vista dello spazio liturgico, restano alcuni nodi irrisolti. Si è già richiamato, sopra, il tema della custodia eucaristica: l’attuale collocazione del tabernacolo – in posizione riconoscibile, e non confusa con la mensa – è coerente con l’insieme, ma la comunità ha intenzione di valutare l’utilizzo dell’abside posta dietro l’altare, valorizzandone opportunamente la disposizione decentrata (che non favorirebbe un’equivoca posizione assiale rispetto alla mensa) e la possibilità di creare uno spazio riservato per l’adorazione fuori dalla messa. Per quanto attiene il battesimo, attualmente somministrato con catino mobile, è stato ipotizzato di allestire uno spazio stabile a destra del presbiterio (dove originariamente era stato previsto il luogo della custodia eucaristica).
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