Pochi mesi prima dell‘apertura del Concilio Vaticano II, l‘11 febbraio 1962 mons. Guglielmo Motolese (1910-2005) viene nominato arcivescovo di Taranto, dove resterà fino al suo ritiro nel 1987, rivestendo anche la carica di vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana dal 1975 al 1981. Fin dai primi mesi del suo episcopato, Motolese si rende conto che lo sviluppo industriale e la conseguente urbanizzazione hanno spostato il baricentro della vita sociale e religiosa della città, allontanando fisicamente i fedeli dalla centralità della chiesa cattedrale storica, San Cataldo, nel Borgo Antico. L‘idea e la costruzione di una nuova concattedrale possono diventare l‘emblema del rilancio della città, ma soprattutto dell‘aggiornamento della Chiesa tarantina rispetto alle sfide della modernità. Per individuare un progettista all‘altezza del compito - una cattedrale per il Ventesimo secolo e per il Concilio - Motolese contatta l‘Istituto Internazionale di Arte Liturgica (IIAL), istituzione nata a metà degli anni Cinquanta sotto l‘egida vaticana, che propone l‘incarico prima a Pier Luigi Nervi (che nei mesi successivi progetterà l‘Aula delle udienze pontificie e la Cattedrale di San Francisco) e poi - dopo la sua rinuncia - a Gio Ponti (1891-1979). L‘architetto, già impegnato per la costruzione di alcune chiese e notoriamente interessato al rapporto tra religiosità e progetto fin dagli anni Trenta, stabilisce con il vescovo un‘immediata sintonia di intenti, che si svilupperà grazie a una fittissima corrispondenza durante la progettazione, il cantiere e ancora negli anni successivi, fino alla sua morte. Il cantiere sarà finanziato dal Ministero Lavori Pubblici (370 milioni di lire) e dal contributo dei fedeli.