L‘immagine di una chiesa aperta, che condivide i travagli sociali del proprio contesto e che si protende verso la vita del quartiere nello slancio dell‘evangelizzazione è sottesa al progetto dell‘intero complesso, pur se solo in parte realizzato. Nel disegno originario gli spazi aperti, i percorsi e gli attraversamenti sono orientati a essere lo scenario di vita della comunità religiosa e civile, delle celebrazioni all‘aperto come dei momenti di festa laica. Lo schema centrifugo di chiesa, casa parrocchiale e salone è il cuore di un disegno al tempo stesso urbanistico ed ecclesiologico. Sebbene il progetto sottolinei la dimensione partecipativa e avvolgente della vita comunitaria, è considerata anche la possibilità di osservare ‘dall‘esterno‘, di appartarsi in aree protette, di stabilire relazioni visive personali con il luogo di culto (si pensi alla finestrina, sempre aperta verso il tabernacolo), di soffermarsi sotto il nartece o sotto il portico perimetrale. Diceva il cardinal Lercaro il giorno ufficiale dell‘apertura al culto, nella festa dell‘Immacolata del 1961: "Casa del Signore, si stacca sufficientemente dalle case degli uomini, senza peraltro scostarle e creare un urto; casa della famiglia di Dio, la accoglie in ambiente aperto e luminoso per l‘adunanza intorno alla cattedra e alla tavola del Padre; ma lascia anche l‘angolo discreto e raccolto per un colloquio più intimo e confidente; apre uno spazio largo per gli incontri settimanali, ma consente, per le grandi giornate, uno spazio maggiore; distingue il presbiterio, ma non lo allontana dal popolo; raccoglie in unità l‘assemblea, ma consente i movimenti processionali tanto importanti nel loro simbolismo e tanto interessanti per superare una presenza passiva e mortificata. Una sola cosa si desidera ora: che lo spazio sacro risuoni di voci oranti e di canti; e concorra così ad alimentare il vincolo della carità nella famiglia fedele" (BVI, 1961).