Il rapporto tra la luce e le superfici che racchiudono l‘ambiente è l‘elemento-guida della poetica di Gresleri, evocatrice degli spazi di culto di Le Corbusier e del razionalismo italiano: l‘illuminazione naturale è garantita da una pluralità di fonti dirette e indirette, che fanno piovere la luce sulle asperità dell‘intonaco, trattato artigianalmente in modo da avere la matericità dei muri calcinati mediterranei (che consente, peraltro, anche di migliorare l‘acustica).
Il pozzo di luce centrale - eco dei "cannoni di luce" lecorbusieriani, ma anche reinvenzione dellocchio centrale della camera nuziale del Mantegna - assicura la focalizzazione dello spazio sull‘altare, mentre la finestra orientata della cappella feriale illumina di luce radente l‘abside con il tabernacolo e la statua mariana. Le asole perimetrali tra le pareti e il solaio di copertura garantiscono una luminosità diffusa, sottolineata dai colori delle vetrate, mentre le fessure di luce nelle nicchie accentuano le statue devozionali. Il diedro sopra la sacrestia porta la luce diretta nell‘aula e sul battistero, modulata dalle vetrate artistiche realizzate da padre Costantino Ruggeri (1995), mentre il lucernario sul matroneo fa scendere luce filtrata. La dialettica tra le superfici intonacate e quelle in calcestruzzo a vista segnala i diversi rapporti tra la semplice trama strutturale portante (quattro telai in cemento armato) e le murature a nastro dell‘involucro a dare forma agli spazi interni. Ad esempio, il solaio basso della cappella feriale presenta a vista le superfici del calcestruzzo con le casserature, mentre il solaio alto della navata è rivestito in intonaco fonoassorbente in vermiculite; su alcune pareti in getto cementizio sono leggibili i graffiti incisi da Giuliano Gresleri nelle casserature, in altre prevale la consistenza materica dell‘intonaco plasmato.