Il cuore stesso del progetto è rappresentato dal programma liturgico: il cantiere si sviluppa negli anni che precedono l‘indizione e l‘apertura del Concilio Vaticano II, e l‘allestimento dei poli liturgici si protrarrà negli anni successivi, avendo modo di calarsi nello spirito post-conciliare e nei nuovi riti attuativi della riforma.
La ricerca su un impianto "partecipativo" e su una poetica contemporanea sono le due guide del progetto. "Si è dovuto prima studiare, poi capire, poi scegliere, dividere, unire, dare gerarchie diverse, avvicinare e allontanare, portare nella luce e accompagnare in aree di riposo, perché tutto non solo funzionasse secondo i canoni, ma perché l‘insieme acquisisse quella situazione spaziale ambientale che risultasse di ‘servizio‘ all‘azione liturgica, al punto di poterla rendere luminosa e comprensibile" (Gl. Gresleri 2011) L‘aula ha una pianta quadrata, che viene però ri-articolata secondo una trama complessa di percorsi liturgici, legami visivi e relazioni di prossimità che determinano la ricchezza dello spazio interno, pur nella sua assoluta e programmatica semplicità. Lo schema dei percorsi processionali dei diversi riti è uno degli elementi generatori decisivi dello spazio. L‘aula centrale è polarizzata sull‘ampia piattaforma presbiteriale, il bema, su cui sono disposti l‘altare, l‘ambone e la sede del presidente, affiancato dai ministranti. I fedeli sono disposti sui tre lati del presbiterio. Un potente, ma misurato, fascio luminoso concentra l‘illuminazione naturale sull‘altare, contribuendo in modo sostanziale alla concentrazione spaziale dell‘assemblea sul presbiterio; per usare le espressioni care al progettista, una "spazialità centrata", o una "atmosfera sferica". L‘attuale presbiterio è stato realizzato in modo definitivo, coerentemente con l‘impianto complessivo originario, solo a metà degli anni Ottanta, prevedendo un‘ampia area libera antistante all‘altare che - pur senza allontanare l‘assemblea - consente ai diversi sacramenti e riti di dispiegarsi in uno spazio ampio e accogliente. L‘ambone e l‘altare emergono dalla pedana come articolazioni che concorrono a definire un ‘luogo‘, e non un insieme di arredi. Da notare la posizione dell‘ambone, allineato all‘altare, nella posizione di massima visibilità da parte dell‘assemblea e sufficientemente arretrato per essere in relazione prossemica anche con le parti più avanzate delle aree laterali. Un secondo nucleo spaziale è disposto al fondo dell‘assemblea, parallelamente alla facciata principale e a destra dell‘ingresso principale, in diretta continuità con l‘aula principale: si tratta della cappella feriale, che ospita anche la custodia eucaristica e la statua mariana, ed è dotata di un proprio piccolo accesso diretto, quasi una porta privata o intima, "per la persona che entra silenziosamente e si ritira nel fondo della chiesa" (Ciampani 1961). È interessante rilevare che il legame funzionale e spaziale tra il tabernacolo e il presbiterio genera un "percorso introitale" che lega la cappella (quasi una "chiesa nella chiesa") con l‘aula (Gi. Gresleri 2010, p. 81). Al fondo della cappella, in adiacenza dell‘ingresso principale ,i vani per i confessionali. Dalla parte opposta dell‘ingresso, lo spazio destinato al fonte battesimale, poi realizzato presso il presbiterio in un tempo successivo. L‘aula centrale e la cappella feriale possono costituire un unico vano in occasione delle celebrazioni festive, ma restano spazialmente separate, connotate dalla diversa quota delle coperture e dai differenti sistemi di illuminazione naturale; per isolare i due spazi è anche prevista la possibilità di diaframmatura, progettata e realizzata in fase successiva. L‘acceso dei fedeli può avvenire da diverse porte (la principale da est, ma anche da nord e da ovest), la cui relazione segna anche le trame di "attraversamento" della chiesa, nel quadro della complessiva permeabilità del centro parrocchiale, "come a invitare tutti a confluire al centro dove è l‘altare" (Ciampani 1961). In sintesi, come sottolineava mons. Luciano Gherardi nell‘opuscolo di presentazione dell‘edificio nel giorno dell‘inaugurazione, "l‘ispirazione liturgica, attinta alle fonti autentiche e primarie e non a rivoli di una vaga e decadente religiosità, è la matrice dell‘organismo architettonico" (BVI, 1961).