Rinfrancate i vostri cuori. Uomo nuovo risorto con Lui (Cf. Rm 6,8-11) - Raffaello Sanzio, Trasfigurazione, 1518-1529 

Raffaello Sanzio, Trasfigurazione, 1518-1529   versione testuale

Musei Vaticani, Pinacoteca, Città del Vaticano


Nel tempo quaresimale l’ascolto della Parola di Dio conduce il credente verso la celebrazione pasquale attraverso la riscoperta del proprio battesimo quale lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo (cf. Tt 3,5). Le letture dell’Antico Testamento delineano le grandi tappe della storia della salvezza: da Abramo a Mosè, dalla dolorosa esperienza dell’esilio al festoso ritorno in patria, dal regno davidico agli eventi della storia successiva. L’epistola prolunga il messaggio veterotestamentario e nello stesso tempo prepara all’ascolto del vangelo che nel ciclo di quest’anno, oltre a Giovanni, è quello marciano. La Chiesa si sofferma nella contemplazione del mistero della salvezza e dell’ora del suo adempimento, realizzata in Cristo. L’ascesi quaresimale si configura, pertanto, come progressiva partecipazione al mistero di morte e risurrezione di Gesù, secondo quanto esprime il V Prefazio di Quaresima che dà il tono a questo tempo forte dell’anno liturgico, ponendo al centro della preghiera della Chiesa il tema dell’esodo: «Tu, O Dio, riapri alla Chiesa la strada dell’esodo attraverso il deserto quaresimale, perché ai piedi della santa montagna, con il cuore contrito e umiliato prenda coscienza della sua vocazione di popolo dell’alleanza». Per questa ragione la Chiesa può vivere la Quaresima, “segno sacramentale della nostra conversione”, come momento propizio per il suo ininterrotto e crescente ritorno alla casa del Padre. Così facendo, impara sempre più che non si dà alcun autentico umanesimo se non in Cristo e nella partecipazione al suo gesto di donazione assoluta e incondizionata, sino alla morte e alla morte di croce, al Padre suo e a tutti gli uomini. Soltanto nella piena adesione al sacrificio di Gesù la Chiesa potrà riscoprire il suo volto più genuino e spendersi senza misura per l’annunzio del vangelo al mondo contemporaneo. E se in questo itinerario si scontra con le fragilità delle membra che la compongono, ecco, allora, che la Quaresima è il tempo in cui il Dio la convoca per renderla pura e santa al suo cospetto nella carità (cf. Ef 1,4). Il tempo quaresimale, infatti, ha come fine la preparazione alla Pasqua del Signore, mistero della glorificazione di Gesù – e in lui di coloro che gli appartengono e della creazione tutta - nel suo vero corpo. Nella Trasfigurazione dipinta da Raffaello tra il 1518 e il 1520, questo mistero è contenuto ed espresso con incomparabile bellezza. L’opera è conservata nei Musei Vaticani, ma fu commissionata a Raffaello nel 1517 per la cattedrale di Narbonne dal Cardinale Giulio de’ Medici, il futuro Clemente VII. Ci pone innanzi a una scena che è il risultato del riuscito accostamento di due episodi evangelici diversi: la trasfigurazione di Gesù sul monte e la liberazione dell’ossesso. I vangeli non ci autorizzerebbero a porre in relazione diretta questi due momenti del ministero di Gesù che Marco, ad esempio, pone perlomeno in sequenza (cf. Mc 9,1-29). Eppure Raffaello, con la libertà e l’acume propri degli artisti, ci consente di leggere in una sola scena non solo la condizione dell’uomo, la sua deiezione, il terribile e profondo stato di morte che provoca in lui il potere del male e del peccato, ma soprattutto il mistero della sua salvezza e della sua trasformazione ad opera di Cristo. Non solo, quindi, la sua condizione, ma soprattutto il suo destino. Per questo Raffaello ha accentuato la trasparenza luminosa del Cristo in contrapposizione al buio della condizione umana. L’uomo viene raggiunto e trasfigurato dallo splendore della gloria di Cristo e riconosce che proprio quella luce è il suo destino. L’ossesso, con le sue membra disarticolate e con il suo sguardo abbacinato, è simbolo dell’umanità accecata dal peccato, orfana di speranza e incapace di futuro. Dio e l’uomo appaiono lontanissimi, assolutamente estranei l’uno all’altro.
 
Ma in Cristo, “luce da luce”, “irradiazione della gloria del Padre”, la luce si rende presente anche nelle tenebre più fitte e si diffonde dalla sua carne e dalla sua umanità compenetrata dallo Spirito. La luce della Trasfigurazione, anticipo della Pasqua, manifestazione dell’identità del Figlio e del destino dei figli, non solo non sarebbe venuta meno al momento della croce, ma proprio lì, si sarebbe espressa in tutta la sua forza. Ecco perché Raffaello ha voluto tenere insieme ciò che i tre vangeli sinottici hanno narrano quando hanno presentato sia la cristofania avvenuta su un monte, sia la guarigione di quel ragazzo proprio ai piedi di quella stessa altura. Gesù è avvolto in un nimbo di luce, ha le braccia allargate in segno di croce. Il Cristo glorificato è il Cristo crocifisso. Ecco perché se a prima vista tra la parte superiore e quella inferiore del dipinto non si coglie un’immediata relazione, in realtà il mistero della salvezza che si sta realizzando è unico, come dimostrano anche le mani alzate di alcuni dei nove apostoli che non erano saliti con Gesù sul monte, ulteriore punto di contatto visivo, colte nell’atto di indicare l’evento salvifico che si sta realizzando. Il gesto degli apostoli consente il passaggio da una scena all’altra senza soluzione di continuità, e accompagna l’osservatore in una sorta di cammino interiore e spirituale. Se l’uomo guarda a Cristo, nonostante la condizione di prostrazione morale, spirituale e fisica in cui il peccato l’ha trascinato, può vedere in lui il proprio destino e la perfetta realizzazione della sua esistenza: morire con lui per risorgere con lui a vita nuova.