Rinfrancate i vostri cuori. Uomo nuovo risorto con Lui (Cf. Rm 6,8-11) - Domeniche - 3 maggio - V domenica di Pasqua 

3 maggio   versione testuale

V domenica di Pasqua


Mausoleo di Galla Placidia, decorazione musiva parietale, Monogramma di Cristo, volta con racemi di vite e profeti, V sec., Ravenna.
 
Nella Preghiera Colletta di questa V domenica di Pasqua la Chiesa prega dicendo: «O Dio, che ci hai inseriti in Cristo come tralci nella vera vite, donaci il tuo Spirito, perché amandoci gli uni gli altri di sincero amore, diventiamo primizie di umanità nuova e portiamo frutti di santità e di pace». Uniti a Cristo i discepoli vengono infatti trasformati in un’autentica comunità, in un solo corpo e in un solo spirito, in una sola famiglia o - per usare l’immagine del Vangelo di oggi - in una sola vite. È a partire da questo registro che si può comprendere soprattutto la Prima Lettura in cui abbonda l’uso di tutta una serie di espressioni che si muovono chiaramente in questa direzione. Se in un primo momento, ad esempio, l’autore degli Atti degli Apostoli riferisce che «Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo»,immediatamente dopo aggiunge che «Barnaba lo prese con sé, lo condusse dagli Apostoli», per poi concludere dicendo: «Così egli poté stare con loro». Lo stesso brano riferisce che in un secondo momento gli stessi discepoli, per paura che venisse ucciso, si premurarono di condurlo a Cesarea e di farlo partire per Tarso, avendolo accolto nel seno della medesima comunità di salvezza che anche grazie alla sua predicazione «si consolidava e camminava nel timore del Signore». Essere uniti a Cristo, la vera vite, vuol dire perciò essere Chiesa e divenire sempre più Chiesa. Essere con lui, infatti, vuol dire essere con gli altri fratelli; andare incontro a lui implica essere condotti agli altri fratelli. La via che conduce a Cristo passa inevitabilmente dai fratelli e l’unica linfa vitale ha la sua sorgente in Colui che Dio ha risuscitato dai morti con la potenza del suo Spirito e raggiunge tutta la vite e i suoi tralci. L’esperienza pasquale, di conseguenza, non può essere ridotta a una faccenda privata, per quanto nobile e profonda, consumata nell’esclusivo vantaggio del singolo individuo, ma è sempre e innanzitutto un’esperienza ecclesiale e di autentica comunione. Per questa ragione, nella Seconda Lettura si legge: «Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui» (1Gv 3,23-24). È il medesimo messaggio che ci consegna il Vangelo: «Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,4-5).
Ebbene, nel Mausoleo di Galla Placidia, un sacello del V sec., a pianta cruciforme, che si presenta al visitatore come uno scrigno di bellezza e di dottrina, è possibile ammirare alcuni dei mosaici più belli della Ravenna imperiale. Conserva, infatti, una serie di decorazioni musive realizzate tra il 425 e il 450, che alla sommità della volta dell’edificio si definiscono nella forma di un clipeo con cornice di foglie stilizzate e con il monogramma di Cristo al centro, affiancato dalle lettere greche maiuscole Alfa e Omega. Il tutto si inserisce nel motivo decorativo dei tralci di vite, evidente rimando al tema morte-risurrezione-vita, e quindi al Vangelo di Giovanni in cui lo stesso Gesù usa proprio questa immagine per descrivere il rapporto che lega i suoi discepoli a Lui e tra di loro. Questo stesso monogramma di Cristo, proprio perché arricchito dalle lettere Alfa e Omega, rappresenta anche un chiaro riferimento alla venuta ultima del Signore nella gloria, secondo quanto leggiamo all’inizio del Libro dell’Apocalisse: «Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto. Sì, Amen! Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!» (Ap 1,7-8). I mosaici del mausoleo ravennate celebrano, pertanto, il primato cosmico di Cristo Risorto e il suo significato in ordine alla salvezza. Sembrano tradurre ciò che leggiamo nella Lettera ai Colossesi in cui Cristo è presentato come colui che per la sua risurrezione dai morti è stato costituito a capo di tutte le cose, colui, cioè, nel quale tutte le cose hanno consistenza e unità: «Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1,17-20).