Rinfrancate i vostri cuori. Uomo nuovo risorto con Lui (Cf. Rm 6,8-11) - Domeniche - 26 aprile - IV domenica di Pasqua 

26 aprile   versione testuale

IV domenica di Pasqua


Arte paleocristiana, Altareparticolare del Buon Pastore, III sec., Chiesa di San Francesco, Urbino.
 
«Le sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque segue Gesù con cuore semplice è nutrito con il cibo dei campi eterni – scrive San Gregorio Magno -. E quali sono i pascoli di queste pecore se non le gioie spirituali del paradiso nel quale la primavera è eterna? Pascolo degli eletti è il volto sempre presente di Dio che, contemplato senza intermissione, sazia l’anima con un cibo che non viene mai meno».
In un bassorilievo che orna un altare del III sec. custodito nella chiesa di San Francesco a Urbino, è proposta la figura centrale di Gesù rappresentato come Buon Pastore, che porta una pecora sulle spalle, mentre altre due pecore stanno ai suoi piedi, rivolte verso di lui. Le sue pecore, infatti, conoscono la sua voce, lo ascoltano e lo seguono, come aveva detto lo stesso Gesù nel Vangelo di Giovanni. Il riferimento è al brano che la Chiesa propone per la liturgia di questa IV domenica di Pasqua: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre» (Gv 10,14-15). Il pastore è un giovane, imberbe, il quale volge lo sguardo verso sinistra rispetto allo spettatore, fissando un punto lontano che oltrepassa i limiti di un orizzonte troppo angusto. Egli ha altre pecore da condurre all’ovile e anche per quelle offre la sua vita. Il suo sguardo perfora anche il buio fitto della morte e riesce a raggiungere l’uomo nella sua condizione più estrema; nella sua condizione di morte. «È risorto il buon pastore, che ha dato la vita
per le sue pecorelle – recita l’antifona alla comunione -, e per il suo gregge
è andato incontro alla morte». La figura del pastore scolpita nel marmo ha le gambe divaricate, una delle quali, quella destra, è leggermente sollevata, come per lasciare intendere un incedere verso l’osservatore. Egli, infatti, è in cammino e le pecore che stanno ai suoi piedi lo stanno seguendo.
Lo spettatore può identificarsi con queste e può allo stesso tempo percepirsi come il destinatario di quell’incedere. Come leggiamo nella Seconda Lettura di questa domenica, il cammino che la Chiesa è chiamata a percorrere dietro al suo Pastore è ben delineato: «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1Gv 3,2). Per questo essa prega dicendo: «Dio onnipotente e misericordioso, guidaci al possesso della gioia eterna, perché l’umile gregge dei tuoi fedeli giunga con sicurezza accanto a te, dove lo ha preceduto Cristo, suo pastore» (Preghiera Colletta) o, nella Colletta alternativa: «Padre, che fai risplendere la gloria del Signore risorto quando nel suo nome è risanata l’infermità della condizione umana, raduna gli uomini dispersi nell’unità di una sola famiglia». Solo quando tutte le pecore formeranno un solo gregge con un unico pastore, la missione di Gesù potrà dirsi definitivamente conclusa e la salvezza avrà raggiunto il suo pieno compimento. L’unità finale del gregge scaturisce, pertanto, dall’ascolto comune della parola di Gesù: «Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore» (Gv 10,16). Questo piano di salvezza si realizzerà perfettamente e irrevocabilmente alla venuta finale di Cristo, quando il Signore Risorto radunerà i suoi dai quattro angoli della terra per introdurli per sempre nel suo Regno glorioso, ma già al presente conosce la sua anticipazione soprattutto nella comunione all’unico pane e all’unico calice e nella professione dell’unica fede. Per questo nell’Orazione dopo la Comunione la Chiesa si rivolge al Signore con la supplica: «Custodisci benigno, o Dio nostro Padre, il gregge che hai redento con il sangue prezioso del tuo Figlio, e guidalo ai pascoli eterni del cielo». La ricchezza di questo mistero ci è offerta, poi, in un antico testo della liturgia siriaca che recita: «Questo giorno chiude il ciclo delle sofferenze, e le cose di questo mondo sono trasformate in celesti. Ieri il Pastore era colpito e le pecore erano disperse; oggi esse si raccolgono con gioia e allegrezza».