24 maggio   versione testuale

Pentecoste


Paliotto d’avorio, particolare dell’Apparizione del Risorto ai discepoli e della Pentecoste, prima metà del XII sec., Museo Diocesano di San Matteo, Salerno.
 
La Chiesa, nata dalla Pasqua di Cristo, prega affinché si rinnovi sempre di nuovo «il prodigio della Pentecoste» (Colletta della Messa vespertina della vigilia) e nella medesima liturgia invoca il dono dello Spirito Santo, soprattutto nel tempo presente, segnato da divisioni e discordie, ottenebrato da grandi sconvolgimenti e da terribili profezie di distruzione e di morte, «perché tutti gli uomini cerchino sempre l’unità nell’armonia e, abbattuti gli orgogli di razza e di cultura, la terra diventi una sola famiglia». Nella tribolazione della storia e nella tristezza di questo tempo, la Chiesa, specialmente per quei fratelli che soffrono la persecuzione, rinnova la sua supplica: «Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò ch’è sviato»…e, prima ancora, rivolge il suo pensiero allo Spirito Santo, che invoca come consolatore perfetto, conforto nel pianto, dolcissimo sollievo. Nella Colletta della Messa del giorno, invece, la sua preghiera sale a Dio affinché continui oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che aveva operato agli inizi della predicazione del Vangelo. Nella Prima Lettura, poi, è offerto un ulteriore spunto di riflessione, lì dove per inciso viene detto che l’evento della Pentecoste si realizza mentre «si trovavano tutti insieme nello stesso luogo» (At 2,1). La Pentecoste, infatti, è la nascita della Chiesa, il momento germinale della sua esistenza e della sua missione e, in essa, è l’inizio della vita nuova per ogni singolo credente che viene immerso nelle acque del battesimo. Completa il quadro la Seconda Lettura in cui l’Apostolo ricorda che «il frutto dello Spirito […] è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22). Tutto questo, si aggiunge, è espressione e frutto della vita nuova di coloro che sono stati uniti a Gesù Risorto e che hanno ricevuto il dono del suo Spirito. Coloro, infatti, che sono stati generati dall’acqua e dallo Spirito devono anche camminare secondo lo Spirito. Solo con la forza che viene dallo Spirito i discepoli di Gesù possono annunziare e testimoniare il Vangelo: «Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza» (Gv 15,26-27).
In una delle tavolette che compongono il noto paliotto in avorio custodito nel Museo Diocesano di San Matteo a Salerno, ci troviamo di fronte a due scene in rilievo, una superiore e una inferiore, in cui viene presentato, in alto, Gesù che appare ai suoi discepoli dopo la risurrezione e, in basso, l’episodio della Pentecoste. Nel primo caso emerge la figura centrale di Gesù con le braccia allargate in segno di croce, mentre si mostra agli Apostoli che si inchinano dinanzi a lui per adorarlo. Nel secondo caso abbiamo invece gli Apostoli, seduti uno accanto all’altro, frontalmente, ricoperti di tuniche e, alcuni di loro, con dei rotoli in mano, sui quali scende lo Spirito in forma di piccole colonne di fuoco. Le due scene, com’è evidente, sono complementari e vanno lette insieme perché solo così si illuminano a vicenda. Esse ci consegnano un messaggio molto ricco e suggestivo che può essere tuttavia espresso con poche parole: Lo Spirito Santo effuso sulla Chiesa nascente nel giorno di Pentecoste, è lo Spirito donato dal Risorto ai suoi discepoli riuniti nel cenacolo ed è lo Spirito che continua a essere donato alla Chiesa delle diverse generazioni affinché questa sia in grado di annunziare con forza il Vangelo di Gesù, ne sia testimone nel corso della storia e si ponga a servizio del Regno per la liberazione integrale dell’uomo e del mondo. Lo Spirito, inoltre, rende possibile a tutte le generazioni di entrare in contatto con il mistero di Cristo, perché ciascuno lo accolga nella sua esistenza e perché la salvezza guadagnata dal suo sacrificio pasquale si realizzi a vantaggio del mondo intero. Lo Spirito del Risorto, infatti, ha la missione di universalizzare, interiorizzare e attualizzare il mistero pasquale di Cristo; la sua presenza e la sua azione rinnovano la faccia della terra. Lo stesso Spirito, infine, nei momenti più oscuri della storia e dell’esistenza di ogni uomo, quando ogni cosa sembra essere in preda alla follia degli uomini e allo sconvolgimento degli elementi, tiene viva la «brace di pasqua / che pare stentare a incendiare la terra» (Domenico Ciardi). L’invocazione del dono del Consolatore si fa ancora più accorata quando, simili agli alberi del monte, siamo «disperatamente soli / a sfidare / raffiche impetuose di vento» o quando percorriamo la valle grigia e fissiamo «il cielo / immagine di paura»
(Angelo Casati).