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Ridare peso e valore alle parole   versione testuale

Ci ha provato Pierpaolo Triani, dell’Istituto Toniolo, offrendo in maniera convincente un dizionario essenziale con il quale non solo riflettere sui giovani, ma tenere acceso lo sguardo su di loro, senza stancarsi da una parte di ascoltarli, dall’altra di mantenere alte le domande, coltivando un’attenzione educativa.
Innanzitutto, ha esordito Triani, è necessario non continuare a considerare i giovani come persone stanche e disinteressate: le ricerche parlano di come siano attraversati da un’energia di vita, da un’aspirazione a realizzare se stessi, ad avere un lavoro stabile, una famiglia, dei figli. Sono, quindi, attraversati, dal desiderio, ma spesso non trovano un contesto favorevole, non incontrano risorse e processi che permettano di concretizzare. A questo livello, il nodo educativo ruota attorno alla possibilità di prendere sul serio tali aspirazioni, offrendo loro proposte, contenuti, ideali, valori con cui misurarsi.
Seconda parola chiave, tra quelle offerte dal pedagogista, è precarietà. Se tutte le generazioni l’hanno vissuta, quella che segna i giovani di oggi non è solo esistenziale, ma materiale e anche a livello di legami e di appartenenza: un insieme che accresce incertezza e porta a ripiegarsi sul presente, mentre si stenta a cogliere la fatica e il limite come fattori con cui è necessario imparare a misurarsi. A questo riguardo, la logica educativa  richiede un atteggiamento sapienziale, che aiuti i giovani a comprendere le contraddizioni dell’animo umano, le sue fragilità, e rimandi a un percorso in profondità, che permetta di affrontarle.
Fiducia è la terza parola declinata da Triani, una fiducia che “richiede la sperimentazione di un atto di fiducia su di sé: se volgiamo che i giovani si fidino, dobbiamo comunicare loro la nostra fiducia nelle loro risorse e possibilità”. In particolare, ha proseguito, l’educazione presuppone una fiducia radicale nel processo di libertà e di responsabilità dell’altro, ponendosi nei suoi confronti con l’autorevolezza che viene dall’incarnare scelte di vita coraggiose e gratuite.
Dalla fiducia alla responsabilità: è importante – ha evidenziato il relatore – che “i giovani siano sollecitati a prendere in mano se stessi: diventare grandi è un processo personale, che matura con la formazione di una coscienza critica. La sfida educativa, al riguardo, si pone sul piano del rendere l’altro consapevole e, quindi, responsabile.
La strada passa da un saper coinvolgere i ragazzi, evitando di continuare a considerarli semplicemente come persone bisognose, di cui l'adulto è chiamato a prendersi cura. partecipazione è parola che invoca il plurale; e se da una parte già incontra la sensibilità delle nuove generazioni, dall'altra è modalità con cui aiutarla superare certi loro sospetti nei confronti di impegni a lunga scadenza. Si tratta anche di vincere l'enfatizzazione che oggi viene posta sul benessere dell'individuo, stimolandolo a pensare la propria realizzazione in rapporto a quella degli altri, con uno sguardo privilegiato per chi è escluso dal "mondo luccicante".
L'ultima parola spesa da Triani è trascendenza: in un contesto  El quale l'adesione religiosa per tradizione sta erodendosi inesorabilmente! sempre più - ha spiegato - la religiosità è vista come un processo personale e aperto: se questa visione apre la strada a scelte maggiormente consapevoli, richiede di essere comunque accompagnata, anche per non fermarsi a una cultura nella quale l'esperienza religiosa è guardata con indifferenza, quando non con sospetto. La questione educativa, a questo proposito, si gioca nella capacità di promuovere nei giovani un atteggiamento positivo nei confronti delle domande radicali che abitano il loro cuore.
In conclusione, il relatore ha evidenziato che, se l'educazione è un'avventura collaborativa dove nessuno è autosufficiente, un rullo decisivo l'hanno figure che recuperano autorevolezza, coltivando passione per la vita dei ragazzi e per il loro bene. In fondo, ha rimarcato, si tratta di riportare al centro dell'azione educativa le relazioni, i contenuti, i contesti, i linguaggi, investendo sul tempo e non sul l'attesa di risultati immediati.