Il seguente messaggio è stato presentato ed illustrato da S.E. Mons. Giuseppe Anfossi, Presidente della Commissione Episcopale per la Famiglia, nella sessione del Consiglio Episcopale Permanente del 20-23 settembre 1999.
I Vescovi del Consiglio hanno offerto il loro contributo con osservazioni e suggerimenti, recepiti nella stesura definitiva del testo curata dalla Commissione Episcopale e dalla Presidenza della C.E.I. Il messaggio, a firma del Consiglio Episcopale Permanente, viene pubblicato affinché nelle singole diocesi si provveda per tempo a preparare la celebrazione della Giornata.
"CI È STATO DATO UN FIGLIO"
1. - AllŽinizio del terzo millennio della nostra storia, il Giubileo cristiano annunzia e celebra la dignità e la bellezza entrate nella vita umana da quando "ci è stato dato un Figlio" (Isaia 9,5), il quale si chiama Gesù.
Dio "lo ha dato per tutti noi" (Romani 8,32): coetaneo di ogni uomo e donna e contemporaneo di ogni generazione, è per tutti e per ciascuno il Salvatore che, mentre ci dona la vita divina, rende pienamente umana la nostra esistenza e fa sì che nulla in essa sia inutile o irrecuperabile.
Facendosi uomo, il Figlio di Dio "si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Gaudium et spes, 22). Ha scelto di nascere come uno di noi, affinché ogni bimbo che viene al mondo porti, fin dal primo istante in cui è concepito, lŽimmagine di Lui, il primogenito di tutti (cf. Romani 8,29). A somiglianza di Lui e in unione con Lui, ogni figlio è un immenso dono: per gli sposi che, generandolo, vedono la fecondità del loro amore, per la famiglia e la Chiesa che, accogliendolo, crescono, per la società che lo attende per svilupparsi.
2. - Una civiltà che ha paura del generare diventa meno umana; perde il senso di quella identità dellŽessere figli che tutti ci accomuna e per la quale uomo è sinonimo di figlio. Questa comune identità nativa si sublima nella rivelazione del Figlio che "ci è stato dato" e si apre in lui alla conoscenza e allŽincontro di Colui che, per merito Suo, tutti abbiamo la grazia di chiamare "Padre nostro".
LŽoffuscarsi del valore di essere genitori è declino della civiltà dellŽamore: la caduta dellŽamore che genera la vita dissolve anche lŽamore che costruisce la democrazia e la pace.
3. Non possiamo ignorare le difficoltà oggettive del contesto socioeconomico, culturale e legislativo, che ostacolano o ritardano il formarsi delle famiglie e rendono problematica la procreazione.
Le pubbliche istituzioni hanno il dovere di considerare prioritari gli interventi da adottare per rimuovere tali difficoltà.
Un popolo civile come quello italiano non può rassegnarsi al triste primato della denatalità, conquistato impedendo o sopprimendo nuove vite; come, dŽaltra parte, non può né deve accettare che i figli vengano prodotti mediante la tecnica, quasi fossero dei beni di consumo, o che i vecchi infermi vengano eliminati, sia pure dolcemente, quasi fossero prodotti ormai scaduti.
Specialmente però occorre ravvivare la mentalità e la cultura dellŽamore degli sposi, i quali, facendosi insieme dono della vita ai figli, rendono il loro stesso amore più vero, più sacro, più forte: cioè, più umano.
4. - Sulla soglia del nuovo millennio, i cristiani sono chiamati a testimoniare e annunciare, con convinzione e con gioia, questa divina risorsa che Cristo vivo offre agli uomini e alle donne del nostro tempo: IŽamore che dà la vita, offrendo la propria "a causa del Vangelo" (Marco 10,29) o suscitando quella dei figli, non per possederli ma per donarli a loro stessi. Accompagnandoli, con affetto sapiente, i genitori li aiutano a fare, anchŽessi, della vita ricevuta in dono una risposta al progetto divino seminato nel loro cuore e alle attese della Chiesa e dellŽumanità.
Perché tutti, genitori e figli, non siamo nessuno, se non diventiamo dono: "lŽuomo, il quale sulla terra è la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé" (Gaudium et spes, 24).
Mentre pregando, chiediamo al Figlio "che ci è stato dato" di rendere efficace il nostro impegno umano, vorremmo invitare, senza complessi né pretese, a prenderlo in considerazione quanti hanno a cuore il futuro della nostra civiltà.
Roma, 21 novembre 1999