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Nuovo umanesimo: prospettiva di pace e di giustizia (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/10


Ad introdurre una riflessione su un “nuovo umanesimo” è stato già il Concilio Vaticano II laddove tra l’altro constata (cfr. Costituzione pastorale Gaudium et Spes, 1965, GS, nn. 54-55) che “le condizioni di vita dell’uomo moderno… sotto l’aspetto culturale e sociale sono profondamente cambiate così che è lecito parlare di una nuova epoca della storia umana”.
Le scienze esatte e storiche, le tecniche, gli strumenti della comunicazione sociale, l’urbanesimo, l’interrelazione e gli scambi tra i popoli, tutto questo e molto altro concorre a mettere in discussione ed evoluzione la vita personale e sociale dei singoli e delle comunità. E la nuova coscienza di essere “artefici e autori della cultura della propria comunità” (ivi) cambia mentalità, attese, comportamenti. Si dilata lo spazio della cultura e si riduce quello della natura, soprattutto se intesa oggettiva e vincolante. L’uomo si sente, almeno in potenza, capace di modificare tutto, se non subito almeno poi, fino a creare artificialmente la vita ed a modellarla secondo propri criteri (cfr. al riguardo la Caritas in Veritate di Benedetto XVI, capitolo sesto). Potenzialità positive e pericoli plurimi sono evidenti.
Per cui, “se teniamo presente che l’unificazione del mondo e il compito che ci si impone di costruire un mondo migliore nella verità e nella giustizia” noi diveniamo “testimoni della nascita di un nuovo umanesimo, in cui l’uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia” (GS, n. 55).
Per noi è comunque evidente ed inderogabile avere a fondamento di qualsiasi umanesimo - che voglia davvero essere un progresso dell’uomo e di tutti gli uomini - Dio creatore dell’universo intero, in primis dell’uomo, “la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa” (GS, n. 24), la quale ha quindi una nativa “vocazione alla comunione con Dio” (GS, n.19), e Cristo redentore, il vero “uomo nuovo” (GS, n.22), che rivela il Padre all’uomo e “svela pienamente l’uomo all’uomo” (ivi), riconciliandolo con il Padre.
Qui si fondano oggettivamente ed universalmente dignità e libertà della persona umana.
E solo così la Carta dei Diritti fondamentali ed inalienabili dell’Uomo è universale, nel luogo e nel tempo, ed oggettivamente vincolante. Anzi proprio in questo modo l’uomo si realizza in pienezza nelle sue potenzialità umane dilatate fino all’infinito di Dio.
A conferma ed esplicitazione ci sarebbero tanti riferimenti a Sommi Pontefici. Ne riportiamo alcuni a pg. 298.
In questo numero della nostra rivista proponiamo alcune riflessioni che aiutino a chiarire e sviluppare questo processo nella concretezza del vissuto.
Ben altro e molto più ci sarebbe da dire come riflessione e da condividere come esperienza. Ma confidiamo al riguardo anche sul contributo dei nostri lettori.