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Il cambiamento nella continuità (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 3/10


Il “Rapporto annuale Migrantes”, ora per l’anno 2009, è più che un atto dovuto perché esso è contemporaneamente relazione e condivisione, verifica e progettazione. è pertanto un momento di doverosa pausa meditativa nel veloce succedersi di eventi ed interventi.
L’accelerazione è certamente una nota caratteristica del sistema di vita che ci siamo creato a livello mondiale con la globalizzazione in economia, con la mondializzazione delle vicende nazionali e/o locali, con il tempo reale dell’informazione. Tutti settori che si richiamano a vicenda e che, interagendo tra di loro, si condizionano continuamente, tutti protesi verso il futuro, a volte schiacciando il presente, dando comunque una irrequietezza di attesa e l’impressione di tempi nuovi e migliori. Il che non è detto. Diviene anzi problematico con improvvise brusche frenate nella speranza di crescita (vedi crisi americana prima, greca poi e via dicendo) e negli ottimismi facili o rituali. E il relativismo culturale, tuttora imperante e da tempo fortemente denunciato da Papa Benedetto XVI, dovrebbe riflettere sulle proprie inadeguatezze e colpe a proposito di vere e credibili prospettive di sviluppo e crescita in civiltà per i popoli e l’intera famiglia umana.
I migranti che intersecano ogni società nei settori tipici del cambiamento e ne soffrono i disquilibri economici e culturali (vedi la profuganza), possono divenire un fattore di riequilibrio per la forte speranza che li muove e il carico di umanità che li connota.
Si tratta di un processo che coinvolge anche la Migrantes come istituzione e nel suo operare e che richiede indubbiamente lucida capacità di analisi e duttile flessibilità di azione.
Il nostro orizzonte finale è l’eternità, ma la nostra piattaforma di azione quotidiana è l’umanità creativa e sofferente della mobilità umana, purtroppo ancora fortemente subita (e la punta emergente ne è la crescente folla dei profughi) ma anche vitalmente presente nel territorio (non per nulla si parla di meticciato diffuso).
All’interno della Migrantes il 2009 registra alcune nuove situazioni importanti: la successione nella Direzione Generale, da mons. P.G. Saviola a mons. Giancarlo Perego (diocesi di Cremona) e nella Presidenza della Commissione Episcopale, da S.Ecc. Mons. Lino Belotti (Bergamo) all’Arcivescovo di Capua Mons. Bruno Schettino; e inoltre il ritiro senza successione di due Direttori nazionali di settore, don Michele Morando (Verona) per gli italiani nel mondo e don Federico Schiavon (Udine) per i Rom e Sinti. Questo acutizza ed affretta un processo, da tempo avviato, di revisione interna della Migrantes per un suo adeguamento alle mutate situazioni generali. Si constata, ad esempio, in Italia comprensibilmente, anzi doverosamente, una intensificazione dell’impegno ecclesiale nei confronti del crescente numero di immigrati (sono ben 15 i Coordinatori nazionali per la varie etnie).
La mobilità umana, ancora patologicamente motivata, comincia ad essere riconosciuta, se pur lentamente, come un fenomeno fisiologico delle nostre società. Questa discrasia comunque - patologia/fisiologia - preoccupa la Chiesa. Già nel massimo suo magistero come denunciato dalla recente enciclica sociale di Benedetto XVI, la Caritas in Veritate (nn. 62,63,64) e da tutti gli altri organismi centrali: “Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti ed Itineranti”(ad es. VI Congresso mondiale su “Una risposta pastorale al fenomeno migratorio nell’era della globalizzazione”, “lo sviluppo autentico riveste sempre il carattere solidale”); “Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa” (nel marzo 2009 invita il Parlamento Europeo a “dimostrare solidarietà tramite l’elaborazione di politiche di assistenza nei confronti dei membri più deboli e bisognosi delle nostre società, in particolare i richiedenti asilo e gli immigrati”).
Di rincalzo la CEI con il suo Presidente, Card. Angelo Bagnasco, invita a puntare su “una convivenza che, a partire dalla identità secolare del nostro popolo… diventa capace di incontrare altre identità: ne risulta per tutti un’identità arricchita” (Assemblea Generale dei Vescovi italiani, maggio 2009).
Quello della copresenza di culture con il conseguente problema di legalità, armonizzazione, integrazione è un nodo che viene al pettine della riflessione socio-culturale ed ecclesiale in ogni paese, ovviamente in modi diversi a seconda della cultura dominante locale e in modo differenziato, se si tratta di prime o successive generazioni. Ne sorge spontanea una domanda, quale sia l’attualità e la natura di una pastorale etnica: se debba ossia limitarsi ad una prima assistenza od avere compiti di accompagnamento per nuovi rapporti nella società ecclesiale e civile.
Su questo, ma non soltanto, si possono leggere opinioni e proposte da parte dei missionari di emigrazione e loro collaboratori nel Dossier n. 3/10 inserito in questo numero della rivista nel quale vengono riassunti i pareri e le riflessioni degli operatori pastorali in occasione di loro convegni nazionali.
Resta sempre attuale e positivo l’antico criterio: nelle questioni incerte od opinabili, la libertà; in quelle necessarie, l’unità; e in ogni caso regni la carità!