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Il decano dei parroci italiani a New York (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/07


La storia della Chiesa della Madonna del Carmine nella 115a strada East di New York si confonde con la prima storia degli immigrati italiani nella “grande mela” (come viene definita New York).

Gli emigrati italiani del primo 1800, una volta sbarcati ed ammessi in USA, non si avventuravano molto al di fuori dei limiti della città, dove cercavano lavoro in opere di scavazione o murarie, nella costruzione di ponti o ferrovie. Nascono così alcune Little Italy, oltre l’East River vicino a Brooklyn e a settentirione di East Harlem.

Tra il 1891 e il 1929, anni di maggior sviluppo dell’emigrazione italiana, due Piccole Italie si formarono presso Mulberry Street, dove gli emigrati non ebbero una chiesa propria ma frequentavano la Cattedrale di San Patrizio (presso cui era Trustee, o membro di direzione, l’italiano Antonio Trapani) e la bassa West Side presso il porto, nelle cui vicinanze, a Sullivan Street, i 5 PP. Francescani venuti dall’Italia nel 1855 avevano aperto la Chiesa di S. Antonio (1859), che divenne poi parrocchia mista, cioè americana e italiana.

Il vanto di essere la prima “parrocchia italiana” tocca invece alla Chiesa della Madonna del Carmine nella 115a Strada East Harlem, dove sorse la terza Little Italy di New York.

Siamo negli anni 1881-82. In quegli anni non c’era ancora la Chiesa, ma la “Congrega della Madonna del Carmine” e un sacerdote italiano, p. Domenico Del Vento, che iniziarono la festa della Madonna del Carmine, ponendo i presupposti per una chiesa destinata ai circa tremila italiani della zona.

E l’occasione venne con i Sacerdoti dell’Apostolato Cattolico, congregazione fondata dal sacerdote romano S. Vincenzo Pallotti e già presenti a Londra per volontà del Fondatore, che vi aveva costituito una chiesa, S. Pietro, appunto per gli italiani (1848).

Nel 1884 arrivano i primi due sacerdoti pallottini, don Pasquale Nisco da Roma e don Emiliano Kirner (di origine tedesca, ma di formazione italiana) da Londra.

Ad essi don Del Vento e don Giuseppe Franzioli, sacerdote svizzero chiamato dal Vescovo di Brooklyn, lasciarono l’assistenza religiosa agli italiani.

Don Emiliano sarà il primo parroco della Madonna del Carmine. Nel luglio del 1884 sorgerà la “Parrocchia degli Italiani di New York”, nella 115a Strada verso l’East River.

Seguirà immediatamente la prima Scuola parrocchiale italiana affidata alle Suore di S. Giuseppe fondate dalla Madre Seton, una vedova americana divenuta cristiana in Italia, sostenuta dalla famiglia Filicchi di Livorno. Venne poi canonizzata da Paolo VI l’11 settembre 1975.

Lo sviluppo della chiesa e della scuola è veloce e fecondo. La festa è frequentatissima, i riconoscimenti non mancano. Alcuni dati: battesimi 90 (di cui 86 italiani) nel 1884, 302 (di cui 229 italiani) nel 1885 e 573 nel 1887.

La chiesa divenne poi nel tempo santuario e luogo di incontri regionali di italiani, e dopo alterne vicende con altre statue (Madonna di Guadalupe, Madonna del Soccorso...), una statua della Madonna del Carmine venne incoronata da Papa S. Pio X (cfr. Domenico Pistella, La Madonna del Carmine e gli Italiani d’America, New York, 1954).

Qui abbiamo incontrato il 20 febbraio 2007 un “veterano” dei PP. Pallottini, P. Peter Rofrano, parroco della Parrocchia “La Madonna del Carmine”. 91 anni! Merita davvero ricordarlo.

 

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I genitori provenivano da Sala Consilina nel Salernitano. La mamma, 18 anni, e il papà, 20 anni, si conoscono, si comprendono e con coraggio giovanile si sposano nel nuovo mondo in cui si erano trovati senza scelta ma per la necessità comune a tanti compaesani, siamo negli anni ’20.

Una famiglia solida e generosa secondo la tradizione nostrana: 10 figli, con Peter a metà della scala. Tre muoiono prematuramente ma gli altri crescono sani e ben formati. Papà forte lavoratore, la mamma solerte casalinga.

La vocazione al sacerdozio venne a Peter quando conobbe i Padri Pallottini. Senza ripensamenti, con giovanile entusiasmo entra nella famiglia del santo prete romano, Vincenzo Pallotti.

Ordinato sacerdote nel 1939 passa sei anni in Italia, gli anni oscuri della guerra mondiale. Rientra in America da dove non si muove se non per viaggi sporadici.

Due volte parroco della chiesa di Sant’Anna, allora la chiesa degli italiani, e due volte parroco della chiesa Madonna del Carmelo di Arlem.

Buon predicatore e grande organizzatore permette agli italiani di vivere come comunità aggregata alla chiesa. La perfetta conoscenza anche della lingua italiana (per due volte è stato traduttore inglese-italiano nei capitoli della sua congregazione) e le sue origini lo facilitano grandemente.

La comunità italiana era composta da gente venuta all’avventura nel paese delle grandi promesse, l’America. Gente che, una volta arrivata, doveva subito fare i conti con la durezza del lavoro, le difficoltà dell’inserimento, le incertezze del futuro.

Ma speranza e coraggio non sono mai venuti meno. Anche la chiesa, soprattutto quella rappresentata dai sacerdoti dediti all’assistenza pastorale etnica, cerca di dare una mano.

Le parrocchie nazionali sono un po’ la risposta al “problema italiano” come dicevano i Vescovi americani, notando la poca partecipazione degli italiani.

Oggi bisogna ripensarla e rivitalizzarla. Il sacerdote Pallotti, lo ricorda padre Rofrano con comprensibile orgoglio, è stato il primo ad avvertire questa necessità e a volervi provvedere con i suoi sacerdoti. Un precedente era costituito solo dalla madre Francesca Saverio Cabrini, la “madre degli emigrati”, che però si rivolgeva quasi esclusivamente alle ragazze.

Il Pallotti aveva l’intenzione di fondare anche qui una chiesa italiana, come edificio attorno a cui riunire gli emigrati, su modello di quanto aveva fatto a Londra nel 1846. Ma la morte, 1850, affossò questo progetto.

Se fosse vissuto, avrebbe però visto con soddisfazione, una chiesa, Sant’Anna, finalizzata agli italiani ed eretta dai suoi sacerdoti nel 1860, ed è attorno alla attigua chiesa del Carmine che si creano le strutture necessarie alla pastorale. Ed è qui che nasce e si concentra la festa annuale degli italiani, il 15 luglio festa del Carmine. Frequentatissima e lo testimoniano le foto appese nella sacrestia, perde di valore con il trasloco di quasi tutta la comunità da quella zona di Harlem che diviene meta di una numerosa comunità di sudamericani.

E Padre Rofrano non nasconde la sua amarezza per la disdetta all’ultimo momento del Cardinale che avrebbe dovuto onorare il centenario dell’incoronazione della statua della Madonna del Carmine avvenuta per opera di San Pio X nel 1904. Che perduri ancora l’ombra di mafiosi sulla comunità italiana già funesta nei primi tempi?

Ora la società americana e tanto più in questa zona è ancor più multiculturale e multiconfessionale e la Chiesa rischia di perdere contatto con la gente.

La pastorale italiana è gradita, ma diverse situazioni hanno indotto la Diocesi a chiudere l’ufficio per la coordinazione dell’apostolato italiano e si rischia che tale apostolato sia consegnato alla buona volontà di alcuni sacerdoti, al di fuori di un progetto ed una pianificazione diocesana.

D’altra parte, se la componente anziana della comunità gradisce il riferimento tradizionale in cui si ritrova ampiamente, non si deve dimenticare l’urgenza di rispondere adeguatamente alle nuove realtà migranti che arrivano sul quartiere e che hanno bisogno di spazi e cure per una cura pastorale.

Rinunciare troppo in fretta alle Messe e celebrazioni in italiano rischia che oltre la lingua si perde anche la pratica religiosa. Sono sempre irrinunciabili i sacerdoti con passione e sentimento italiano che sanno coltivare una vicinanza ed una presenza in mezzo alle persone che facilita adesione e pratica. E Padre Rofrano attende simili sacerdoti.