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La chiesa e le migrazioni


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/04


LA CHIESA E LE MIGRAZIONI
di Luigi Petris
Il 21 ottobre 2003 si è tenuto a Sacile (PN) un Convegno su “Migrazioni: diritti e doveri in una nuova società”. A promuoverlo è stata la CCMI (Commissione Cattolica per le Migrazioni in Italia), affiliata alla Commissione Cattolica Internazionale con sede in Ginevra (ICMC).Al saluto di Gianni Tosini, Presidente della CCMI, sono seguiti gli intereventi del prof. S. Zamagni (Presidente dell’ICMC), di p. G. Gnesotto (Direttore de “L’emigrato”), del prof. G. Alessandrini, Presidente Vicario del CNEL), del dott. R. Molinaro (Consultore Regionale nel Friuli Venzia Giulia) e del Presidente della Camera on. P. Casini.Qui riportiamo il testo della relatazione tenuta dal Direttore Generale della Migrantes.
Migrazioni: un impegno molteplice e doveroso“Chiesa e migrazioni” è un argomento così vasto che pone subito l’imbarazzante interrogativo: da dove cominciare e dentro a quale orizzonte attenersi? C’è infatti un orizzonte che spazia quanto si estende la Chiesa cattolica, uno spazio cioè universale, mondiale e che ci rimanda indietro alla storia secolare di un impegno che giunge fino ai nostri giorni: proprio fra qualche settimana si terrà a Roma, dal 17 al 22 novembre, per iniziativa della S. Sede il “V Congresso Mondiale per la Pastorale dei Migranti e dei Rifugiati”. Ci si può però limitare anche a un orizzonte più ristretto che ci tiene entro i confini del nostro Paese o della nostra regione.C’è inoltre una difficoltà o tentazione altrettanto imbarazzante: quella di assumere un tono celebrativo, tendente a declamare le benemerenze della Chiesa in questo campo. Non è che scarseggino i meriti della Chiesa nei confronti dei problemi delle migrazioni, o alle medesime connessi, e nei confronti dei migranti in carne e ossa, ossia nella concretezza della loro situazione esistenziale troppe volte drammatica. La memorabile Costituzione apostolica del 1952 di Pio XII, la Exsul Familia, il primo sistematico documento della Chiesa sulla pastorale migratoria, dedica 100 dei suoi 108 paragrafi a descrivere quale è stato il servizio della Chiesa nei confronti dei migranti nei secoli passati e nell’epoca moderna. Anche quel documento tuttavia non vuole essere celebrazione, ma spinta a proseguire con rinnovato impegno e, dove risultasse necessario, con coraggiosa creatività sul solco tracciato dalla tradizione cristiana.C’è infine un altro pericoloso equivoco da rimuovere, quello di insistere - anche quando si parla della Chiesa - sui servizi ai migranti sul piano esclusivamente o prevalentemente sociale, assistenziale, normativo o culturale, mentre il primo essenziale compito della Chiesa è quello dell’evangelizzazione intesa nel senso più ampio del termine. La Chiesa fa anche quanto ogni altra associazione umanitaria di solidarietà ritiene suo ambito proprio, ma la sua missione specifica e primaria è l’evangelizzazione e tutto il resto, direttamente o indirettamente, è visto e promosso in funzione dell’evangelizzazione.La Chiesa “mater et magistra”Va riconosciuto che la Chiesa è madre operosa nel grande mondo delle migrazioni. Essa tuttavia è anche maestra che offre orientamenti solidi e stimolanti attinti alla ricchezza della rivelazione, della sua primitiva tradizione e della esperienza secolare anche per quanto riguarda le migrazioni. Abbiamo a disposizione documenti di eccezionale valore, prima del Concilio (abbiamo appena accennato alla “Exsul familia” di Pio XII) e specialmente dopo il Concilio, sotto la spinta del Concilio stesso. Non si può non accennare almeno alla “Pastoralis migratorum cura” di Paolo VI con l’annessa Istruzione “De pastorali migratorum cura” e all’altro documento pontificio del 1978: “Chiesa e mobilità umana”. La Chiesa sente di essere chiamata anche in questo campo ad essere “esperta in umanità”: però il suo magistero non pretende darci la ricetta già confezionata, utile e fatta su misura per ogni sorta di problema. Si tratta di orientamenti generali e talora anche particolari e concreti, ma che esigono una sempre ulteriore riflessione e approfondimento nonché il confronto attento col contesto culturale, politico, legislativo, economico, sociale in cui oggi si vive. In altre parole si tratta non semplicemente di riproporre il Vangelo nelle sue solenni formule e nelle sue interpretazioni autentiche da parte della tradizione e del magistero, ma di calare il suo fermento vitale nei “qui e oggi”, nelle situazioni concrete dei nostri giorni. (...)Di questo aggiornamento continuo, di questo confronto vivo con le tematiche legate alle migrazioni, che di anno in anno e in ogni angolo della terra prendono volto nuovo, è singolare esempio l’ininterrotta serie, dal 1986 ad oggi, di Messaggi del Papa per la Giornata Mondiale delle Migrazioni. Non sono messaggi di circostanza, beneauguranti per la Giornata, ma di anno in anno affrontano un aspetto particolare, quale può essere la famiglia o la donna migrante, il rifugiato, il ruolo del laico, l’accoglienza e il contrasto a ogni forma di intolleranza e razzismo, la condizione di irregolarità, l’integrazione sociale ed ecclesiale dello straniero. A raccogliere tutto questo materiale, ne risulta un interessante e ricco capitolo della Dottrina sociale della Chiesa. (...) Inoltre con grande frequenza anche singoli vescovi e singole conferenze episcopali fanno sentire la loro voce. (...)La Chiesa in ItaliaLa Chiesa in Italia si è costituita in Conferenza Episcopale Nazionale nel 1965 e anche per le migrazioni sempre nel 1965 essa ha promosso un organismo ecclesiale denominato UCEI (Ufficio Centrale Emigrazione Italiana) che dal 1987 si chiama Fondazione Migrantes. Prima l’attività della Chiesa italiana in favore dei migranti (allora si trattava soltanto degli emigrati italiani all’estero) dipendeva direttamente dalla Santa Sede, con comprensibili vantaggi e inconvenienti.La Migrantes ora ha competenza su ogni forma di mobilità umana. Pertanto è fuorviante, in tema di migrazioni, pensare esclusivamente al relativamente recente fenomeno dell’immigrazione, quando alle spalle abbiamo oltre un secolo di emigrazione italiana, per la quale la Chiesa si è fortemente impegnata e continua ad impegnarsi. Una emigrazione che conta anche oggi oltre quattro milioni di connazionali all’estero (sono poi oltre cinquanta milioni gli oriundi italiani) con centinaia di sacerdoti, i “missionari d’emigrazione”. Emigrazione ed immigrazione poi non esauriscono il quadro della mobilità, che include il mondo dei marittimi, dei fieranti e dei circensi, dei rom e sinti, senza poi dire che queste categorie sono costituite in alta percentuale, per non dire in maggioranza da stranieri delle più diverse etnie.Per ognuna di queste categorie di immigrati la Migrantes nazionale, che in Italia si articola in Migrantes regionali e diocesane, ha un programma e una rete di attività che si sforza di raggiungere il maggior numero possibile di destinatari.Per gli immigrati si sta promuovendo la costituzione di centri pastorali etnici: se ne contano già circa cinquecento, più o meno strutturati, alcuni ancora in fase di allestimento, costituiti per lo più in rete tra loro secondo le varie nazionalità o etnie, grazie soprattutto ai coordinatori nazionali della pastorale etnica, che attualmente sono dieci, ma si prevede entro qualche mese un ulteriore loro aumento. (...)La Chiesa italiana, sulla base delle indicazioni pontificie e in base anche alla sua lunga esperienza con gli italiani all’estero, ha formulato un suo documento “Orientamenti pastorali per l’immigrazione - Ero forestiero e voi mi avete ospitato” (1993). Sulla base di questo documento alla fine dell’anno giubilare, la Migrantes assieme ad altri organismi della CEI, ha steso una “Guida pratica per l’immigrazione” intitolata: “Nella Chiesa nessuno è straniero”, dove si scende a dire qualcosa di più particolare su tutte le principali problematiche che l’immigrazione oggi pone agli operatori socio-pastorali. Non mancano altri interventi di notevole importanza, come le puntualizzazioni sul fenomeno immigratorio che da diversi anni ricorrono abitualmente nelle prolusioni al Consiglio Episcopale Permanente da parte del Cardinale Presidente. E inoltre diverse diocesi si sono date delle loro linee direttive, alcuni Sinodi diocesani le hanno inserite nei loro statuti, alcune lettere pastorali dedicano un particolare capitolo all’argomento. Grazie a Dio ci sembra che la Chiesa italiana non pecchi di immobilismo, anche se la strada che rimane da percorrere non ci consenta di cullarci sugli allori e di rallentare la tensione verso ulteriori tappe.Nel dire ora una parola in più sul Friuli, piace introdurci con un riferimento storico. Nella Curia di Udine è archiviata una lettera del 1889 inviata al vescovo della Diocesi dal Beato G. B. Scalabrini, in favore di un sacerdote diocesano che aveva espresso l’intenzione di far parte del gruppo di missionari per gli emigrati, fondato due anni prima dallo stesso Scalabrini: “Si contano a milioni in America - vi si legge - i nostri poveri connazionali, costretti a vivere ed a morire come bestie, per assoluta mancanza di assistenza religiosa, e ogni vescovo italiano, qual più qual meno, conta ivi un gran numero di figli emigrati! Il Veneto, forse più che altre Province; e Udine ne deve avere un numero discreto ed ella, nella carità che tanto la distingue, non vorrà, ne sono certo, rifiutarsi a fare qualche sacrificio per loro”.Dunque un numero discreto di emigrati di Udine, allora unica provincia friulana già a quel tempo; e il numero è andato ingrossandosi fino agli ultimi decenni del novecento. Il computo ufficiale, dal 1876 al 1976, attribuisce al Veneto oltre 3 milioni di espatri, ne attribuisce oltre un milione al Friuli. Tanti emigrati dal Friuli ma, grazie al Cielo, anche tanti sacerdoti per gli emigrati, dopo quello richiesto e ottenuto da Scalabrini. Il Friuli anche oggi per presenza di missionari fra i nostri emigrati è fra le prime regioni d’Italia.Questo lo possiamo riconoscere come il segno più eloquente, anche se non unico, che il Friuli non ha mai voltato le spalle ai migranti. Come ora non volta le spalle a quanti giungono nella nostra regione da ogni parte del mondo, in un continuo crescendo. Ce ne danno abbondante documentazione dettagliate inchieste svolte qui in regione; ed anche il “Dossier Statistico Immigrazione”, che annualmente aggiorna sul movimento immigratorio a livello nazionale, dà un rapido rapporto sulle singole regioni: l’edizione 2002 segnala in Friuli 40.000 presenze straniere, che all’inizio di quest’anno avevano già raggiunto quota 50.000, cifra che va maggiorata ci circa il 20% per includervi i minori di 14 anni, senza proprio permesso di soggiorno. Una pari crescita si può prevedere per l’anno in corso, senza dire che alla fine del corrente anno si dovrà aggiungere la totalità degli 8.250 immigrati irregolari per i quali si stanno concludendo le procedure di regolarizzazione. Insomma si può a ragione prevedere che alla fine del 2003 i 40.000 stranieri indicati dal Dossier Statistico del 2002 siano pressoché raddoppiati.Non spetta a me tirare le conseguenze di questi dati: dico soltanto che c’è materia abbondante per la nostra Chiesa del Friuli per rimanere mobilitata, anzi per estendere e sempre meglio qualificare il suo servizio ai migranti, in particolare nel settore in prevalenza femminile della collaborazione familiare, che aumenta a ritmo molto veloce, dato soprattutto l’incremento dell’occupazione femminile delle italiane e l’invecchiamento della popolazione.Ambiti e limiti dell’intervento ecclesialeMi preme ora dedicare il tempo che rimane per accennare ad alcuni ambiti, qualcuno di questi di azione più strettamente pastorale, altri non estranei all’area socio-politica. (...)1° - Evangelizzazione: si è tutti convinti che l’evangelizzazione è il primo compito della Chiesa, nata per evangelizzare. Ma non sempre è chiaro quando siano maturi i tempi e le condizioni per l’annuncio esplicito, quando invece debba ancora prolungarsi la cosiddetta pre-evangelizzazione, la testimonianza della carità, il molteplice intervento di promozione umana, per non cadere o dare l’impressione di cadere in qualche forma di zelo intemperante, di proselitismo che vuole bruciare le tappe. Sul tema la Migrantes nel febbraio scorso assieme ad altre realtà ecclesiali ha promosso a Castelgandolfo (25-28.02.03) un grande convegno del titolo: “Tutte le genti verranno a te”, meglio esplicitato dal sottotitolo: “La missione ad gentes qui nelle nostre terre”. Credo che quel convegno abbia prodotto tanto materiale su cui sarà importante riflettere anche per il Friuli, dove gli immigrati non cristiani non sono alta percentuale, ma pure ci sono.2° - Ecumenismo: particolarmente qui nel Friuli si registra il progressivo prevalere della immigrazione dai Paesi dell’Est europeo, in prevalenza ortodossi; tanti poi vanno e vengono dai Paesi confinanti in qualità di stagionali o transfrontalieri. Il contatto e il confronto con questi fratelli di altra confessione cristiana può diventare quotidiano ed è un momento di grazia eccezionale per far cadere il reciproco sospetto, la freddezza, l’irrigidimento sulle proprie posizioni che spesso caratterizza il rapporto tra cattolici e ortodossi nei Paesi di provenienza. Insomma si può dare una bella testimonianza che la Chiesa già ora, nonostante le persistenti divisioni, respira a due polmoni.3° - Pastorale specifica: in genere non c’è difficoltà ad ammetterne in teoria la legittimità di una pastorale specifica in favore di cattolici di altra lingua, etnia e cultura; di fatto però ci può essere una insistenza piuttosto unilaterale sull’unità della Chiesa locale, sul pericolo che i vari gruppi etnici costituiscano chiese parallele, emarginate ed emarginanti; insomma tanta è l’insistenza sul fatto dell’unità della Chiesa e l’unitarietà della pastorale, che la pastorale specifica in taluni ambienti non ha vera cittadinanza, non viene apprezzata come ricchezza, ma tollerata come un minor male per il minor tempo possibile. (...) è importante trovare il giusto equilibrio fra la duplice esigenza della comunione ecclesiale e della pastorale etnica.4° - Dialogo interculturale e interreligioso: è un tema strettamente connesso con i precedenti, un dialogo che grazie a tanta presenza immigrata ora si può fare a distanza ravvicinata. Tutte le nostre parrocchie hanno il compito di educare a quel dialogo di base, dialogo della vita che si instaura nel rapporto quotidiano con gli immigrati di altre fedi. Per portare il dialogo a un livello più alto e impegnativo, di rigore scientifico, occorre una particolare competenza e un notevole investimento di forze: fortunatamente nella nostra regione non mancano qualificati esempi anche di questo tipo di dialogo.5° - Assistenza caritativa all’insegna dell’evangelica gratuità, ma non condotta fino al punto da diventare una supplenza senza fine: supplenza verso l’individuo, degenerando in assistenzialismo col favorire atteggiamenti di dipendenza e di passività; supplenza nei confronti degli enti pubblici in quei campi in cui è loro compito istituzionale intervenire. è segno di disimpegno politico e di decadenza civile da parte delle istituzioni il demandare volentieri al volontariato (e le forze ecclesiali ne costituiscono parte consistente e talora preminente) l’attenzione e il servizio alle frange più deboli della società, tra le quali si trovano spesso, in particolare nelle prime fasi della loro esperienza migratoria, i migranti.1° - Rilievo quantitativo e qualitativo, periodicamente aggiornato della realtà migratoria, a livello anche locale e soprattutto nazionale. L’esempio ormai noto in tutta Italia è il “Dossier Statistico Immigrazione”, curato annualmente da Caritas e Migrantes. Il prossimo 28 ottobre sarà presentato il 13° rapporto di circa 500 pagine. Sembra a prima vista un lavoro puramente tecnico, tanto più se condotto con stretto rigore scientifico, estraneo ai compiti degli organismi ecclesiali. Di fatto ha un grande valore anche civile e pastorale, perché introduce a una lettura obiettiva del fenomeno, al di fuori dei correnti pressappochismi e delle facili strumentalizzazioni ideologiche dei numeri. Fare verità sulla realtà migratoria anche attraverso cifre, statistiche e tabelle, e soprattutto attraverso una loro obiettiva analisi e approfondita interpretazione è opera altamente benemerita, per favorire atteggiamenti di umana comprensione e solidarietà, per togliere esca a chi tenta di pescare nel torbido per alimentare nei confronti degli immigrati sospetti, rifiuto, intolleranza. è ben noto che anche a livello regionale sono state condotte esaurienti e apprezzabili ricerche in questo campo.2° - Disponibilità alla collaborazione, anzitutto con le pubbliche istituzioni, convinti della fecondità di questo rapporto tra pubblico e privato, nella logica non della delega ma della sussidiarietà. Naturalmente rimane sempre presente l’attenzione da parte degli organismi ecclesiali di mantenere la propria autonomia, lontani dal diventare ed anche dall’apparire la “longa manus” e lo strumento esecutivo del potere pubblico. Ci si attende però che anche le Istituzioni mettano in atto quegli strumenti di partecipazione democratica, che sono formulati nella stessa legge sull’immigrazione e che da troppo tempo sono stati disattivati. La Migrantes ha più volte richiamato le competenti autorità di Governo e ultimamente il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on. Letta, a riattivare la “Consulta Nazionale per i problemi degli stranieri e delle loro famiglie”, nonché la “Commissione per le politiche dell’integrazione”, ambedue previste dall’art. 42 della legge in vigore sull’immigrazione. Anche in sede regionale e degli enti locali c’è tanto spazio, anzi molto di più che in sede nazionale, per instaurare questo rapporto di collaborazione e per fare opera di sollecitazione.3° - Disponibilità a collaborare anche col privato sociale, con le tante forze di solidarietà attive in Italia nell’ambito dell’immigrazione, anche in campi particolarmente difficili come la lotta contro la tratta delle straniere, l’assistenza ai minori non accompagnati, la presenza nei campi di accoglienza, nei campi di permanenza temporanea e, fra poco, anche in quelli di identificazione che saranno aperti in base alla nuova legge in vista della procedura accelerata per i richiedenti asilo. Una collaborazione cordiale e fiduciosa, senza pretese di protagonismo da parte nostra, ma allo stesso tempo mantenendo integra la nostra libertà di orientamento e di azione, che ci permetta di rimanere coerenti con la nostra coscienza, senza venire a cedimenti o compromessi in prassi moralmente non accettabili. (...)4° - Posizione critica e propositiva di fronte alla normativa sull’immigrazione: la Migrantes ritiene di avere fatto ogni sforzo per dare un suo contributo nell’elaborazione anche della nuova legge, come aveva fatto con le precedenti, fin dal 1990 in stretto contatto con altri gruppi ecclesiali, in particolare con la Caritas e con esperti che convalidassero anche dal punto di vista tecnico e giuridico le proposte avanzate. Si riconosce che è un terreno difficile e alquanto rischioso perché ci si espone alla denuncia di essere schierati con qualche parte politica e di contestare la linea d’azione di chi è legittimamente al governo. è necessaria ogni cautela per non dare ansa a queste insinuazioni o accuse, ma allo stesso tempo, se in coscienza si ritiene di aver qualcosa di costruttivo da dire o da denunciare, non ci si può coprire sotto un velo di silenzio o limitarsi ad enunciazioni di principio, quando rischiano di essere compromessi diritti fondamentali della persona umana. Dispiace che da parte dell’attuale maggioranza non si sia proceduto alla consultazione delle parti sociali per la stesura della legge e del regolamento di applicazione; ciononostante la Migrantes di sua iniziativa o assieme alla Caritas ha ufficialmente presentato diversi voluminosi dossier di suggerimenti e di critiche su quanto in sede governativa o legislativa si stava elaborando. (...)5° - Il voto amministrativo per gli immigrati: la recente proposta del Vice Primo Ministro, l’on. G. Fini è stata di natura esplosiva, dato anche l’attuale clima di confusione e di tensione che domina il mondo politico italiano. La Migrantes ha accolto la proposta con particolare favore, da sempre infatti essa si batte per il riconoscimento di questo diritto, in base a quanto espressamente si afferma anche nel citato documento del 1993 “Orientamenti pastorali per l’immigrazione”, al n. 28. Non c’è tuttavia da farsi illusioni: non si sa anzitutto, anche escludendo che si tratti di una mossa politica che ha ben altri obiettivi, quali saranno nella maggioranza e in tutto lo schieramento politico, le effettive reazioni alla proposta, che peraltro non è stata ancora definita nei suoi contorni. Inoltre dev’essere ben chiaro che il voto amministrativo è soltanto una delle tappe, non l’unica, verso la piena integrazione dell’immigrato nella nostra società. (...)6° - Superamento delle quote d’ingresso: è la seconda proposta esplosiva di Fini, capace di portare al cambiamento di un fondamentale dispositivo della nuova legge, che porta il suo nome. La Migrantes vede con favore anche questa proposta, purché non sia troppo legata a quel “contratto di soggiorno”, sul quale si sono avanzate a suo tempo forti critiche e, inoltre, non si riduca a uno strumento felpato per ridurre ulteriormente i flussi d’ingresso. Questa proposta va confrontata con l’altra proposta fatta dal Ministro degli Interni on. Pisanu sull’adozione di quote a livello di Unione Europea.7° - La regolarizzazione in corso, nonostante le sue eccezionali dimensioni (si parla di 650.000 regolarizzazioni) e le conseguenti difficoltà per snellire le procedure, sembra ormai un fatto compiuto e di questo c’è da compiacersi. Non ci si nasconde tuttavia l’estrema precarietà di chi ottiene questo permesso di soggiorno, valido per un anno, con lo spettro della possibile perdita del posto di lavoro nel corso di quest’anno e con l’angoscioso conseguente interrogativo sulla possibilità di rinnovo del permesso per gli anni successivi. è saggezza inoltre domandarsi se questa enorme sacca di irregolarità non si sia formata o almeno non abbia preso questa eccezionale estensione a seguito del restringimento delle possibilità degli ingressi regolari e soprattutto dei ripetuti e spesso minacciosi proclami sulla chiusura delle frontiere. Fino a tanto che in Paesi più o meno vicini a noi c’è tanta depressione, disperazione e miseria, mentre da noi c’è un mercato di lavoro che attira, l’onda migratoria si farà strada o per le vie legali o per altre vie. Sono problemi non di semplice natura politica, ma di spessore umano e morale, ed è importante saperli leggere alla luce di Encicliche o altri Messaggi del Santo Padre. (...)8° - Politiche europee: non ci si deve nascondere che le politiche anche migratorie saranno sempre più dettate da direttive e regolamenti comunitari, cui le legislazioni nazionali dovranno conformarsi. è un fronte sul quale, come organismi e associazioni di ispirazione cristiana, ci si deve impegnare maggiormente e con una certa urgenza, costituendosi in rete a livello europeo. Questi sono gli anni cruciali, durante i quali si bruceranno le tappe per giungere, entro i termini già fissati, ad una politica comune fra i 25 Paesi dell’Unione: ma c’è fortemente da temere e da vigilare perché questa politica comunitaria, per essere condivisa da tutti, non tenda a un livellamento al basso. Da tale punto di vista, ottobre 2003 rimarrà un mese nero, perché il 3 ottobre ha fatto comparsa sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE la tormentata direttiva sui ricongiungimenti familiari, sui quali si registrano preoccupanti passi indietro in confronto alle prime bozze di direttiva formulate negli ultimi tre anni dalla Commissione Europea. Non si ci può rassegnare a questo stato di cose, va rafforzata pertanto l’azione del “Coordinamento europeo per il diritto di vivere in famiglia”, di cui la Migrantes è socio fondatore. Da parte sua la CCMI, che è filiale di un organismo fortemente presente in Europa, non mancherà di farsi carico anche di queste vaste problematiche.Tornando al tema di questo incontroSi parla di “diritti e doveri in una nuova società”, nella quale gli immigrati sono riconosciuti parte attiva e integrante, portatori anch’essi di diritti e di doveri. è facile enfatizzare i diritti, mettendo dietro le quinte i doveri. Questo è dannoso per la società che li accoglie, ma è dannoso per gli immigrati stessi, anzi è degradante per la loro dignità, quasi non fossero capaci di atteggiarsi a cittadini responsabili, alla pari degli altri, con quanto ciò comporta di benefici e di oneri. La nostra società la vogliamo far diventare una casa comune, per noi e per loro, dove si vive nella solidarietà e nella legalità.“Vangelo, solidarietà, legalità” sono anche lo slogan scelto per la prossima Giornata Nazionale delle Migrazioni. La Migrantes non lo interpreta come un trinomio, ma come un binomio: solidarietà e legalità bene incise, l’una di fronte all’altra nelle due pagine aperte del Vangelo. Si tratta appunto di due valori di alto contenuto umano ed etico, oltre che evangelici, non scindibili l’uno dall’altro e in questo pensiamo di poter trovare consenziente ogni uomo e ogni gruppo sociale di buona volontà. Sempre inteso che per noi cristiani c’è un di più, ossia quel Vangelo aperto, grazie al quale diritti e doveri, solidarietà e legalità, sono valori complementari che si saldano assieme per creare quella pacifica convivenza che risponde ai disegni di Dio e al servizio che la Chiesa, in forza della sua missione, è chiamata a svolgere nel mondo.